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Al vaglio della Procura l'operato della Marina militare ad Augusta

Punta Izzo, il Gip di Siracusa: «opere militari soggette alle leggi sulla tutela del paesaggio»

Indagine per abuso paesaggistico, accolta l'opposizione degli attivisti alla richiesta di archiviazione del Pubblico ministero. Coraggiosa pronuncia del Gip di Siracusa: «Il paesaggio è valore primario non sacrificabile in nome della sicurezza del Paese»
26 ottobre 2019
Gianmarco Catalano (attivista del Coordinamento Punta Izzo Possibile)

Nessuna «indiscriminata deregulation», nessun regime derogatorio in favore delle forze armate per i loro interventi edilizi e urbanistici. Il motivo è tanto semplice quanto inopinabile: "anche le opere destinate alla difesa militare sono soggette alle leggi sulla tutela del paesaggio".

A mettere nero su bianco questo fondamentale principio di diritto, richiamando l'orientamento conforme della Suprema Corte di Cassazione, è il Giudice per le indagini preliminari di Siracusa Andrea Migneco, nell'ambito di un'indagine penale per abuso paesaggistico (ex art. 181 d.lgs. 42/2004) che, per fatti risalenti al febbraio 2017, chiama in causa l'operato del Comando della Marina militare ad Augusta.

L'indagine, avviata nel luglio 2017, nasce su impulso delle denunce depositate in Procura dal Coordinamento Punta Izzo Possibile che documentavano, attraverso materiale video e fotografico, l'avvenuta esecuzione di lavori edilizi e di trasformazione paesaggistica e ambientale commissionati dal Genio militare per la Marina ed eseguiti da una ditta locale sulla costa di Punta Izzo, in territorio di Augusta: un incantevole sito naturalistico e archeologico affacciato sul Mar Ionio - decantato da Tomasi di Lampedusa per la sua "selvaggia" bellezza e il "mare color dei pavoni" - di cui da oltre 3 anni un comitato di cittadini chiede la smilitarizzazione per farne un parco naturale e letterario e fermare il progetto, voluto dal Ministero della Difesa, di un nuovo poligono di tiro in cemento armato sopra la scogliera.

panoramica di Punta Izzo

In quest'area i lavori oggetto dell'indagine condotta dal Pubblico Ministero,Tommaso Pagano, sono consistiti nella realizzazione di una recinzione, fissata con cemento sulla scogliera a pochi passi dal mare, attorno al fabbricato che fino al 1997 è stato utilizzato come poligono di tiro. Con lo stesso intervento si è inoltre proceduto a murare gli accessi dello stesso manufatto, dopo aver collocato al suo interno rifiuti e scarti edili, sfalci e materiali di risulta di vario genere, per i quali - a norma di legge - si sarebbe dovuto ricorrere a specifica procedura di conferimento e smaltimento in impianti autorizzati. In ultimo, attraverso l'ausilio di mezzi meccanici, la ditta incaricata dal Genio militare ha rimosso la vegetazione mediterranea che, a fatica, nel corso dei decenni era cresciuta ai margini del poligono e sopra il terrapieno un tempo utilizzato per contenere i colpi di arma da fuoco.

Nel complesso si è trattato di opere di assai dubbia compatibilità con il vincolo d'inedificabilità assoluta e le stringenti prescrizioni di tutela che insistono lungo l'intero comprensorio costiero di Punta Izzo. Da qui le denunce di Punta Izzo Possibile e l'apertura di un fascicolo d'indagine da parte della Procura, a cui è seguita la richiesta di archiviazione del PM, giustificata dall'entrata in vigore, nel marzo 2018, della norma del Piano Paesaggistico di Siracusa che esonera arbitrariamente dai vincoli d'inedificabilità "le opere necessarie agli adempimenti propri dell'Amministrazione militare".

