Il ruolo dell’industria della difesa e sicurezza nella politica estera e di difesa italiana ed europea
(Questi sono gli appunti utilizzati nell'intervento - Il ruolo dell’industria della difesa e sicurezza nella politica estera e di difesa italiana ed europea - al seminario "Migranti, mercato del lavoro e guerra" organizzato dalla Rete dei Comunisti il 19 marzo a Padova)
Anni novanta
Il crollo del muro di Berlino nel 1989, che sancì la fine della Guerra Fredda, la firma del “Trattato sullo stato finale della Germania”, sottoscritto a Mosca nel 1990 (la Germania riunificata diventa Stato sovrano il 15 marzo 1991) e il successivo crollo della stessa URSS nel dicembre del 1991, inaugurò l’avvio di un periodo di trasformazione non solo per l’Europa ma anche per l’Alleanza Atlantica: il ruolo della NATO e le sue strutture dovevano essere rivisitate. Nel 1991 fu adottato a Roma un concetto strategico per l’Alleanza Atlantica che delineava una NATO più reattiva ed interventista contro “rischi diffusi e multidirezionali” indotti da una lunga lista di fattori destabilizzanti quali i conflitti etnici, gli estremismi nazionalistici e religiosi, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, le pressioni migratorie, il terrorismo ed il crimine transnazionale.
Non a caso Virginio Rognoni, minestro della difesa nel 1991, inizia così la sua presentazione: “Il futuro della sicurezza in Europa, anche se caratterizzato da prospettive favorevoli, appare ancora condizionato dal l'incertezza sull'evoluzione interna dell'Unione Sovietica e di alcuni paesi dell'est, nonché di alcuni paesi dell'area balcanico-danubiana e dai problemi ancora irrisolti dell'area mediterranea e di quella più ampia ad essa strategicamente collegata”.
Benché in quel documento l'Unione Sovietica venisse citata ancora come tale, i “rischi” per la sicurezza europea venivano ormai classificati come “multifaceted in nature and multidirectional” (multiforme nella natura e multidirezionale).
Ne derivava una generale ristrutturazione dello strumento militare atlantico che faceva perno sul diritto alla prevenzione attiva con introduzione di concetti quali “gestione della crisi e proiezione della forza oltre i confini territoriali” e uno slittamento dal termine difesa con sicurezza “la sopravvenuta impossibilità di configurare la minaccia nei termini univoci e totalizzanti propri dell'ex confronto est-ovest e la progressiva trasformazione di tale minaccia in un'ottica di multidirezionalità propria di una condizione di rischio diffuso e generalizzato impongono di abbandonare il tradizionale parametro «da chi difendersi» a favore di una polarizzazione su «cosa» difendere e «come ». Da questo punto di vista tutta l’Europa viene chiamata a rivestire un ruolo di prevenzione e vigilanza delle crisi locali, in cui al fallimento dell’azione politica dovrebbe seguire l’azione militare. Uno dei compiti fondamentali dell’Alleanza era la necessità di salvaguardare “l'equilibrio strategico in Europa”.
