Il Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2017-2019
Il Documento programmatico pluriennale (DPP) per la Difesa per il triennio 2017-2019, presentato alle Commissioni difesa di Camera e Senato nell’agosto 2017, costruisce l’evoluzione del quadro strategico nella dimensione militare sulla base dell’analisi geopolitica internazionale delineata nel Libro Bianco 2015 e si presenta suddiviso in tre parti: impegni nazionali della Difesa, sviluppo dello strumento nazionale e bilancio della difesa. https://www.difesa.it/Content/Documents/DPP/DPP_2017_2019_Approvato_light.pdf
Impegni nazionali della Difesa: Niger
Come sottolineato nel Libro Bianco della difesa, tra le priorità geo-strategiche del Paese vi sono la sicurezza della regione euro-atlantica, l'area euro-mediterranea e quella mediorientale. L’area euro-mediterranea è la regione “su cui si incentra il focus strategico nazionale” in quanto è uno spazio geopolitico estremamente interconnesso che negli ultimi anni ha visto aumentare drammaticamente l’instabilità, la conflittualità e l’insicurezza al suo interno. L'affermazione di gruppi terroristici hanno alimentato i flussi migratori e messo a rischio la libertà dei traffici commerciali e la sicurezza energetica. Tale minaccia, secondo la politica estera e di difesa italiana, permette di legittimare il superamento dei tradizionali concetti di "sicurezza" e "difesa". In definitiva l’Italia deve divenire un attore della sicurezza globale capace di esercitare un ruolo di responsabilità a livello internazionale, operare non solo per la salvaguardia degli interessi nazionali, ma anche per la protezione e la tutela delle popolazioni nelle aree di crisi, e sviluppare la promozione di livelli crescenti di sicurezza e stabilità globale. Insomma economia, energia, migrazioni e sicurezza riguardano l’interesse nazionale e la politica di difesa, e avvallano l’uso dello strumento militare.
In questa cornice si inserisce l’approvazione della missione in Niger “Cresce impegno nell’area mediterranea, si dimezza presenza in Iraq. I militari italiani in Africa sono fondamentali per l’interesse nazionale” https://www.difesa.it/Primo_Piano/Pagine/cresce-impegno-area-mediterranea-dimezza-presenza-in-iraq.aspx Questa affermazione del ministro Pinotti deve essere letta sotto vari aspetti:
1 - Il Niger è un paese ricco di risorse minerarie: carbone, ferro, fosfati, oro, petrolio e soprattutto uranio (quinto paese al mondo per estrazione dell’uranio al opera della multinazionale francese Areva). L’Africa è molto importante per l’ENI (presente in Tunisia, Algeria, Angola, Costa d’Avorio, Ghana, Libia) che assume il ruolo di “motore degli interessi strategici dell’Italia nel mondo (Gentiloni)”.
2 – Collocazione internazionale dell’Italia: necessità di inserirsi nello storico asse Francia-Germania nel campo della difesa europea (Pesco). La Germania contribuisce insieme alla Francia alla “stabilizzazione” (o meglio colonizzazione) della zona sahariana con forze sul terreno, a cui si sono aggiunte quelle statunitensi.
3 – Integrazione fra lotta al terrorismo, stabilità delle frontiere, contrasto all’emigrazione clandestina.
In questa prima parte del documento sono riportate tabelle che indicano il livello di pace globale, la rotta dei migranti nel Mediterraneo centrale, l’evoluzione degli impegni operativi internazionali e nazionali compresa l’emergenza sismica. Alla base dell’analisi sulla complessità del contesto globale vi è la tendenza a teorizzare un mondo estremamente instabile e conflittuale in cui i cambiamenti climatici, il disagio sociale, la competizione per l’approvvigionamento delle risorse naturali, i mutamenti climatici, la pervasività delle nuove tecnologie e il rischio di conflitti tradizionali/ibridi giocano un ruolo fondamentale. L’interconnessione fra gli attori e fattori che si affacciano a livello mondiale ha determinato due movimenti apparentemente contraddittori: globalizzazione (anche finanziaria) e frammentazione tenuti insieme dalla centralità delle reti informatiche che ha esteso la conflittualità nello spazio cibernetico.
Sviluppo dello strumento nazionale: Schengen militare e missione nucleare dell’F-35
Prima di entrare nel merito della seconda parte è necessaria una premessa per capire come la politica estera e militare dell’Unione europea sia subordinata alla strategia statunitense.
