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Misterioso incidente in Russia

La nuova corsa al riarmo atomico… e all’Artico

Un'esplosione vicino a un sito di test di missili nucleari balistici nel Mar Bianco, con rilascio di radiazioni nell'ambiente, apre inquietanti interrogativi sulle crescenti attività di riarmo nucleare e sulla parallela corsa ad appropriarsi dell'Artico
Francesco Iannuzzelli30 agosto 2019

Lo scorso 8 Agosto si è verificata un’esplosione in prossimità di Nyonoksa, un villaggio rurale nella regione dell’Arcangelo (Arkhangelsk), nel nord della Russia, che si affaccia sul Mar Bianco, un mare laterale del Mar Glaciale Artico. Si tratta di una località nota come il principale sito militare di test dei missili nucleari russi, in particolare di quelli con cui vengono armati i sottomarini nucleari d’attacco e balistici. Si trova infatti a una quarantina di chilometri da Severodvinsk, città chiusa e cantiere navale militare dove da decenni si costruiscono e riparano i sottomarini nucleari russi.
La notizia dell’esplosione ha subito sollevato forti preoccupazioni riguardo il potenziale rilascio di radioattività nell’ambiente, ipotesi confermata dal Rosgidromet (il servizio governativo russo di monitoraggio ambientale) che aveva inizialmente riportato sul proprio sito un aumento di radiazione in zona. Le notizie e relative smentite si sono poi susseguite in maniera abbastanza caotica, alimentando ulteriori sospetti riguardo la reale entità dell’incidente. In questo articolo proviamo a riassumere quanto è noto ad oggi - tre settimane dopo l’incidente - anche se molto rimane ancora avvolto in un alone di mistero.

Impatto sull’ambiente e sulla popolazione

È importante chiarire subito – anche di fronte a notizie infondate che si sono diffuse in rete in questo periodo – che non si tratta di un’altra Chernobyl. È un incidente di una scala enormemente inferiore, molto limitato nello spazio e nel tempo, con ripercussioni esclusivamente locali. L’unica somiglianza, se proprio vogliamo trovarne una, è nella reticenza con cui le autorità russe stanno fornendo informazioni a riguardo. Al tempo stesso occorre sottolineare che, contrariamente a Chernobyl, si tratta di un incidente occorso in una località militare, e che anche dalle nostri parti la reticenza quando si tratta di nucleare militare non è da meno (basti ricordare come la Marina Militare italiana si rifiuti di fornire i dati del monitoraggio ambientale effettuato durante il transito di sottomarini nucleari in porti italiani).

Mappa dei livelli massimi di radiazione raggiunti a Severodvinsk intorno a mezzogiorno dell'8 Agosto 2019.

Secondo il Rosgidromet il livello di radiazioni ha raggiunto un massimo di circa 2 microsieverts all’ora, misurati poco dopo l’esplosione in un quartiere di Severodvinsk. Il picco, che ha raggiunto un valore pari a circa venti volte la radiazione normale della zona (0.11 microsieverts), è durato una quarantina di minuti ed è molto al di sotto della soglia di pericolosità per la popolazione.
Questa informazione è stata pubblicata inizialmente sul sito del comune di Severodvinsk, e poi rimossa.
Non è mancato il panico in varie città della regione, dove la popolazione si è precipitata a fare incetta di pillole di iodio, che aiutano a limitare il rischio di sviluppare cancro alla tiroide per i soggetti esposti a radiazioni nelle prime 24 ore.
Si è anche parlato di evacuazione del villaggio di Nyonoksa, circa 450 abitanti, evacuazione che è poi stata smentita dal governatore della regione.

Monitoraggio…. spento

A parte quanto asserito dalle fonti russe (Rosgidromet), non sono stati rilevati aumenti di radiazioni dai vari enti di monitoraggio dei paesi vicini. L'Autorità Norvegese per la Sicurezza Nucleare ha confermato di non aver rilevato anomalie a parte un leggero aumento di iodio nella contea di Finnmark (nella Norvegia Settentrionale), che rientra nelle normali variazioni osservate durante l’anno.

Un episodio sospetto ha però inquietato molti osservatori. La rete di monitoraggio per il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBTO), composta da 80 stazioni per la rilevazione di radiazioni, aveva rilevato l’incidente dell’8 Agosto. Pochi giorni dopo, 3 stazioni in territorio russo (RN61 a Dubna, RN54 a Kirov e RN59 a Zalesovo) "hanno avuto problemi" e hanno smesso di comunicare dati. Altre due, molto più lontane dal luogo dell’incidente, hanno anch’esse "avuto problemi" e sono rientrate in servizio solo il 13 Agosto. In pratica, 5 stazioni sulle 7 presenti in territorio russo non hanno fornito dati nei giorni immediatamente successivi all’incidente. Le rimanenti 2 sono molto lontane, al confine con la Corea del Nord.