http://legislature.camera.it/_dati/leg10/lavori/stencomm/04/Leg/Serie071/1991/1126/stenografico.pdf
L’Italia aveva già da subito impiegato lo strumento militare al di fuori dei suoi confini partecipando all’operazione Desert Storm schierando velivoli da combattimento Tornado. "Guidiamo il mondo nella tecnologia avanzata", disse allora il Segretario della Difesa americano Dick Cheney, e le guerre servono anche a verificare l’efficacia dei sistemi d’arma, ma come spesso accade la verità è ben lontana e drammatica per le popolazioni civili. Il giornalista Tom Wicker del New York Times scrisse: “Il punto pericoloso è che l'amministrazione Bush e l'esercito abbiano avuto il pieno controllo delle informazioni sulla guerra tanto da raccontare al pubblico solo quello che loro volevano che si sapesse". Più di 60.000 tonnellate di bombe americane avevano fallito: dove siano andate a cadere, nessuno lo sa, men che meno il giornalismo televisivo. Gruppi di studio ed esperti di strategia cominciarono a riflettere su cosa significherà combattere nel XXI secolo. Michael Mazaar, del Center for Strategic and Intemational Studies, descrive un conflitto "senza ingaggio", una guerra combattuta a distanza che fa a meno della concentrazione di truppe o armi. Missili lanciati da centinaia o migliaia di chilometri di distanza dal bersaglio, o anche dal suolo degli Stati Uniti, potrebbero convergere contemporaneamente in un solo punto o su più bersagli. Di seguito Mazaar prenderà in considerazione il problema degli Stati falliti e sue conseguenze: guerre civili, insurrezioni, radicalismo islamico, divisioni etniche, risentimenti culturali e rancori storici e altri fattori. http://csis.org/files/publication/twq08summermazarr.pdf
Degli otto Tornado italiani solo uno riuscì a completare il rifornimento in volo, e a proseguire l'attacco. E dunque nel Libro Bianco Rognoni scrive che lo strumento militare nazionale aveva bisogno di un salto di qualità per adeguarsi al nuovo contesto geopolitico internazionale. Bisognava operare con personale militare costituito sempre di più da professionisti che avrebbero dovuto beneficiare di sistemi d’arma rinnovati. Da allora l’Italia moltiplica la presenza italiana nelle cosiddette operazioni a supporto della pace. “In questi anni, nei Balcani, i militari hanno dato una bella mano alla politica estera italiana” (Generale Silvio Mazzaroli in un’intervista al Corriere della Sera).
Durante gli anni ’90 i leader europei riprendono il vecchio dibattito in tema di sviluppo della difesa e sicurezza europea dotandola di una forza militare autonoma. Nel 1993 a Maastricht viene firmato il Trattato sull'Unione europea che prevede, oltre che la nascita di una unione economica e monetaria, la PESC (Politica estera e di sicurezza comune) che rappresenta la faccia politica della PESD (Politica europea di sicurezza e di difesa) che ha una natura tecnica. La PESC deve indicare i fini esterni dell'Unione, la PESD approntare gli strumenti per realizzarli. Nel 1998 a Sint-Malò nel summit franco-inglese Blair apre all’Europa della difesa anche come compensazione dell’autoesclusione dell’Inghilterra dalla moneta Unica. Il leitmotiv dei francesi era che l’Europa doveva possedere la capacità di condurre azioni autonome in ambito della difesa e quindi essere indipendente dalla NATO e dagli Stati Uniti (nel 2009 sarebbe rientrata nel Comando Militare Integrato dell’Alleanza da cui era uscita nel 1966).
La “guerra umanitaria” nel Kosovo fa riemergere non solo il gap tecnologico fra Europa e USA e la carenza nella gestione delle crisi anche in aree geografiche prossime alla UE, ma l’avversione statunitense ad essere coinvolti a tutto campo rischiando perdite nel teatro europeo. Eppure senza l’accesso alle basi e ai porti italiani, la Nato non avrebbe potuto effettuare l’operazione nel Kosovo. La carenza di munizionamento è stato un altro elemento caratterizzante la campagna aerea della NATO, le armi a guida GPS erano ancora nell’aprile 1999 prodotte ad un ritmo estremamente basso. Per altri sistemi, come i missili a guida televisiva AGM-130, si è ricorsi agli stock di guerra presenti in altri teatri come quello del Golfo. Per l’industria bellica ogni guerra è un affare, ogni guerra mette in moto una domanda specifica di nuovi sistemi d’arma, sia dal punto di vista della ricerca tecnologica che dal punto di vista di nuove commesse degli strumenti già esistenti. I Cruise residui nei magazzini statunitensi erano ormai meno di cento e le grandi compagnie americane , in questo caso la Boeing, lavoravano a pieno ritmo per riciclare i Cruise a testata nucleare armandoli con testate convenzionali.
Per questa guerra Massimo D’Alema fu accusato di aver violato l’articolo 11 della Costituzione ma poi prosciolto secondo l’interpretazione per cui l’articolo 11 dice che l’Italia rifiuta la guerra, ma accetta le limitazioni di sovranità derivanti dai suoi obblighi internazionali.