La National defense strategy https://www.whitehouse.gov/wp-content/uploads/2017/12/NSS-Final-12-18-2017-0905-2.pdf , rilasciata dal Pentagono nel mese di dicembre 2017, si basa su quattro pilastri e tre sfide: proteggere la patria, promuovere la prosperità, la pace attraverso la forza (anche quella nucleare per mantenere il potere in ogni dominio) e far progredire l’influenza americana. Parallelamente i competitor sono i poteri revisionisti (che intendono rivedere gli equilibri mondiali in funzione anti americana) della Cina e Russia (che possono essere sia alleati sia concorrenti), i regimi canaglia come la Corea el Nord e gli attori transazionali come ISIS. Elbridge A. Colby, assistente del segretario alla Difesa James Mattis, ha dichiarato che quella presentata non è una strategia di scontro ma che conosce la realtà della competizione. Una strategia dunque che ha bisogno di costruire una forza letale, rafforzare le alleanze e riformare la struttura della difesa. Nuove capacità e alleanze più forti servono per essere più agili e letali e per convincere gli alleati a spendere di più per la difesa. L’Italia è un paese accusato di spendere poco per la difesa anche dalla NATO: “Non ci aspettiamo, afferma Stoltenberg, che tutti gli alleati rispettino l'obiettivo del 2% immediatamente, ma ci aspettiamo che tutti gli alleati fermino i tagli al settore e inizino ad aumentare la spesa per la difesa. Ed è questo il caso anche dell'Italia”.
A difesa dell’Italia è intervenuta Elizabeth Braw, professore associato presso il Consiglio Atlantico, in un articolo in cui afferma che in America l’esercito italiano viene rappresentato come la “polizia d’Europa” perché impegnata a salvare migranti e in moltissimi fronti: dall’Afghanistan ai Balcani. http://www.corriere.it/cronache/17_agosto_23/elogio-stampa-usa-militari-italiani-poliziotti-d-europa-4cfaf648-87f9-11e7-a960-ee4515521d95.shtml
Elisabeth Braw aveva scritto nel 2016 un articolo per Foreign Affairs, rivista del Council on Foreign Relations, dal titolo “A Schengen Zone for NATO” in cui sosteneva la necessità di creare una “Schengen militare” affinché le truppe nei paesi della Nato, per rispondere all'aggressione russa, potessero muoversi senza alcun ritardo: “Gli stati membri della Nato sono desiderosi di difendersi l'uno con l'altro, e hanno truppe e equipaggi per farlo.... ma una cosa che frustra i comandanti è evidente: le difficoltà burocratiche da adempiere per far passare le truppe da un confine all'altro...Al prossimo summit di Varsavia i membri della Nato discuteranno di risposte unitarie contro l'aggressione russa e probabilmente decideranno di stazionare quattro battaglioni – circa 4 mila truppe – negli stati baltici e Polonia. Ma con la Russia che sta formando due nuove divisioni nelle regioni occidentali, al confine con gli Stati Baltici, 4 mila truppe in più potrebbero non essere sufficienti a fronteggiare un potenziale attacco”.
Nell’articolo “Eucom chiede una zona militare di Schengen in Europa” si riprende quanto già affermato nel documento sulla strategia USA: “L’obiettivo è consentire alla forza militare di muoversi liberamente nel teatro europeo…la velocità di reazione resta fondamentale… Più di ogni altra cosa abbiamo bisogno di una zona militare di Schengen che permetterebbe ad un convoglio militare di muoversi liberamente in tutta Europa. Adesso non è così”. http://www.ilgiornale.it/news/eucom-chiede-zona-militare-schengen-europa-1426522.html https://www.eda.europa.eu/webzine/issue12/cover-story/europe-needs-a-military-schengen . L’intervista più interessante è però quella dell'eurodeputato Urmas Paet, ex ministro degli Esteri estone e relatore del rapporto "Unione europea di difesa", in relazione al ruolo dell’EDA (Agenzia europea per la difesa): “Lei afferma che al di là della ricerca sulla difesa, l'UE potrebbe anche finanziare il supporto logistico alla difesa. A che tipo di supporto logistico ti stai riferendo? Oggi abbiamo il problema che manca ancora una "Schengen militare". È piuttosto complicato e dispendioso in termini di tempo spostare truppe e attrezzature da uno Stato membro dell'UE a un altro. Questo a volte può richiedere giorni se non settimane. Tuttavia, quando si profila una crisi e vogliamo essere proattivi, dobbiamo essere molto più efficaci e più veloci in questo campo. Pertanto, le norme e le procedure applicabili alle truppe mobili e alle attrezzature militari all'interno dell'UE dovrebbero essere riformate. Alcuni finanziamenti dell'UE dai fondi strutturali potrebbero andare a progetti che sostengono le nostre forze armate come strade, ponti, caserme, ecc. In questi settori, l'UE può essere molto più favorevole alla difesa europea” https://www.eda.europa.eu/webzine/issue12/cover-story/europe-needs-a-military-schengen
