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La resistenza delle donne e degli uomini di Kobane nella “guerra contro il terrore” 3.0

17 ottobre 2014

combattente curda

Il Pentagono ci aveva avvertiti: la guerra globale al terrorismo sarà una "Lunga Guerra" che durerà forse 100 anni. Eravamo nel 2006, nel mezzo della seconda “guerra contro il terrore” dopo quella del 2001, quando un briefing del Dipartimento della Difesa intitolato “Lunga guerra” annunciava pubblicamente che “Al Qaeda sta progettando l'abbattimento dei governi arabi entro il 2010. Tutto questo si concluderà con il califfato islamico nel 2013, quando Al Qaeda e gli islamisti acquisiranno nuovi e potenti alleati come la Cina, e l'Europa decadrà nella disunione. Il periodo di "Confronto totale" comincerà dal 2015 al 2020 con l'istituzione dell'Armata Islamica che inizierà una lotta mondiale contro credenti e non credenti. La vittoria definitiva verrà raggiunta nel 2020, quando gli islamisti assumeranno il potere a livello globale”. http://www.worldtribune.com/worldtribune/06/front2454099.145138889.html

Questa previsione, frutto della proiezione dei pensieri del Segretario della Difesa Donald Rumsfeld i Rumsfeld, ha visto una parziale realizzazione nelle primavere arabe, nei vari cloni di bin Laden e poi nel Califfato. L'unico errore è rappresentato dalla Cina e dall'Europa, entrambe schierate e ancora unite contro lo Stato Islamico.
Ma c'è qualcosa di più oscuro dietro la vicenda della “Lunga guerra”. Nasce dalla questione della declassificazione di 28 pagine tenute segrete dal rapporto del Congresso 2002 sull'11 settembre 2001 a proposito di un coinvolgimento straniero all'attentato http://28pages.org/ , e da un documento scritto dal Generale dell'esercito Raymond T. Odierno intitolato “The Army Operating Concept (AOC)”.
Per quanto riguarda le 28 pagine, il senatore Bob Graham ha affermato che "La connessione è diretta. Non solo l'Arabia Saudita ha promosso questa forma estrema di religione ma è anche stata la principale finanziatrice, prima di Al Qaeda poi dei vari franchises in tutto il mondo, in particolare quelli in Somalia e Yemen e ora il supporto dell' ISIS" http://www.cbc.ca/day6/blog/2014/10/09/did-911-report-censorship-pave-the-way-for-isis/

Non è un caso che in un discorso di politica estera ad Harvad, il vice presidente Joe Biden abbia dichiarato che i ribelli non sono il primo problema dell'America in Siria, ma gli alleati nella zona “i problemi derivano dalla Turchia, Qatar, Arabia Saudita e dagli gli Emirati Arabi Uniti” http://www.nytimes.com/2014/10/07/world/middleeast/saudis-are-next-on-bidens-mideast-apology-list-after-harvard-remarks.html
I paesi della grande coalizione costruita dal presidente Obama (qui l'elenco e il loro contributo http://complex.foreignpolicy.com/posts/2014/10/14/whos_contributed_the_most_in_the_coalition_against_the_islamic_state ) fin dall'inizio hanno avuto disegni e obiettivi diversi, se non contrastanti, come dimostra la posizione della Turchia di Erdogan quando bombarda le postazioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan, il Pkk, nel sud-est della Turchia, non fa nulla per aiutare i curdi siriani di Kobane assediati da Isis, blocca le armi che i curdi iracheni inviano nella città, e reprime violentemente i curdi che manifestano la loro rabbia in Turchia.

Sopra Kobane gli americani hanno fatto volare addirittura un bombardiere strategico supersonico B-1B LANCER, inutile, se si pensa che solo con grande ritardo c'è stata una prima forma di collegamento con gli osservatori interni in grado di marcare i bersagli. Vogliono mostrarsi con grande enfasi i salvatori della situazione? In generale gli attacchi aerei servono a poco contro una organizzazione che non ha centri di comando e controllo. In concreto ciò che stanno distruggendo gli F-15, F-16 e F-18 sono mezzi, carri armati, Humvee e munizioni che quelli del califfato hanno razziato all’esercito americano. http://abcnews.go.com/International/iraqi-army-left-weapons-hands-terrorists-today/story?id=24070848
Sicuramente questa guerra è servita agli USA per testare per la prima volta i suoi F-22 dal costo unitario complessivo di 412 milioni di dollari. L'Air Force può dire che a quel prezzo l'aereo almeno è in grado di volare, visto che la sua capacità di penetrare furtivamente le difese aeree serve a poco dato che la maggior parte delle armi antiaeree siriane sono dell'epoca della guerra fredda (non ha un sistema integrato di radar, collegamenti di comunicazione, armi e centri di comando).