Nel vertice di aprile 1999 a Washington, in pieno conflitto con la Repubblica Federale Jugoslava, gli alleati assumono quanto deciso nel summit di Helsinki: i leader europei avrebbero attribuito alla UE un forte ruolo di attore nel sistema internazionale dotandola di una forza militare credibile. (Forze di reazione rapida: entro il 2003 15 brigate, poi 18, in missioni petersberg). La NATO mantiene la sua centralità ma offre la disponibilità dei suoi assetti per una integrazione UE-NATO. Si chiede un rafforzamento della cooperazione mediante integrazione industriale difesa e il coinvolgimento di partner fuori dalla UE con strutture simili a quelle del partenariato pace
Con le nuove guerre l’uso di forze di gendarmeria (come le MSU - Unità Multinazionale Specializzata - nei Balcani usate per rispondere a disordini e mantenimento dell'ordine pubblico, supportare le forze di polizia locali e monitorare la situazione sotto il profilo della pubblica sicurezza) sostituiscono sul terreno l’azione di ricostruzione dei paesi devastati. Se i tempi dell’azione militare diretta oggi si sono contratti sono invece diventati ‘infiniti’ quelli nei quali prevale uno stato di né pace-né guerra.
Il nuovo millennio
Con l’inizio del nuovo millennio si comincia a parlare di una Europa da rifondare in cui sicurezza e difesa diventano valori imprescindibili per la realizzazione di un assetto politico, economico e sociale. Rimane una condivisione che continui a privilegiare la relazione con gli Stati Uniti ma inizia a guardare alle periferie ad EST, un allargamento che avrebbe spostato prospettive politiche e strategiche. Una volta entrati a far parte anche dell’Alleanza Atlantica, i candidati ritennero che l’art.5 della NATO avrebbe eliminato ogni potenziale difficoltà con la Russia.
L’allargamento EST della UE avviene nel 2004: Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria, a cui si sono aggiunti Cipro e Malta e, in seguito, il 1° gennaio 2007, Bulgaria e Romania. Nello stesso anno l’allargamento ad Est della NATO: Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Dei 28 paesi della NATO 22 sono europei. Dal 1° aprile 2009 entrano a far parte della NATO Albania e Croazia.
La guerra del 2001 in Afghanistan, scoppiata dopo il crollo delle Torri gemelle, e poi quella in Iraq nel 2003, apre una nuova frontiera del pensiero strategico: guerriglia, terrorismo e guerra asimmetrica impongono un mutamento della fisionomia delle Forze armate. Da un lato si continuano ad usare esplosivi termobarici o al fosforo bianco che bruciano e distruggono tutto dall’altra di sperimentano nuove armi (armi a microonde), ma sostanzialmente oltre a riassumere in sé altri tipi di violenza armata, richiede il ricorso ad altre forme di violenza come la guerra psicologica, la guerra economica (che colpisce beni e servizi), la guerra finanziaria (che colpisce la moneta) e la guerra diplomatica.
Secondo Henri Kissinger il concetto di ordine dell'era moderna è in crisi. “Oggi saremmo ad una svolta storica perché il crollo dell'Unione Sovietica non ha portato alla fine della storia e all'accettazione generale dei valori occidentali. Il problema è che ampie regioni del mondo non hanno condiviso e non si sono adeguate al concetto occidentale di ordine”. Se durante le presidenze di Nixon e Ford la soluzione starebbe stata nella creazione di rapporti di potere basati sul sistema di Westfalia, con Bush si ebbe lo scardinamento del modello westfaliano di ordine internazionale (tra i potenti) e il diritto internazionale che ne derivava, oggi con la tattica del “soft power” Obama colpisce obiettivi su scala più ampia rispetto a Nixon e ci sono più vittime oggi usando i droni che ieri in Cambogia usando i bombardieri. La correlazione tra evoluzione della tecnologia bellica e scelte di politica estera viene ancora una volta confermata.
In realtà la teoria “network centric warfare” propugnata dal Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ai tempi di Bush, funzionò nelle prime fasi del conflitto ma fallì miseramente nel momento in cui, per garantire il controllo del territorio (con popolazione fondamentalmente ostile), si rese necessaria la presenza della fanteria statica a presidio dei villaggi e delle città, vulnerabile di fronte ad attacchi condotti con i mezzi più disparati ed inusuali.