L’Unione Europea aveva già deciso nel 2015 che “Per gli Stati Ue che partecipano ai programmi dell’Agenzia europea per la Difesa è prevista l’esenzione Iva per le spese di procurement militare. Secondo il direttore esecutivo dell’agenzia la misura è “una grande opportunità di business e risparmio per gli stati”. http://www.eunews.it/2015/11/05/niente-piu-iva-sulle-spese-militari-per-la-difesa-ue/44523
Nel Documento programmatico si fa riferimento alla “capacità di muovere rapidamente uomini, mezzi e materiali nelle aree d’interesse [in quanto] rimarrà un fattore essenziale per contenere potenziali crisi prima che le stesse possano svilupparsi”, e inserisce fra i programmi operanti la voce Infrastrutture NATO: il programma attiene alla realizzazione, con fondi del NATO Security Investment Program, di infrastrutture operative per soddisfare le esigenze dell’Alleanza. Oneri definiti annualmente in ragione della percentuale di partecipazione dell’Italia al NSIP e degli impegni assunti in ambito NATO. La spesa annua prevista è di 66,6 milioni per il 2017/18/19 e di 199,7 milioni dal 2020 al 2022. Tuttavia non ci sono solo le infrastrutture cosiddette “materiali” ad essere considerate, ma anche quelle “immateriali” che riguardano le reti di telecomunicazione. Due esempi diversi sono l’ottimizzazione delle reti Intranet delle Forze armate per collegamento alla rete unificata della Difesa e il porto di Livorno. Nel primo caso l’Italia si è dotata del sistema satellitare SICRAL (Sistema Italiano per Comunicazioni Riservate ed Allarme) per le telecomunicazioni “Il sistema è in grado di garantire l’interoperabilità tra le reti della Difesa, della sicurezza pubblica, dell’emergenza civile e della gestione e controllo delle infrastrutture strategiche. Con SICRAL le Forze Armate Italiane dispongono di capacità satellitare proprietaria nelle comunicazioni satellitari per i collegamenti strategici e tattici sul territorio nazionale e nelle operazioni fuori area, con piattaforme terrestri, navali ed aeree”, associato al sistema Cosmo SKYMED per l’acquisizione di immagini e sorveglianza per mantenere la capacità di monitoraggio delle aree di interesse strategico.
Per quanto riguarda il porto di Livorno si stanno potenziando gli scali fluviali e ferroviari della base americana fra Pisa e Livorno. “Ponte mobile e nuova ferrovia: la base Usa sarà potenziata. Maxi progetto con la realizzazione di opere strategiche militari e per la sicurezza nazionale” http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2017/05/26/news/ponte-mobile-e-nuova-ferrovia-la-base-usa-sara-potenziata-1.15397995
Un caso particolare è simboleggiato dalla Sicilia in quanto rappresenta un hub dell’intelligence americana. Non solo per il Muos di Niscemi, sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense, per la base Nato di Sigonella, il complesso portuale di Augusta, le stazioni aeree di Birgi e le stazioni radar, ma per Sicily Hub, snodo importante per la struttura della rete Internet che veicola il traffico dati attraverso cavi sottomarini già attenzionata dalla NATO. “Il Mediterraneo è un bacino strategico in cui si sono già verificati sabotaggi ai cavi sottomarini: La Russia si sta chiaramente interessando alle infrastrutture sottomarine delle nazioni Nato”. L’apparente attenzione dei russi sui cavi che forniscono connessioni Internet e altre comunicazioni verso il Nord America e l’Europa, potrebbe dare al Cremlino il potere di tagliare o attingere a linee dati vitali”. https://www.washingtonpost.com/world/europe/russian-submarines-are-prowling-around-vital-undersea-cables-its-making-nato-nervous/2017/12/22/d4c1f3da-e5d0-11e7-927a-e72eac1e73b6_story.html?hpid=hp_hp-top-table-main_russiasubs712pm%3Ahomepage%2Fstory&utm_term=.6f8b9205f535
Sicily Hub di Palermo è un nuovo data center, snodo fondamentale per lo scambio di traffico internet generato in Africa, Mediterraneo e Medio Oriente, realizzato da Sparkle (Telecom) e De-Cix, gestore di una internet exchange neutrale tra le più importanti nel mondo (altri sono quelli di Francoforte, Marsiglia, Londra e Amsterdam). Un altro punto nodale è quello operato da Fastweb e Med Opern Hub. “La Sicilia al centro del traffico dati: le reti sottomarine” http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/04/27/news/palermo_si_accende_l_hub_neutrale_di_carini_la_sicilia_al_centro_del_business_tlc-164047993/
