Disarmiamo EXA
Corteo a metà Una tre giorni unitaria per il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, in vista del 25 aprile arcobaleno. Ma la Fiom non aderisce al corteo di sabato
L'appello lanciato dalla rivista Armi e tiro sembra una boutade, eppure gli «appassionati» del genere sono convinti di raccogliere in poco tempo 50 mila firme per «difendere il diritto a impiegare lecitamente le nostre armi». Se avete lo stomaco di spingervi fino ai padiglioni dell'Exa 2004 di Brescia, una delle tre più importanti mostre-mercato di armi leggere del mondo, questa volta cercate di tenere lontani i bambini (le fiere di Las Vegas e Norimberga se non altro sono vietate ai minori). E' quasi per una questione di buon gusto che un'altra raccolta di firme sia partita in questi giorni proprio a Brescia, perché vengano bandite dalla mostra almeno le armi impiegate per uccidere gli esseri umani (sono già 6000 le adesioni). Una imbarazzante presenza documentata in tutti gli stand che lo scorso 15 marzo ha spinto il consiglio comunale di Brescia ad approvare una timida mozione che invita gli organizzatori di Exa ad esporre separatamente le cosiddette armi leggere - che per il segretario dell'Onu Kofi Annan sono «armi di distruzione di massa» - da quelle da caccia. Appello nemmeno preso in considerazione.
Fuori dalle carte e dalle mozioni, anche quest'anno un nutrito gruppo di associazioni che lavorano a contatto con il Brescia social forum ha organizzato alcune giornate di mobilitazioni che culmineranno con il corteo di sabato prossimo: partenza alle 15 da piazza della Loggia, che da domani fino a martedì ospita l'ExPa, sorta di fiera pacifista con dibattiti, controinformazione, spettacoli e biciclettate in stile «critical mass». L'appuntamento di sabato si è saldato spontaneamente - non senza qualche difficoltà - con i progetti del movimento pacifista, che sta cercando di arrivare con un po' di slancio alla giornata di mobilitazione nazionale contro la guerra del 25 aprile. Oltre agli arrivi da tutta la Lombardia, sono attesi anche alcuni pullman da Firenze e Modena. «Quest'anno tentiamo di raccogliere un sentimento di pace che in città è molto presente - spiega Margherita Recaldini del Brescia social forum - anche perché è impossibile non vedere il nesso stretto che c'è tra il ritiro delle nostre truppe, armate con pistole Beretta 92 FS, e la fiera delle armi che si tiene in questi giorni a Brescia. Quando, se non ora, è necessario rendere visibile questo nesso anche ai lavoratori delle industrie armiere bresciane?».
Eppure la costruzione del corteo che dopodomani si metterà in marcia dietro allo striscione Via le truppe dall'Iraq, disarmiamo l'Exa è stato tutt'altro che in discesa. Tanto è vero che l'adesione non è arrivata da tutte le realtà che hanno lavorato per costruire l'ExPa. Perché nel bresciano, territorio che rappresenta il 90% della produzione di tutte le armi in Italia, con 137 imprese e 192.781.723 euro di export nel mondo, quando si parla di riconversione dell'industria armiera si tocca un nervo scopertissimo. Soprattutto per il sindacato. La Fiom bresciana, per esempio, questa volta non sfilerà, anche se i manifestanti hanno deciso di non dirigersi verso la fiera delle armi, contrariamente a quanto avevano fatto nelle scorse edizioni. La Fiom per domani alle 17,30 ha organizzato un presidio in piazza della Loggia, e sempre venerdì circa 30 fabbriche sciopereranno un'ora per sensibilizzare il mondo del lavoro sui temi della pace. Allora perché non in corteo? «La manifestazione nazionale - spiega Michela Spera, segretaria della Fiom di Brescia - non era nel programma degli appuntamenti previsti nell'ambito di ExPa, è stata organizzata solo da alcuni gruppi e non da tutti: noi abbiamo invitato a partecipare al presidio di venerdì». Domenica, dopo le prevedibili frizioni all'interno del Bsf, di cui la Fiom è parte consistente, saranno i cattolici d'assalto della Rete di Lilliput, in combutta con i Gruppi di azione non violenta (Gan), a violare da vicino l'Exa 2004. «Non possiamo più accettare che questi strumenti di morte siano pubblicizzati e venduti come se fossero merci normali», dice Flavia Rampichini del Gan di Milano. Adesso più che mai.
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