La trasformazione net centrica si rivelerà una fonte di denaro illimitato non solo per il complesso militare industriale. “L’algoritmo contro i foreign fighter (e altre idee creative) per prepararsi al peggio. Negli Stati Uniti un pensatoio vicino alla Difesa chiama a raccolta creativi e scrittori di fantascienza per esplorare le possibilità pratiche e tattiche delle tecnologie emergenti”. http://www.ilfoglio.it/gli-inserti-del-foglio/2016/02/01/guerre-stellari___1-v-137682-rubriche_c425.htm
Nel Summit della NATO tenuto in Galles nel 2014 Obama aveva dichiarato una guerra senza quartiere alla mortale minaccia dello Stato islamico e annunciato la formazione di una nuova forza di risposta rapida per contrastare eventuali minacce provenienti dalla Russia. Sia la presenza di aziende militari al vertice NATO, dovuta al ruolo di supporto avuto nell’organizzazione e ammessa dal ministro britannico Matthew Hancock, sia la previsione di un lungo periodo di guerre regionali, permetteva a Ronald Epstein, analista della Banca d’America Merrill Lynch, di affermare che si poteva dipingere un quadro idilliaco del mondo per l’industria bellica. Questo perchè gli europei erano (sono) preoccupati per quello che i russi stavano facendo vicino a loro, per quello che accadeva in Iraq e che fanno gli israeliani nella loro regione, infine per il gioco a rimpiattino fra cinesi e giapponesi nel Mare cinese meridionale.
Lo slittamento del termine difesa in sicurezza viene maggiormente riferito alle strategie messe in campo dal tema immigrazione: Il tema della stabilità politica si collega inevitabilmente a quello dell’immigrazione. Se durante il periodo della guerra fredda le migrazioni venivano viste in termini di fenomeno di natura prevalentemente socio-economica, oggi le migrazioni sono tematizzate attraverso uno schema interpretativo di tipo securitario. I migranti allora diventano fonte di arricchimento per l’industria della sicurezza intesa nel senso più largo possibile in quanto vissuti come nuove minacce di natura strategica che giustifica l’introduzione di strumenti di controllo poliziesco e militare. Il termine “economia della sicurezza” viene applicato a una congerie di attività che riguardano la prevenzione e la riduzione dei rischi di danni intenzionali contro le persone e la proprietà. In senso lato, s’intendono tutte le questioni legate alla difesa e al controspionaggio, alle forze di polizia statale, alla polizia privata, alle guardie armate, e ai fornitori di tecnologia della sicurezza. In senso più ristretto, la spesa privata per il personale e gli enti di sicure sicurezza.
L’Europa ha messo in atto operazioni fra cui: Eurogendfor del 2003 (dal 2006 ha sede a Vicenza) che risponde ai governi e non ai parlamenti: Frontex del 2004 per il controllo frontiere e Euronavfor med (2015) che ha un costo stimato di circa 11,82 milioni di euro ed è stata divisa in tre fasi nasce come risposta agli scafisti che operano sulle coste libiche. Nel 2016 Turchia, Grecia e Germania chiedono alla NATO di operare nel mar Egeo a seguito della crisi migratoria.
Come queste missioni siano in relazione con uno stato di guerra perenne e siano di fatto operazioni di natura prettamente militare, viene confermato dai documenti di WikiLeaks: fermare i migranti con la missione militare in previsione di un intervento ben più ampio nello Stato africano. La missione sarà dichiarata conclusa quando “il flusso di migranti e l'attività dei trafficanti saranno significativamente ridotti”.