Sostanzialmente nella povera Sicilia, drammaticamente insufficiente nelle infrastrutture principali, trasporto ferroviario, strade, ponti e rete idrica, si gioca una battaglia per il controllo dell’informazione:“Il grande orecchio americano in ascolto dai cavi di Palermo” http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-10-25/grande-orecchio-americano-ascolto-063713.shtml?uuid=AbnNrRxI&
“Una volta si diceva che l’Italia è una portaerei nel Mediterraneo, adesso è diventata una porta per tutte le comunicazioni del Mediterraneo: lo snodo strategico per il traffico internazionale di telefonate, mail, Web” http://espresso.repubblica.it/internazionale/2013/10/24/news/cosi-ci-spiano-stati-uniti-e-gran-bretagna-1.138890
Mappa dei cavi sottomarini dove passa il 90% delle informazioni mondiali https://www.submarinecablemap.com/
La costruzione di un apposito Comando interforze per le operazioni cibernetiche (CIOC) deve dirigere e coordinare operazioni militari nello spazio cibernetico in collaborazione con NATO e UE. Attraverso l’elaborazione Piano nazionale per la sicurezza https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/wp-content/uploads/2017/05/piano-nazionale-cyber-2017.pdf , deve individuare gli obiettivi funzionali necessari a garantire la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale. http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/04/indag/c04_cibernetico/2017/01/25/indice_stenografico.0009.html
In questa seconda parte del DPP sono indicati gli indirizzi strategici, l’analisi delle esigenze operative e le linee di sviluppo dello strumento militare e i principali programmi d’investimento della difesa in esecuzione e di quelli che si ritiene necessario avviare.
Oltre al potenziamento degli strumenti di difesa cibernetica e nell’ambito dell’intelligence, le altre componenti che esprimono “la piena operatività dello Strumento militare” sono quella navale, aerospaziale e terrestre.
Programma Interforze: sistema NGIFF (Leonardo) per rendere gli assetti nazionali in teatri operativi pienamente interoperabili con le forze dei paesi NATO. Velivolo Joint Airborne Multisensor Multimission System per lo sviluppo della capacità di intelligence, sorveglianza e ricognizione in sostituzione di Alenia G222VS (accordo stipulato tra Italia e Israele nel 2012). Dispositivo crittografico per ammodernamento delle capacità crypto della NATO. Sistemi satellitari: Sicral e Cosmo Skymed. Pantera: sistema di analisi delle informazioni. Velivolo NH-90 (Airworthiness).
Programma Esercito: Carro armato Ariete (ammodernamento). Disturbatori di frequenza portabili contro gli RC-IED. Per le Forze speciali è previsto l’acquisizione di materiali d’armamento, equipaggiamenti, dispositivi optoelettronici per la visione notturna/sorveglianza e veicoli speciali. Costituzione di un Centro Security Force Assistance per la formazione.
Programma Marina: Forse speciali G.O.I – Gruppo operativo Incursori. Capacità di aviolancio con battelli gonfiabili chiglia rigida RHIB. Giubbotti anti proiettili per nuclei ispettivi Brigata Marina San Marco rispondenti alle operazioni di traffici illeciti di migranti e salvaguardia degli interessi nazionali. Nuovo siluro pesante U-212A.
Programma Aeronautica: Sistema d’arma EC-27J variante da guerra elettronica del velivolo C-27J. Forze speciali A.M. Potenziamento delle capacità operative degli Incursori. Aeromobili a pilotaggio remoto (capacità di contrasto classe mini/micro. Aggiornamento stazioni di pianificazione del sistema d’arma “Storm Shadow”. Aggiornamento della piattaforma Predator. Capacità aerea non convenzionale della piattaforma avionica del velivolo Tornado (decontaminazione equipaggi) per il mantenimento delle capacità di Force Protection in ambiente degradato.
I programmi in attesa di finanziamenti riguardano la Preparazione alle forze, Proiezione delle forze, Protezione delle forze e capacità d’ingaggio, Sostegno delle forze, Comando e controllo e Superiorità conoscitiva.
Fra i programmi operanti nella voce “Spese non riconducibili a capacità” è inserita la Ricerca scientifica e tecnologica (48,1 milioni annuali per tre anni). I programmi riguardano il settore sistemi/armamenti terrestri, sistemi/armamenti navali, sistemi/armamenti aerei, informatica, sanitaria e sistemi di gestione della difesa.