La mappa delle stazioni CTBTO che hanno smesso di funzionare dopo l'incidente del 8 Agosto. Si tratta delle stazioni geograficamente piuù vicine al luogo dell'incidente

Le stazioni CTBTO disconnesse corrispondono a quelle interessate da una potenziale nube dovuta dall’incidente, come mostra questa animazione pubblicata dal segretario del CTBTO. Anche in questo caso è importante fare chiarezza, perché il video in questione ha cominciato a girare su Internet con errate interpretazioni. La gif animata che mostra la potenziale nube è una simulazione per poter individuare quali stazioni del CTBTO avrebbero potuto rilevare qualcosa, ed evidenziare come quelle spente fossero proprio quelle in prossimità dell'incidente. Non è la nube radioattiva reale provocata dall’incidente. Il prevedibile fraintendimento ha mandato su tutte le furie il Ministero della Difesa russo, che ha contestato al CTBTO di essere andato oltre il proprio ruolo. Al tempo stesso, è impensabile credere che il contemporaneo malfunzionamento di 5 stazioni di rilevazione di radionuclidi subito dopo l’8 Agosto sia solo una sfortunata coincidenza.

Vittime

Cinque dipendenti dell’agenzia nucleare russa Rosatom sono morti nell’incidente, alcuni subito altri durante il trasporto in ospedale. Si tratta del progettista software Alexei Vyushin, degli ingegneri Yevgeny Korotayev e Sergei Pichugin, del direttore del dipartimento di sviluppo e ricerca dell’Istituto di Fisica Sperimentale di Sarov, Vyacheslav Lipshev, e del suo vice, il veterano Vladislav Yanovsky.
Sono stati seppelliti il 12 Agosto nella città chiusa di Sarov, con una cerimonia di stato. Sono stati definiti "eroi nazionali", e Putin ha promesso che riceveranno una onorificenza alla memoria. Altri tre infortunati sono tuttora ricoverati.

Secondo il Moscow Times, alcuni membri del personale medico in servizio presso l’ospedale regionale hanno affermato - col vincolo dell'anonimato - che il personale direttamente coinvolto ha dovuto firmare accordi di non-divulgazione sotto richiesta di agenti segreti del FSB (ex KGB). Al tempo stesso, il personale non è stato adeguatamente informato relativamente ai rischi di trattare pazienti vittime di radiazioni. Di fronte alle proteste del personale medico, le autorità hanno disposto analisi a Mosca per tutte le persone coinvolte. Dopo queste analisi un medico, anch’egli sotto anonimato, ha confessato di essere risultato positivo al Cesio 137.

Cosa è esploso?

Secondo quando dichiarato, col contagocce, dal Ministero della Difesa, sembra che l’esplosione sia avvenuta su una piattaforma poco al largo della costa, di fronte al villaggio di Nyonoksa, durante il test di un nuovo tipo di propulsione per missili. Le autorità militari russe hanno dichiarato che l’incidente è avvenuto durante il test di un nuovo tipo di "fonte di energia ad isotopi". In altri termini, una batteria nucleare, nota come RTG, ovvero un generatore termoelettrico a radioisotopi che converte in energia elettrica il calore sviluppato dal decadimento radioattivo di un radioisotopo. Si tratta di batterie di uso comune in ambiti dove occorre energia di potenza relativamente bassa (poche centinaia di watt), per un lungo periodo e senza manutenzione, là dove altre fonti di energia - come quella solare - non sono disponibili. Ad esempio nelle missioni aerospaziali, sui satelliti, o nei fari del Mare Glaciale Artico.
Una batteria nucleare è ben diversa da un reattore nucleare, dove invece una reazione nucleare a catena viene innescata e controllata per produrre energia.

Questa ipotesi della batteria nucleare è stata però smentita dai dati divulgati il 26 Agosto proprio da Rosgidromet, secondo cui gli isotopi radioattivi trovati nei campioni delle loro analisi includevano stronzio 91, bario 139, bario 140, lantanio 140. Come diversi esperti norvegesi e statunitensi hanno subito fatto notare, questi isotopi non possono derivare da una batteria RTG, ma solo da un reattore nucleare vero.

La procellaria delle tempeste

Alcuni analisti, rilevato che l’incidente era avvenuto in un sito per test di missili balistici e aveva comportato un rilascio di radiazioni, avevano subito fatto il nome di "Burevestnik", che in russo identifica un uccello della specie delle procellarie, in particolare quello detto "delle tempeste", reso famoso da una poesia di Maxim Gorky. Un simbolo utilizzato spesso in passato dalla propaganda sovietica.