In Italia nel 2015 si dà l’avvio alla missione Mare Sicuro (Incursori della Marina militare, compagnie di fucilieri del San Marco, quattro navi, elicotteri e aerei senza pilota Predator dell'Aeronautica), fra questa operazione e quella Euronavfor med, nel Parlamento si è discusso un emendamento all’art.18 della legge sulle missioni militari con cui si è chiesto il consenso dell’utilizzo dei reparti speciali delle forze armate in operazioni di intelligence finalizzate a tutelare la sicurezza nazionale. Con il decreto del 10 febbraio 2016 si decide che AISE dirige le operazioni e Palazzo Chigi le coordina. Nel 2012 l’allora Ministro della Difesa Di Paola, spiegando il senso della sua riforma dello strumento militare, dichiarava che “La risposta al terrorismo deve essere preventiva, bisogna anzitutto conoscerlo attraverso i sistemi informativi; quando si ha l’informazione esatta bisogna intervenire, soprattutto se si dovesse fare uso di sistemi non convenzionali, con forze speciali e capacità chirurgica per neutralizzare l’obiettivo evitando danni collaterali”. Nel 2014 nasce il Comando per le Forze Speciali dell'Esercito a Pisa. Di Paola è sempre stato un sostenitore dell’architettura net-centrica “Il concetto del net centric warfare operation è chiaramente la chiave dell’avvenire. Essere o non essere in questo network, avere capacità e sistemi in grado di connettersi in rete, rappresenta la discriminante operativa del futuro”, e non nasconde che la trasformazione tecnologica e l’aumento dei costi dei sistemi d’arma necessitano di investimenti elevati che solo la partecipazione a programmi di cooperazione con gli alleati, europei o americani, possono permettere.
Nel Trattato di Lisbona del 2009 all’articolo 42 si legge che “Gli Stati membri s'impegnano a migliorare progressivamente le loro capacità militari. L'Agenzia nel settore dello sviluppo delle capacità di difesa, della ricerca, dell'acquisizione e degli armamenti (poi Agenzia europea per la difesa nata nel 2004) individua le esigenze operative, promuove misure per rispondere a queste, contribuisce a individuare e, se del caso, mettere in atto qualsiasi misura utile a rafforzare la base industriale e tecnologica del settore della difesa, partecipa alla definizione di una politica europea delle capacità e degli armamenti, e assiste il Consiglio nella valutazione del miglioramento delle capacità militari”. Con l’EDA per la prima volta si finanzieranno sperimentalmente alcuni progetti di ricerca nel campo della difesa. Una prima barriera rimossa è stata quella del 2014 con il nuovo sistema di contabilità europeo Esa 2010, che considera le attività relative alle acquisizioni e R&T militari come investimento e non più come consumi intermedi. http://www.europarl.europa.eu/ftu/pdf/it/FTU_6.1.2.pdf
Una seconda barriera rimossa è quella sulla riduzione degli ostacoli alla circolazione dei prodotti e dei servizi destinati alla difesa nel mercato interno e le distorsioni della concorrenza che ne derivano, per cui si è avuta una semplificazione e armonizzazione delle condizioni e procedure per il rilascio delle licenze. Si è così modificata la legge italiana 185/90 con l’eliminazione del controllo per i prodotti fabbricati in cooperazione UE-NATO (60%).
L’Italia con Finmeccanica partecipa ad almeno 14 programmi in cooperazione con uno o più paesi europei fra i quali: EFA – NH 90 – AW-101 – FREMM – Sostar-X – FSAF/PAAMS –Meteor – Cosmo SkyMed – Sicral 1-b e Sicral 2 – Neuron – MMV – U212
Le sollecitazioni e le operazioni di lobbying esercitate dalle industrie della difesa e dai suoi broker per eliminare gli “orpelli”, così sono chiamati i diritti umani, hanno avuto buon esito se si dà ascolto alle dichiarazioni dal sapore tragicomico di due illustri rappresentanti della politica della difesa e dell’industria italiana. Durante il convegno “Italia e NATO quale difesa?” del 2015 il ministro Pinotti ha dichiarato che “Non possiamo interrompere i rapporti che abbiamo da anni con alcuni Paesi islamici, solo perché dei privati hanno finanziato dei terroristi, sarebbe come affermare che non bisogna avere rapporti con l’Italia perché c’è la mafia”.
L’a.d. di Finmeccanica Moretti alla domanda circa la vendita di sistemi d’arma ai Paesi islamici ha detto che “sono paesi che fanno parte di un fronte occidentale legittimato dagli Stati Uniti , e noi facciamo parte di consorzi che ai paesi del fronte occidentale danno sostegno per potersi difendere” inoltre “abbiamo 50mila persone da dover alimentare. http://www.radioradicale.it/scheda/459176/italia-e-nato-quale-difesa-la-riorganizzazione-del-sistema-difesa-italiano-nel-quadro
Purtroppo anche la risoluzione che incorpora il Trattato internazionale sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty, ATT) adottata il 2 aprile 2013 Assemblea Generale delle Nazioni chiarisce che esso non è destinato a vietare in toto il trasferimento e la produzione di armi convenzionali, ma a prevenire ed eliminare il commercio illegale. Tra i principi è infatti sottolineato “Il rispetto dell’interesse legittimo di ogni Stato ad acquisire armi convenzionali per esercitare il proprio diritto alla legittima autodifesa e per contribuire alle operazioni di mantenimento della pace nonché di produrre, esportare, importare, e trasferire armi convenzionali”.