I programmi più costosi fra quelli operanti, che superano i 100 milioni annui, troviamo il programma NH-90 (elicotteri di trasporto tattico)avviato in cooperazione con Francia, Germania ed Olanda. Costo complessivo per 116 elicotteri 4.068,53 milioni. Nel triennio la spesa è di 600 euro finanziati dal MISE.
Unità navale LHD. Fabbisogno complessivo 1.171,3 milioni. Nel triennio 589,8 milioni finanziati dal MISE.
Programma per fregate FREMM avviato con la Francia. Fabbisogno complessivo 5.992,3 milioni. Nel triennio 477,1 milioni finanziati dal MISE.
Programma per pattugliatori d’altura PPA. Fabbisogno complessivo di 3.853,6 milioni. Nel triennio 1.285,1 milioni finanziati dal MISE.
Programma velivoli F-2000 (EFA) in cooperazione con Germania, Regno Unito e Spagna. Fabbisogno complessivo 21.100 milioni. Nel triennio 1.729 finanziati dal MISE.
Programma elicotteri HH-101 CSAR. Fabbisogno di 1.050 milioni. Nel triennio 361 milioni finanziati dal MISE.
Ultimo programma, perché più importante e costoso, è il caccia Joint Strike Fighter F-35. Programma in cooperazione con USA, Regno Unito, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia e Turchia. Fabbisogno complessivo per la FASE 1 di 7.093 milioni di euro. Nel triennio la previsione di spesa è di 2.198 milioni finanziati dal Ministero della Difesa. La FASE 2 sarà avviata dal 2021 e comporterà il finanziamento di talune componenti a lunga lavorazione dei velivoli ad essa associati già a partire dal 2019, con contribuzioni al momento non ancora definite. Nella tabella viene prevista una spesa dal 2020 al 2022 di 2.217 milioni.
Ma perché il caccia F-35 è il programma più importante della Difesa? Questo programma iniziato nel 1996 avrebbe dovuto completarsi nel 2012, ma una serie infinita di problemi ne ha rinviato la data a metà del 2030. Secondo l’ultima previsione effettuata dal governo degli Stati Uniti i costi del programma sono balzati dai 147 miliardi di euro previsti nel 2001 ai 240 miliardi di euro di quest’anno. Come accade in Italia, anche il Ministero della Difesa britannico è stato incolpato di non fornire una stima dei costi di acquisto, manutenzione e gestione, limitandosi a indicare una cifra complessiva fino al 2026. Il The Times ha pubblicato una serie di articoli in cui si riportano affermazioni gravi “è troppo costoso, inaffidabile, pieno di problemi tecnici e potenzialmente pericoloso. https://publications.parliament.uk/pa/cm201719/cmselect/cmdfence/326/32608.htm https://www.parliament.uk/business/committees/committees-a-z/commons-select/defence-committee/news-parliament-2017/f35-procurement-report-published-17-19/
Negli USA è il Pentagono ad affermare che gli sforzi per migliorare l'affidabilità sono “stagnanti”: Why the Pentagon Isn’t Happy With the F-35 https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-01-24/lockheed-f-35-s-reliability-progress-has-stalled-pentagon-told Tuttavia all’interno del Pentagono vi sono voci discordanti. Ad esempio sul fatto che l’F-35 abbia ancora notevoli problemi tecnici (la versione A non ha ancora raggiunto la Full Operational Capability FOC e sulla certificazione IOC, Initial Operational Capability, il Joint Program Office ha enumerato seri problemi che la rendono “fumo negli occhi”). Come fa un velivolo progettato con l’obbligo di trasportare il carico utile nucleare portare avanti tale missione se i collaudi hanno evidenziato l’impossibilità di usare un cannone o l’uso di armamento stand off (bombe guidate di precisione) perché non ha la capacità di illuminare i bersagli per le missioni CAS (missione svolta da aerei da attacco al suolo ai quali è richiesto di attaccare le forze di terra nemiche)? Eppure per il tenente gen. Chris Bogdan, armare l’F-35 con la bomba nucleare richiederà solo un po’ di addestramento extra per i piloti, nulla di straordinario. http://docs.house.gov/meetings/AS/AS25/20160323/104712/HHRG-114-AS25-Wstate-BogdanUSAFC-20160323.pdf
L’Air Force nel 2015 ha ricevuto 15,6 milioni per lavorare sulla doppia capacità e altri 4,9 milioni nel 2016. Stati Uniti e NATO sembrerebbero pronti ad aiutare gli Stati che non riuscissero a rispettare l’impegno.