Nella guerra mediatica contro l'islamico mostro tecnologico “Frankenstein”, che utilizza i social media e il web per controllare la narrazione del conflitto in Iraq e Siria, vedi “Come media mainstream statunitensi vendono la guerra contro ISIS” http://www.alternet.org/news-amp-politics/how-mainstream-us-media-sold-war-isis , un fallimento degli Stati Uniti per salvare Kobane, se cadrà, sarebbe un disastro politico e militare.
Lo shock delle immagini di teste umane come bottino di guerra. Da quando ISIS ha cominciato a mostrare teste decapitate, gli organi dell'informazione si sono interrogati circa l'opportunità o necessità di mostrarle come requisito indispensabile all'informazione. “La disponibilità e l'accesso alle informazioni di oggi, in particolare per come sono condivise attraverso i social media, non solo sono certamente diversi di quanto non fossero un decennio fa, ma cambia la struttura di potere di chi controlla ciò che si dice e chi lo dice”. http://thinkprogress.org/world/2014/08/21/3473831/ethics-behind-blocking-foley-beheading-video/
Altra cosa sono le immagini della resistenza delle donne e degli uomini di Kobane, in particolare quelle delle donne combattenti appartenenti alle Unità di difesa delle Donne (Ypj). Se IS legittima una guerra contro le donne usando la violenza sessuale come strumento di guerra e vuole la loro riduzione in schiavitù, le combattenti curde vogliono la libertà da tutte le oppressioni e un Kurdistan libero. I media internazionali hanno riempito i siti e i quotidiani con le immagini di queste donne così diverse dalle soldatesse ipertecnologiche degli eserciti americano e dei paesi europei che, con la loro presunta superiorità morale e culturale, esportano la “democrazia” e la “civiltà” nel mondo. (un buon sito su queste tematiche è http://kurdishquestion.com/ )

La battaglia di Kobane (uno dei tre cantoni del Rojava http://www.kurdistan-post.eu/sites/default/files/styles/large/public/field/image/rojava_4.jpg?itok=MLHSUNn_ ) è iniziata il 15 settembre quando ISIL ha circondato i villaggi dopo l'occupazione di Mosul. All'inizio degli attacchi i combattenti che sono rimasti hanno fatto evacuare i villaggi per poi organizzare la guerriglia urbana. Con ritardo le forze della coalizione hanno cominciato a bombardare le forze islamiche aiutate dalle coordinate fornite dalla resistenza http://civiroglu.net/2014/10/02/kobane-defense-minister-ismet-hasan-warns-about-a-massacre-in-kobani/ (secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani ad oggi sono 662 le persone rimaste uccise a Kobane ) riducendo lo spazio conquistato dalle forze jihadiste, mentre la Turchia continua ad osservare da vicino lo spettacolo sperando di poter festeggiare la sua caduta.
“Kobane non è Mosul” dicono le migliaia di persone che sono disposte a sacrificarsi per la loro terra, ed è anche per questo che Kobane è diventata un simbolo per tutto il Medio Oriente. E' dal luglio del 2011 che i curdi di Rojava lottano e si difendono contro tutti gli attacchi per un modello di società chiamato “autonomia democratica”, valido per tutti i popoli, le culture, le credenze e le differenze fondate e unificate in una “coscienza della libertà e della democrazia”. Una vera e propria rivoluzione culturale e materiale in cui le donne partecipano a tutti i livelli dell'amministrazione. In Rojava (Kurdistan siriano), le forze popolari di autodifesa (YPG) avevano deciso di non optare per la cooperazione con Assad e neanche con i principali gruppi di opposizione perché la loro lotta non è solo una lotta di resistenza, ma è anche contro la costruzione di uno Stato.