In Italia nel 2013 con il governo Letta si era data la possibilità per il personale militare di “svolgere per conto di Stati esteri attività di supporto tecnico-amministrativo ovvero contrattuale per l’acquisizione di materiali di armamento prodotti dall’industria nazionale”. La norma permette di realizzare programmi, anche relativi alla fornitura di mezzi e sistemi, unitamente ad altre attività (ad esempio, formazione, addestramento, supporto logistico) da parte delle stesse forze armate. La misura consente di attivare, in presenza dei richiamati stringenti vincoli (politici e normativi), un quadro di facilitazione e di trasparenza a sostegno anche dell’industria nazionale, come richiesto dai nostri partner internazionali, che subordinano cooperazione industriale e relative acquisizioni a quelle garanzie che solo uno Stato (tramite le sue articolazioni ministeriali, Difesa ed Esteri) può dare.
MAGGIORI IMPRESE PRODUTTRICI DI ARMI 2014 (dati Sipri) : 1 LOCKHEED MARTIN - 2 BOEING - 3 BAE SYSTEMS - 4 RAYTHEON - 5 NORTHROP GRUMMAN - 6 GENERAL DYNAMIC - 7 AIRBUS GROUP - 8 UNITED TECHNOLOGIES - 9 FINMECCANICA - 10 L-3 COMMUNICATIONS - 11 ALMAZ-ANTEY - 12 THALES
Nel 2012 c’è stata la mancata fusione EADS (oggi Airbus, Francia, Germania, Spagna) con BAE Systems (Gran Bretagna). Nel 2015 Lockheed Martin, gruppo USA attivo nei settori difesa e aerospaziale con 112mila d pendenti e ricavi superiori a 45 miliardi di dollari nel 2014, ha annunciato di aver raggiunto un accordo definitivo per l'acquisizione di Sikorsky Aircraft, leader mondiale nella produzione di elicotteri. Valore complessivo dell’operazione: 9 miliardi di dollari, che si riducono a 7,1 in virtù dei benefici fiscali derivanti dall'operazione
L’Airbus Group è il principale gruppo aerospaziale europeo e conta circa 138.600 dipendenti (2015). Bae Systems occupa più di 83.000 lavoratori (2015). Finmeccanica 47.000 di cui 28.000 in Italia (2016). Nel 2102 l’industria della difesa europea occupava 400.000 lavoratori diretti e 960.000 indiretti con un fatturato si 96 miliardi.
Lo stato di previsione della spesa militare italiana per l’anno finanziario 2016 è a 19.981.612.538 miliardi di euro senza contare i finanziamenti per Finmeccanica derivati da altri dicasteri e da leggi speciali.
Più drena denaro pubblico e chiude attività, più riduce il suo core business limitandolo a produzioni essenzialmente militari, più l’a.d. Morettidi Finmeccanica si vanta di avere realizzato “un cambiamento reale e di essere confidente in un altro anno di crescita in termini di profittabilità e di generazione di cassa”.
Ma qual è il prezzo della guerra? I conflitti nel 2014 sono costati il 13,4% del Pil mondiale, 14,3 trilioni di dollari. L'equivalente delle economie di Brasile, Canada, Francia, Spagna e Regno Unito messe insieme. http://economicsandpeace.org/wp-content/uploads/2015/06/Global-Peace-Index-Report-2015_0.pdf
La trasformazione dell’industria bellica negli anni
Le più grandi fusioni fra colossi americani si sono avute a metà degli anni ’80 come risposta alla contrazione e razionalizzazione della spesa militare. In questi anni si sono realizzate circa 51 fusioni che hanno dato vita a oligopoli che, insieme al Pentagono, hanno generato sinergie capaci di gestire sia il processo di allocazione degli investimenti pubblici nel campo militare, sia la ristrutturazione della base tecnologica-produttiva sulla quale contare nello svolgimento della politica estera. Si avviò un processo di diversificazione produttiva con l’inglobamento di settori dell’energia, ambiente, trasporti e tecnologie dell’informazione ottenuto facendo ricorso all’indebitamento e all’emissione di bond. La finanziarizzazione dell’attività industriale fu uno dei risultati principali.