In Italia sono stati I gruppi pacifisti e antimilitaristi a denunciare il doppio uso dell’F-35A. Forse perché è questo il motivo principale per cui l’Italia ha scelto questo caccia: la capacità di eseguire una missione nucleare. La versione A prevede hardware e software avanzati per trasportare e rilasciare le nuove bombe nucleari B61-12. Nella scheda emessa dalla Camera “Il programma Joint Strike Fighter- F35” http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/Pdf/DI0289.pdf la missione nucleare non viene menzionata ma neanche i suoi sostenitori ne hanno mai fatto cenno. L’adesione ufficiale al programma è avvenuta durante il governo D’Alema: il 23.12.1998 che ha firmato il Memorandum of Agreement per la fase concettuale-dimostrativa con un investimento di 10 milioni di dollari.
Nell’articolo “l dibattito sulle armi nucleari tattiche in Italia: tra impegni di disarmo e solidarietà atlantiche” http://www.iai.it/sites/default/files/iai1104.pdf si legge che “Nonostante l’esplicito impegno a “creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari”, il nuovo Concetto strategico della Nato adottato a Lisbona il 19 novembre 2010 ribadisce che “fintanto che ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà un’Alleanza nucleare”. Cinque paesi dell’Alleanza atlantica, Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia continuano ad ospitare armi nucleari tattiche (Ant) statunitensi all’interno dei propri confini”. In Italia è ancora dominante l’idea, colta da Lawrence Freedman, che la Nato non sia una “semplice alleanza militare”, ma un elemento fondamentale per il mantenimento di una comunità transatlantica; “i fattore critico nella garanzia nucleare degli Usa verso l’Europa non è la credibilità della strategia, ma l’autenticità della ‘comunità atlantica’”.
Dunque l’Italia non si pone il problema che la condivisione nucleare, utilizzando velivoli a doppio uso (fino a ora il Tornado), violi l’articolo I del Trattato di non proliferazione nucleare (NPT). L’Italia non è una nazione nucleare secondo i termini del TNP, ma rimane parte degli accordi di condivisione nucleare della NATO: “Assessing an F-35-based nuclear deterrent” http://www.basicint.org/sites/default/files/Assessing%20an%20F-35-based%20nuclear%20deterrent.%20%20Kevan%20Jones%20MP..pdf
Nell’articolo “Il disarmo nucleare è a rischio”, il direttore della Stampa scrive che Washington e Mosca hanno iniziato ad accusarsi di violare il Trattato sulle armi nucleari a medio raggio (Inf), ponendo le premesse per una corsa al riarmo nucleare e innescando un domino di imprevedibili rischi per la sicurezza dell’Europa. http://www.lastampa.it/2017/10/29/cultura/opinioni/editoriali/il-disarmo-nucleare-a-rischio-NscDFBMLwV2Q3ipam4gVAI/pagina.html
Perchè Trump vuole testate nucleari a basso rendimento? “Lo scopo finale delle armi nucleari è il medesimo elaborato alla fine degli anni ’40: scoraggiare un attacco armato contro gli Stati Uniti e proteggere i suoi alleati. Per definizione, “gli asset nucleri sono uno strumento per impedire l’aggressione di qualsiasi tipo contro gli interessi nazionali e vitali dell’America”. E’ il concetto della garanzia politica. E’ il medesimo che si applica, ad esempio, per la bomba nucleare tattica guidata B-61 in Europa. Le B-61 dovrebbero rappresentare un deterrente strategico ritenuto in grado di dissuadere anche gli stessi alleati dallo sviluppare armi nucleari fatte in casa. Vanno quindi intese come una garanzia politica degli Stati Uniti, che ne detengono la proprietà e la discrezionalità, a protezione dell’Europa. La responsabilità condivisa per le armi nucleari si basa sulla solidarietà degli alleati della Nato e l’unità di intenti a protezione dell’integrità territoriale. Ma è ancora valido il concetto di arma nucleare tattica o arma nucleare non strategica? No. Non esiste alcuna arma nucleare tattica” http://www.ilgiornale.it/news/mondo/perch-trump-vuole-testate-nucleari-basso-rendimento-1483778.html
