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F-35: i pacifisti e l’arma postmoderna

Alla fine tutta questa “ratio” non è altro che la razionalità tecnocratica che si intreccia con l’illusione democratica
19 ottobre 2013

pilota con casco

Nel documento “Il dibattito italiano sulle questioni di difesa: questa sera si recita a soggetto?”,
Alessandro Marrone e Paola Tessari affrontano un argomento interessante: il ruolo della comunicazione applicato al settore della difesa. La conclusione dell’analisi proposta è tanto avvilente quanto ingannevole: “gli attori del dibattito italiano tendono ad affrontare le questioni di difesa - qualunque questione, dalle crisi internazionali ai programmi di procurement - senza approfondire i temi specifici ed il loro contesto, ma piuttosto richiamandosi al retaggio ideologico, alla prassi seguita dalla propria istituzione o categoria di appartenenza, al messaggio politico che intendono dare in quel momento, e in un certo senso al ruolo che si sono costruiti sul palcoscenico del dibattito pubblico italiano”.
http://www.iai.it/pdf/DocIAI/iai1305.pdf

Ciò che non vogliono, o non riescono a cogliere, è la differenza fra chi usa la manipolazione delle informazioni per ottenere consenso politico e sociale, e chi deve smascherare e denunciare gli equilibri decisionali, demistificare la retorica dell’arma ipertecnologica salvifica e ricostruire la conoscenza usando tutti gli strumenti della conoscenza stessa.

In particolare al capitolo “L’andamento del dibattito sull’acquisizione degli F-35”, gli autori scrivono le ragioni per cui i governi italiani hanno scelto il caccia statunitense. Queste sono tutte indicate sotto il termine “ratio”, militare, industriale, multinazionale e transatlantica, omettendo non solo che gli attori interessati (partiti politici, ministro della Difesa, forze armate, industria della difesa) hanno raccontato falsità sul progetto in sede parlamentare, dimostrato la propria ignoranza e glissato sulle finalità reali del progetto. Alla fine tutta questa “ratio” non è altro che la razionalità tecnocratica che si intreccia con l’illusione democratica.

Cosicchè, quando gli autori passano al setaccio gli atteggiamenti dei movimenti pacifisti senza peraltro capirne la molteplicità, riducono il loro ruolo a pura testimonianza e denuncia, trascurando tutto il lavoro di analisi svolto indipendentemente dalla pura propaganda istituzionale http://www.disarmo.org/nof35/docs/4029.pdf e la produzione di conoscenza che allude ad una volontà di cambiamento http://www.noeffe35.org/ dell’attuale modello di sviluppo.
A fianco possono o non possono esserci i sindacati confederali, che più o meno ingenuamente propongono alternative improbabili del tipo “meglio il caccia europeo EFA che lo statunitense F-35”, incuranti delle critiche pacifiste circa la necessità in assoluto di dotarsi di un caccia d’attacco.
(La nuova configurazione dell’avionica su alcuni velivoli EFA italiani serve proprio a migliorare queste capacità operative). Il nazionalismo in veste europea mostra la stessa volontà di guerra.
Inoltre sia che ci si richiami ad un presunto “impoverimento dell'industria aeronautica nazionale, cioè di uno dei nostri punti di forza industriale” http://www.fiom.cgil.it/stampa/2013/c_13_07_17.htm , sia che si pensi che le “fonti di finanziamento per l'innovazione e ricerca del settore sono state completamente azzerate (vedi legge 808)” http://www.cisl.it/sito.nsf/le-notizie/2013/07/17/f35-fim-cisl-ritorno-occupazionale?OpenDocument , resta il fatto che il denaro pubblico speso per la difesa e sicurezza continua ad essere esorbitante, così come continueranno ad esserci esuberi causati dalla razionalizzazione dei programmi militari (la Commissione per l’industria della Difesa europea li ha già previsti).

La crisi innegabile del programma F-35 non riguarda solo l’aspetto contabile, ma ciò che vuole rappresentare, il simbolo dell’isteria tecnologica, e non è il frutto di un immaginario pacifista, ma il resoconto di autorevoli quotidiani. “E 'il progetto militare più costoso che mai. E 'afflitto da ritardi e minacciato dai tagli di bilancio. Sopravviverà l'F-35? http://www.economist.com/node/18958487

Dunque per i pacifisti e gli antimilitaristi il problema non sta solo nella traduzione e circolazione delle informazioni, come nel caso dell’ultimo report del Pentagono http://www.dodig.mil/pubs/documents/DODIG-2013-140.pdf in cui vengono elencati tutti i difetti non ancora risolti che “potrebbero influenzare negativamente le prestazioni dell'aeromobile, l’affidabilità, la manutenibilità e in definitiva il costo” o “l’insufficiente rigore nella progettazione, produzione e processi che ne assicurano la qualità," ma nel fatto che i governi italiani insistono a proteggere e finanziare l’F-35 come fosse un’arma indispensabile alla difesa e sicurezza del paese.

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