In generale in tutte queste aziende la trasformazione, ottenuta con l’introduzione di nuove tecnologie (IT), non ha riguardato solo l’innovazione del prodotto e del processo produttivo, ma anche l’organizzazione del lavoro e delle strutture produttive (decentramento produttivo).
Questa rivoluzione portata dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha prodotto una globalizzazione del mercato e delle filiere produttive e quindi un aumento della concorrenza sia per i lavoratori sia per le aziende. Quella che viene chiamata “rivoluzione negli affari militari” riguarda l’applicazione delle nuove tecnologie (che sono duali, cioè possono servire sia nel campo civile sia nel campo militare) nei sistemi di comando e controllo militare alle armi di precisione, nei velivoli di combattimento (ruolo sempre più importante dell’avionica), ha creato una nuova generazione di motori, di veivoli e veicoli a pilotaggio remoto e la gestione digitale del campo si battaglia e allo spazio. La nuova dottrina militare statunitense ha indirizzato le aziende verso soluzioni incentrate sull’integrazione rete centrica dei sistemi d’arma. In questo tipo di guerra i sistemi d’arma dovrebbero raggiungere la loro massima efficacia perché inseriti in un network informatico capace di avvolgere l’intero sistema operativo. Questa efficacia può avere come obiettivo anche il controllo e la repressione della popolazione. Infatti quando si parla di industria della difesa e della sicurezza per la salvaguardia gli interessi nazionali, si deve pensare a tutto ciò che uno Stato intende come “minaccia”, da qui anche lo sviluppo delle cosiddette armi non letali (concetto di controllo della forza).
Inoltre l’importanza di queste tecnologie ha fatto sì che il Pentagono facesse ricorso ad aziende che operano nelle aree tecnologiche di frontiera civile/militare come IBM, Computer Science Corporation, HP. Nel 2003 la CSC, già legata allo sviluppo dello scudo spaziale, ha acquistato il controllo della DynCorp e si è assicurata la gestione dell’esternalizzazione dei servizi (soprattutto logistica) precedentemente gestiti dal DoD (privatizzazione della guerra).
F-35 e programma soldato futuro sono due esempi del nuovo concetto di guerra net-centrica. Nel 2013 la commessa più ghiotta del bilancio era data al programma Forza Nec: ventidue miliardi di spesa possibile nei vent’anni che verranno: si tratta di digitalizzare l’esercito, immaginando il soldato del 2030 molto prossimo a un robot (l’acronimo Nec sta per Network enabled capability , capacità di fare rete coi sensori sul campo di battaglia). Già nel 2006 Di Paola riteneva «prioritaria e ineludibile» la trasformazione «net-centrica» delle forze armate, ricevendo la gratitudine di Finmeccanica che, in quanto «prime contractor», gestisce senza gara né confronto sui prezzi, come consentono le procedure, il programma. Dell’F-35 viene esaltata la sua capacità net-centrica per la partecipazione a missioni interforze, per la sua interoperabilità con sistemi, armi e altre reti di difesa esistenti e per lo scambio sicuro di informazioni internazionali. Ad oggi i codici sorgente del software dei computer dell’aereo sono incompleti, e la conoscenza di questi codici che permette di gestire in autonomia configurazioni di missione e manutenzione del velivoli è di fatto secretata a tutti i partner partecipanti al progetto.
Finmeccanica (prossimamente Leonardo) è la società del settore che rappresenta un capitalismo italiano fortemente interconnesso e organizzato a livello internazionale. Ha assunto un carattere internazionale poiché, sebbene lo Stato possieda il 30,2% delle azioni, il suo azionariato è passato da una prevalenza domestica ad una internazionale, infatti il 90% del flottante dell'azionariato istituzionale è estero. Controlla l’80% della capacità tecnologica e industriale del settore difesa.