Secondo gli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists le lancette del Doomsday Clock, l’orologio dell’Apocalisse che simboleggia l’avvicinamento dell’umanità al punto di non ritorno, ora mancano due minuti alla mezzanotte, soglia oltre la quale l’impatto dell’uomo sul pianeta sarà irreversibile. Oggi, secondo gli esperti, il rischio di un simile scenario non è mai stato così alto, soprattutto a causa di due minacce gemelle: le armi nucleari e i cambiamenti climatici. “Si tratta naturalmente di una valutazione, che gli esperti multidisciplinari del Bulletin fanno valutando tutti i fattori geopolitici che aggravano e avvicinano il rischio della guerra nucleare” scrive Angelo Baracca sul sito del Forum contro guerra. Il Forum aveva organizzato il 20 gennaio davanti alla base di Ghedi (che ospita le B61 e che riceverà quelle aggiornate B61-12) una manifestazione per dire no alle guerre e si al disarmo nucleare. Al termine della manifestazione si è annunciato un rilancio della mobilitazione antinucleare attorno a tutti i luoghi nevralgici del Potere nucleare in Italia, dalle aerobasi ai porti, dai siti di stoccaggio ai luoghi di produzione dei vettori (in Italia gli F35), in tutti quei luoghi cioè dove non si ha la certezza assoluta che queste armi non ci siano. Una iniziativa alla Base di Aviano il 18 marzo 2018 è il prossimo appuntamento. http://www.forumcontrolaguerra.org/2018/01/26/guerra-nucleare-piu-vicina/
Il bilancio della difesa: Italia potenza militare
Secondo diversi studi che analizzano fattori diversi, l’Italia è ottava o undicesima potenza militare nel mondo. Credit Suisse, società di servizi finanziari con sede in Svizzera, nel suo report sulla ricerca e sviluppo, dopo aver preso in considerazione il budget stanziato per la spesa militare, numero di personale impegnato e livello di addestramento, avanzamento tecnologico delle armi, numero di aeromobili/aircraft, carri armati, sottomarini da guerra, disponibilità di eventuali armi nucleari (armate e totali) e sistemi di alleanze, ha inserito l’Italia all’ottavo posto. http://publications.credit-suisse.com/tasks/render/file/index.cfm?fileid=EE7A6A5D-D9D5-6204-E9E6BB426B47D054
GlobalFirepower, altra società che fornisce dati riguardanti oltre 130 moderne potenze militari, ha analizzato la potenziale capacità di guerra (convenzionale) di ogni nazione attraverso terra, mare e aria, valori relativi a risorse, finanze e geografia e altri 50 fattori diversi per determinare la classifica annuale. L’Italia viene posta all’undicesimo posto nel mondo e quarta in Europa. https://www.globalfirepower.com/countries-listing-europe.asp https://www.globalfirepower.com/countries-listing.asp
La terza parte del DPP che illustra il bilancio della difesa mostra dei grafici riepilogativi dei bilanci destinati dal 2008 al 2017. Da questi si possono ricavare almeno due considerazioni: le spese totali possono essere calcolate prendendo in considerazione gli stanziamenti a bilancio ordinario, quelli delle missioni internazionali (997,2 milioni), i contributi del MISE per i programmi tecnologicamente avanzati (2.550 milioni di cui 25 nel triennio vigente) e i costi dell’Arma dei Carabinieri, oppure considerando solo il bilancio ordinario. Il grafico che illustra le risorse destinate alla difesa vede un picco nel 2011 con la cifra di 24.174,3 mentre nel 2017 lo stanziamento è pari a 23.478,3. Se si fa riferimento al solo bilancio ordinario della difesa il picco si trova nel 2008 con 21.132,4 e nel 2013 con 20.702,3 milioni. Nel 2017 lo stanziamento è pari a 20.269,1.
Se si guardano invece i grafici sul rapporto spese per la difesa/pil 2008-2017 emerge che se si considerano le risorse della difesa il pil è pari a 1,37%, mentre con il solo bilancio ordinario si scende all’ 1,19% e a 0,80 se si esclude la funzione difesa del territorio.
Gli stanziamenti per le missioni internazionali hanno visto un picco nel 2011 con 1.497 milioni. Nel 2017 è pari a 997,2 milioni.
L’incremento dei finanziamenti del MISE è pari al 78% passando da 1.515,2 del 2008 a 2.704 milioni del 2017.
La funzione difesa del 2017 vede una spesa di 9.799 milioni per il personale, 1.272 milioni per l’esercizio e 2.141 milioni per l’investimento.
Il personale militare è diminuito di 1501 unità. La voce esercizio considera la formazione e l’addestramento, manutenzione e supporto logistico, funzionamento Enti, comandi e Unità ed esigenze interforze. Vi è stata una riduzione delle risorse dai 2,7 miliardi ai 1,3 attuali.