Immagine tratta dal video che mostra, secondo il Ministero della Difesa russo, il missile a propulsione nucleare Burevestnik


9M730 Burevestnik è il nome dato a una delle ultime armi nucleari russe, annunciata in grande stile da Putin nel discorso alla nazione del 1 Marzo 2018. Si tratta di un missile balistico, dotato di testata nucleare e anche di propulsione nucleare. L’idea di usare propulsione nucleare servirebbe a fornirgli un’autonomia praticamente illimitata e a renderlo molto difficile da intercettare. Non è un’idea nuova, ci avevano provato già gli Stati Uniti negli anni ‘60 (il cosiddetto progetto Plutone) e la stessa Russia, ma fu abbandonata perché "costosa, complicata, pericolosa e non necessaria".
Nuove tecnologie, unite a nuove necessità e probabilmente a qualche nostalgia della Guerra Fredda, sembrano aver convinto Putin a rilanciare quest’idea già da prima del suo annuncio alla nazione.
Un test di questo missile - denominato SSC-X-9 SkyFall dalla NATO - era infatti già avvenuto nel Novembre 2017. Il missile andò perso in mare. Altri test sono avvenuti nel 2018, tutti dalla base nell’arcipelago Novaja Zemlja, prima che il tutto venisse chiuso e trasferito altrove (pare che aerei spia statunitensi fossero presenti nello spazio aereo).

Un altro fermo-immagine dal video diffuso dal Ministero della Difesa russo sul Burevestnik

Si suppone quindi che un nuovo test del Burevestnik sarebbe avvenuto vicino Nyonoksa, quindi ben all’interno dello spazio aereo russo, e qualcosa non avrebbe funzionato provocando un’esplosione, un danno al reattore nucleare del missile e un conseguente rilascio di radiazioni nell’ambiente.

Altri esperti sono invece dell’idea che si tratterebbe invece di un tentativo fallito di recuperare proprio il missile perso nel 2017, di cui non si è mai saputo il punto di impatto, ma che potrebbe appunto essere sui fondali del Mar Bianco. Il recupero di un missile con una nuova tecnologia di propulsione nucleare sarebbe un’operazione di primaria importanza per i militari russi, onde evitare che finisca in mano ad altre potenze nucleari.

La presenza nelle acque di Nyonoksa di una nave molto particolare – la Serebryanka – dai giorni precedenti all’incidente parrebbe confermare questa seconda ipotesi. Si tratta di una nave specializzata nel trasporto di materiale radioattivo, dispiegata per il recupero di materiale problematico dal fondale marino.

Una nuova corsa agli armamenti

La recente uscita degli Stati Uniti dal trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) è solo l’ultimo passo nella ripresa della corsa agli armamenti nucleari. Purtroppo molteplici ragioni, non ultima la pressione dell’industria militare, sembrano spingerci verso una nuova Guerra Fredda. Ci è andata bene una volta, tra una miriade di incidenti e una terza guerra mondiale evitata per miracolo in più circostanze. Non è detto che ci vada bene una seconda, considerando anche che la corsa, questa volta, sarà a tre (occorre includere la Cina, che fra l'altro non aveva aderito all’INF), con l’aggiunta di numerosi altri attori armati di testate nucleari, e che siamo su un pianeta che si avvicina sempre più al collasso energetico.

Il Burevestnik potrebbe anche essere solo propaganda, un’arma la cui esistenza ipotetica può forse essere utilizzata come minaccia in chissà quali trattative, e che a detta di molti sarebbe comunque relativamente inutile. Si tratterebbe infatti di "un'arma della vendetta", il cui uso avverrebbe solo in uno scenario di guerra nucleare totale già in corso, da lanciare dopo i missili balistici nucleari "tradizionali".

Ad ogni modo, occorre considerare un fatto significativo. È già il secondo incidente, dopo quello del sottomarino di profondità Losharik, che comporta la perdita di ufficiali e scienziati russi di altissimo rango. Se esperti di questo livello arrivano a esporsi a rischi tali da perdere la vita, è inevitabile pensare che siano sottoposti ad altissima pressione riguardo il raggiungimento di obiettivi militari.

La corsa all’Artico

La NSR (Northern Sea Route), nuova via di collegamento marino tra Asia ed Europa, apertasi come conseguenza dello scioglimento del Mar Glaciale Artico

Un’altra coincidenza con l’incidente dello Losharik è la locazione geografica, a cui occorre aggiungere il varo del primo impianto nucleare galleggiante, l’Akademik Lomonosov, e di nuovi rompighiaccio a propulsione nucleare, abbandonati in passato perché troppo costosi. Questi avvenimenti indicano come la sciogliersi dell’Artico non sia visto come un potenziale dramma planetario, ma semplicamente come un’altra opportunità di business. Non solo per le risorse energetiche dell’Artico, ma per l’apertura di una nuova via, la cosiddetta "Northern Sea Route" che collegherebbe direttamente l’Europa all’Asia.

Siamo quindi di fronte a una nuclearizzazione crescente dell’Artico, in particolare quello russo, nel contesto di due corse folli: il riarmo nucleare e l’appropriazione di risorse naturali e territori il cui accesso era precluso prima dell’attuale cambiamento climatico.

Nuclearizzazione sia militare che civile. E corse "folli" non solo per gli ideali che le alimentano, ma anche per la precipitosa velocità a cui stanno avvenendo. Mossi esclusivamente da interessi militari ed economici, c'è purtroppo da temere che non mancheranno - da parte di tutti gli stati coinvolti - compromessi sulla sicurezza nucleare, reticenze, eccessi, mosse azzardate e altri incidenti.

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