lavori al poligono di Punta Izzo

Alla richiesta di archiviazione del PM si sono però opposti gli attivisti di Punta Izzo Possibile, sottolineando come la norma del Piano Paesaggistico fosse manifestamente illegittima (perché contraria alle leggi dello Stato, gerarchicamente sovraordinate) e come, in ogni caso, la condotta di presunto abuso paesaggistico a Punta Izzo si fosse consumata prima della sua entrata in vigore e, di conseguenza, non poteva essere applicata al caso di specie in quanto priva di effetto retroattivo e sanante. Una tesi condivisa in toto dal giudice Migneco, il quale ha pertanto accolto l'opposizione degli attivisti e ordinato al PM l'integrazione delle indagini "iscrivendo nel registro degli indagati i possibili autori della condotta in contestazione". Adesso occorrerà attendere i risultati dell'indagine del PM, che dovrà decidere se richiedere il rinvio a giudizio degli eventuali responsabili del reato oppure reiterare la richiesta d'archiviazione.

rimozione vegetazione a Punta Izzo

Tuttavia, al di là degli esiti dell'inchiesta, l'importanza di questa pronuncia del Gip di Siracusa - ai fini della protezione del paesaggio siciliano e, in particolare, siracusano - consiste nell'aver lucidamente ribadito, come raramente avvenuto fino ad oggi in sede penale, che le opere militari, laddove ne sia programmata la realizzazione in aree protette, non sono affatto legibus solutae ma devono rispettare la normativa paesaggistica e ambientale come avviene per qualunque altra opera dello Stato. E ciò vale per il poligono di Punta Izzo come per tutti gli altri progetti militari che il governo nazionale impone a territori e comunità locali.

E' una conferma, autorevole e superpartes, della fondatezza giuridica della tesi che, da più di un decennio, attivisti e avvocati ambientalisti ed ecopacifisti difendono dentro e fuori i tribunali. E' la dimostrazione che la tesi opposta, secondo cui esisterebbe una sorta di "regime derogatorio pro militari", è del tutto priva di pregio giuridico: anzi è un vero e proprio "equivoco", per usare le stesse parole scelte dai giudici del Consiglio di Stato:

“E' necessario sgomberare il campo da un equivoco secondo cui per le opere militari sarebbe vigente un regime derogatorio avuto riguardo ai procedimento di localizzazione e costruzione; tale conclusione, infatti, è esatta se riferita alla disciplina urbanistica ed edilizia, errata se riferita alla disciplina in materia di beni ambientali e paesaggistici” (sent. Cons. St., IV, 10.11.2005 n. 6312)

Al Gip di Siracusa, dunque, va riconosciuto il merito di aver messo in luce l'operatività di una norma che da anni, purtroppo, viene a più riprese ribaltata nelle aule di giustizia siciliane, sia in sede penale che amministrativa, come dimostra in maniera esemplare la vicenda giudiziaria relativa alla costruzione del Muos nel cuore della riserva sughereta di Niscemi.

Una norma che è ricavabile dalle regole del codice del paesaggio (d.lgs. 42/2004) nonché dalla disciplina dell'ordinamento militare (d.lgs 66/2010). E prima ancora, e molto più agevolmente, dalla nostra Costituzione. Per la quale non può esserci vera "difesa della Patria", civile o militare che sia, senza "tutela del Paesaggio" e del "patrimonio storico e artistico della Nazione".

"Perché - ricorda la Cassazione - la Costituzione attribuisce al paesaggio (art. 9) un valore primario che non può essere sacrificato a quell’altro, di pari dignità, della sicurezza del Paese (art. 52)". (sent. Cass. pen., III Sezione, la n. 12570 del 24.11.1995)

E d'altronde se, come scriveva Benedetto Croce, il paesaggio è davvero "la rappresentazione materiale e visibile della Patria", come può dirsi in "sicurezza" un Paese che offende le proprie bellezze brandendo il feticcio della "difesa nazionale"?

 

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