Il settore investimento riguarda quella parte di spesa che serve a dotare un esercito di mezzi, materiali ed equipaggiamenti tecnologicamente avanzati. Ed è esplicitamente la parte di spesa che interessa l’industria bellica (che non manca mai di lamentarsi della scarsità di fondi statali). Le risorse previste per l’anno 2017, 2018 e 2019 sono rispettivamente di 2.141,1 milioni, 2.122,8 e 2.164,1 a cui bisogna aggiungere però i finanziamenti MISE. Con entrambi i finanziamenti sono stati e sono sostenuti i programmi dei velivoli EFA, le fregate FREMM, i veicoli blindati VBM 8x8, l’elicottero NH-90, il programma navale, l’elicottero AW-101 Combat SAR, la digitalizzazione della componente terrestre FORZA NEC, i velivoli M-346 e T-345 e il sistema di controllo del territorio per l’Arma dei carabinieri SI.CO.TE.
Con la legge n. 208 del 2015 https://www.difesa.it/Amministrazionetrasparente/Pagine/Programma-Biennale-degli-acquisti-di-beni-e-servizi-e-relativi-aggiornamenti-annuali.aspx sono stati avviati i programmi di ammodernamento dei sistemi missilistici antiaereo a medio raggio FSAF e PAAMS (consorzio EUROSAM), del futuro elicottero di esplorazione e scorta (FEES) e Blindo Pesante Centauro 11.
Nella voce Funzione sicurezza del territorio viene compresa la sfera militare (che riguarda la difesa della Patria, partecipazione alle operazioni militari anche all’estero e altro) e la sfera di ordine e sicurezza pubblica (controllo del territorio, contrasto alla criminalità organizzata e comune, tutela dell’ordine pubblico).
Se si comprendono anche le funzioni del Corpo forestale dello stato, 492 milioni, lo stanziamento è pari a circa 6.519,8 milioni. La funzione sicurezza del territorio è così suddivisa: personale 6.145,7 milioni, esercizio 345,8 milioni e investimento 28,3 milioni.
Vi sono poi le spese per funzioni esterne: rifornimento idrico delle isole minori, contributi a vari enti e associazioni, indennizzi per servitù militari, esercizio del satellite meteorologico METEOSAT e EUMETSAT (satelliti europei), ammortamento mutui alloggi. Per il 2017 sono previsti 141 milioni, 135,6 e 135,3 per il 2018 e 2019. Per le pensioni provvisorie del personale in ausiliaria sono previsti 396,5 milioni nel 2017, 399,5 e 400,5 milioni nel 2018 e 2019.
Infine il DDP fa riferimento al bilancio della difesa in chiave NATO. Il budget in chiave NATO si discosta da quello della Difesa perché detrae o aggiunge voci in maniera diversa.
Articoli correlati
- PeaceLink partecipa alla mobilitazione dello sciopero generale
Lettera a CGIL e UIL sulle spese militari
Il governo attuale continua dirottare risorse verso programmi di armamento estremamente onerosi. In pochi mesi, oltre 21 miliardi di euro sono stati destinati a cacciabombardieri e a nuovi prototipi bellici, mentre 4,6 miliardi di euro dal comparto civile vengono spostati al settore militare.28 novembre 2024 - Alessandro Marescotti - Le spese che sottraggono fondi a istruzione, sanità e ambiente
Lo shopping militare del governo: 22 miliardi di euro per cacciabombardieri in cinque mesi
A luglio 24 caccia di quarta generazione Eurofighter per un totale di 7,4 miliardi di euro. A settembre 25 F-35 di quinta generazione per 7 miliardi. A novembre via libera al nuovo caccia Tempest GCAP di sesta generazione: 7,5 miliardi per sviluppare il prototipo con il voto favorevole del PD.18 novembre 2024 - Alessandro Marescotti - Comunicato del Comitato per la Pace di Taranto sulla ricorrenza del 4 Novembre
Lode ai disertori: il nostro modo di celebrare il 4 Novembre
I disertori si opposero alla guerra disobbedendo e anticipando lo spirito della Carta costituzionale. Oggi ci preoccupa l'aumento delle spese per armamenti e la spirale di stragi che si sta abbattendo sulla popolazione palestinese. Sosteniamo lo Stop Genocide Day nelle scuole e nelle università.3 novembre 2024 - Comitato per la pace di Taranto - Albert, il bollettino quotidiano pacifista
Un’ora di F35 o un anno di insegnamento? Mobilitiamoci contro la guerra il 26 ottobre
Un F-35 costa 80 milioni di euro, un'ora di volo più di 40 mila euro. Il governo taglia 5.660 insegnanti dall’organico del prossimo anno scolastico. Obiettivo: aumentare le spese militari dall'1,4% all'1,6% del PIL. A rischio anche il personale non docente. Catastrofica la situazione della sanità.25 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink
Sociale.network