Questo li differenzia dal KPD, il Partito Democratico del Kurdistan dell'Iraq settentrionale, il cui capo è Masoud Barzani. Il KPD e il loro capo sono per la costruzione di uno stato indipendente curdo (ora provincia autonoma dell'Iraq) da ottenere attraverso una alleanza con i paesi vicini (Turchia e Iran, ma sono ben visti anche da Israele) e adottando un atteggiamento ostile nei confronti dei curdi di Rojava. Il loro esercito è quello dei peshmerga. Un Kurdistan disposto a mantenere legami economici con questi Stati,compresi gli USA e disposto ad emarginare i curdi più radicali (si sono limitati a chiedere l'aiuto americano quando IS massacrava migliaia di Yezidi o quando Mosul e Kirkuc sono stati attaccati) è chiaramente più tollerato dalla comunità internazionale. Solo adesso, per questa emergenza, si è formata una sorta di unità fra tutti i partiti curdi.
I curdi di Rojava sono vicini al PKK di Abdullah Ocalan che respinge l'istituzione dello Stato ed è per un “Confederalismo democratico” http://www.uikionlus.com/wp-content/uploads/Confederalismo_democratico.pdf
“Questo sistema non persegue la creazione di uno stato-nazione curdo, bensì la creazione di una nazione democratica, la cui base è la società civile organizzata autonomamente in forma democratica, il cui centro di autogestione politica sono le assemblee delle comunità e dei consigli aperti locali, retti con la democrazia diretta. Questi, liberamente confederati e riuniti in congressi generali con funzioni di coordinamento, andranno a costituire la nazione democratica del Kurdistan”.

Come scrive Fabio Marcelli, giurista internazionale, “ il Pkk va tolto dalla lista delle organizzazioni terroriste, come richiesto da tempo da varie personalità e affermato dal Tribunale di prima istanza dell’Unione europea. Esso infatti rappresenta oggi uno degli argini al terrorismo fondamentalista e una delle forze motrici per un nuovo Medio Oriente dove sia posto fine al terrorismo, ai massacri e alla violenza settaria. Così come va liberato al più presto Abdullah Ocalan, leader del popolo kurdo di Turchia e principale ideatore del disegno di tale nuovo Medio Oriente. http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/22/curdi-il-pkk-argina-il-terrorismo-non-ne-fa-parte/1096126/
E infatti quale realtà sta realizzando la cosiddetta "guerra al terrore" voluta da Washington e dai suoi alleati in Medio Oriente? Da quando è iniziato l'intervento militare in Iraq si è esacerbata la latente guerra civile fra sciiti e sunniti. In un recente rapporto di Amnesty intitolato "Impunità assoluta: il potere delle milizie in Iraq" di denunciano “agghiaccianti resoconti di attacchi settari compiuti dalle sempre più potenti milizie sciite a Baghdad, Samarra e Kirkuk, apparentemente per vendicare attacchi del gruppo armato che si definisce Stato islamico”. http://www.amnesty.it/Iraq-crimini-di-guerra-delle-milizie-sciite-sostenute-e-armate-dal-governo

E mentre tutti i paesi della coalizione, Italia compresa http://www.difesa.it/Primo_Piano/Pagine/16102014Pinotti_audizione.aspx , sono a discutere della strategia che gli USA adottano in questa guerra, l'esercito degli Stati Uniti presenta un documento intitolato “The Army Operating Concept (AOC)” http://www.tradoc.army.mil/tpubs/pams/tp525-3-1.pdf che fornisce una "visione di un futuro conflitto armato” con conseguenze inquietanti. Dopo aver elaborato la strategia della guerra preventiva nel 1992, il nuovo documento afferma che “L'ambiente in cui opererà l'Esercito è sconosciuto. Il nemico è sconosciuto, la posizione è sconosciuta, e le coalizioni coinvolte sono sconosciute”. Il carattere del conflitto armato sarà influenzato dai cambiamenti geopolitici causati dalla competizione per il potere e le risorse. L'attenzione prevalente dell'apparato militare e di intelligence degli Stati Uniti non è tanto rivolta contro un possibile attacco nucleare o la sottomissione violenta di aeree del globo, ma verso i "poteri concorrenti", una categoria che comprende la Cina e la Russia. La Cina si sta modernizzando velocemente mentre la Russia vuole espandere il suo territorio e affermare il proprio potere sul continente eurasiatico. Altro punto importante riguarda la necessità di rispondere e mitigare le crisi in patria per cui “la missione dell'esercito all'interno degli Stati Uniti comprende il supporto di difesa delle autorità civili”. Ciò che questo documento configura è una militarizzazione completa della società all'interno e all'esterno degli USA del tutto incompatibile con qualsiasi stato di diritto democratico, una tendenza a cui tutti i movimenti di resistenza e forze democratiche dovrebbero opporsi con grande determinazione.

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