In questi anni l’Italia ha dimostrato una certa apertura agli investitori stranieri come è accaduto a Piaggio Aereo e Avio. Nel Libro Bianco della Difesa 2015 si può leggere, oltre che l’Italia deve poter assumere un ruolo di leadership nelle coalizioni internazionali, che è necessario avviare piani pluriennali sugli investimenti anche attraverso leggi (vedi legge navale e forse per l’esercito), avere una maggiore cooperazione con il MIUR e MISE, individuare aree tecnologiche e scientifiche dove concentrare le risorse (meglio se private ma finanziate dallo Stato) e la possibilità di vendere asset basta che produzione e sviluppo rimangano in Italia.
Il processo di finanziarizzazione di Finmeccanica è stato reso evidente da Mauro Moretti, nuovo amministratore delegato di Finmeccanica, quando si è preoccupato di fare una selezione di business coerenti con la volontà dell'azionista per diventare primi nella competizione mondiale. Ma se l’azionista principale è lo Stato italiano, come mai Moretti ha presentato il piano industriale di prima alla comunità finanziaria riunita a Londra e solo dopo, con un certo fastidio e per dovere istituzionale, alle due Camere del Parlamento italiano? Tutta la sua valenza comunicativa è stata centrata all'esterno, cioè agli investitori, analisti e istituti finanziari, affinchè fosse evidenziato in che modo l'azienda intenda accrescere il valore creato per l'azionista, e dare credibilità alle azioni intraprese per il risanamento di situazioni critiche. Nullo o quasi nullo è stato il riferimento ai requisiti interni ed all'analisi delle conseguenze delle scelte strategiche e imprenditoriali. Gli obiettivi del Piano industriale sono stati chiari dall’inizio: taglio dei costi, maggiore efficienza produttiva, razionalizzazione e riduzione della catena dei fornitori, raggiungimento di un maggior numero di clienti e di nuovi mercati. Il che significa meno attività, joint-venture selezionate, meno prodotti, maggiore presenza internazionale, nuova governance e nuovo modello operativo.
Dopo aver accentrato tutte le decisioni su di sé e pochi altri, aver ridotto il debito con la cessione del settore Trasporti (Ansaldo Breda e Ansaldo Sts), riorganizzato (devastandola) la rete dei fornitori, ha creato la “one company”. Con la nuova organizzazione si semplifica la possibilità di vendere asset a privati. Accanto ai quattro settori (Elicotteri, Aeronautica, Elettronica-Difesa e Sistemi di sicurezza, Spazio) si sono create sette divisioni: “Elicotteri” che ha assorbito le attività di AgustaWestland; “Velivoli” che ha assorbito parte delle attività di Alenia Aermacchi; “Aerostrutture” che ha assorbito parte delle attività di Alenia Aermacchi; “Sistemi avionici e spaziali” che ha assorbito parte delle attività di Selex Es; “Elettronica per la difesa terrestre e navale” che ha assorbito parte delle attività di Selex Es; “Sistemi per la sicurezza e le informazioni” che ha assorbito parte delle attività di Selex Es e “Sistemi di difesa” che ha assorbito le attività di Oto Melara e di Wass". Ognuna di queste divisioni può essere ceduta senza che il compratore sia interessato a Finmeccanica.
Se c’è un obiettivo che Moretti può dire di ave centrato senza difficoltà è quello di aver riunito le tre sigle sindacali FIM-FIOM e UILM nella sottoscrizione del contratto di secondo livello che contiene almeno tre risultati nefasti per i lavoratori :
- Viene definita una PROCEDURA DI RAFFREDDAMENTO DEL CONFLITTO con l’obiettivo di ricercare soluzioni negoziali preventive, ai vari livelli, in un tempo breve (10 giorni lavorativi) a eventuali contenziosi tra le Parti.
- Riduzione del monte ore sindacale a disposizione TAGLIANDO I PERMESSI SINDACALI del 15%.
- Viene istituito un Premio di Risultato (con la vigenza di tre anni) che misurerà le performance complessive della nuova Finmeccanica One Company basato su 3 indicatori (economico/finanziario complessivo, economico/finanziario di Divisione, industriale di singolo sito) e che terrà conto del contributo delle diverse figure professionali o funzioni.
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