"Preoccupazione per la base NATO a Taranto"
"Preoccupa il caso di Taranto, dove il Gruppo Ferretti, in mano ai cinesi di Weichai, vuole acquistare lo scalo ex Belleli. Dossier su cui è massima l’attenzione dell’intelligence italiana e del Copasir, che ne chiederà conto al premier nell’audizione di questo martedì. Nel porto pugliese infatti c’è la Nato con le Snf (Standing Naval forces) ma anche parte di una missione chiave dell’Ue in Libia, a guida italiana, Irini".
Poche e chiare parole - pubblicate sul sito Formiche - riaprono l'attenzione geopolitica su Taranto e sulla sua funzione strategica, non tanto in ambito industriale quanto militare.
Formiche è una testata fondata da Paolo Messa, direttore dell'influente think tank Centro Studi Americani, autore de “L’era dello sharp power” nonché direttore relazioni istituzionali Italia della Leonardo.
Taranto è la base Nato (Standing NATO Maritime Group 2 - SNMG2) dove il 18 settembre sono arrivati 200 ventilatori polmonari direttamente dagli Stati Uniti nell'ambito dell'USAID che è l'Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale. L'USAID è la prima organizzazione di assistenza estera degli Stati Uniti ed è stata in passato criticata, ad esempio dal giornalista William Henry Blum, per aver svolto un ruolo di copertura per la CIA.
Le SNF costituiscono il nucleo marittimo della Very High Readiness Joint Task Force e contribuiscono al supporto delle capacità dei Paesi Partner nel Fianco sud dell’Alleanza (Regional Capacity Building). Si legge su Difesaonline: "Le SNFs sono costituite da forze marittime multinazionali poste alle dipendenze dell’Allied Maritime Command (MARCOM) di Northwood (GBR) e le Forze Navali impiegate sono parte integrante della NATO Responce Force".
Taranto sta svolgendo quindi una funzione militare sempre più importante e delicata tanto da allertare l'intelligence in merito alle possibili presenze della Cina nel porto.
L'arrivo del 200 ventilatori polmonari avviene in grande ritardo rispetto alle dichiarazioni dell'amministrazione Trump. Mike Pompeo, segretario di Stato americano lo scorso aprile aveva dichiarato: “Per l’Italia siamo quelli che fanno e che faranno di più”. Ma l'esplosione del coronavirus negli Stati Uniti deve aver ritardato la partenza dei ventilatori.
La competizione dell'amministrazione Trump con la Cina è nota da tempo ma la soglia di attenzione è aumentata particolare quando il 26 aprile scorso un carico di dispositivi di sicurezza, proveniente dalla Cina su un aereo Boeing 747 è partito da Zhengzhou, è atterrato a Bari con 65 tonnellate di prodotti per combattere il coronavirus. Molte mascherine che hanno circolato in questi mesi in Puglia avevano stampigliati i caratteri cinesi sulle confezioni di plastica. Il dirigente della Protezione civile regionale, Mario Lerario aveva dichiarato che erano "la scorta di sicurezza per tutto il sistema sanitario regionale".
E' del tutto evidente come la crisi dell'ILVA sia strettamente tenuta sotto controllo per ragioni anche geostrategiche.
"Le unghie del dragone cinese - si legge su Difesaonline - potrebbero presto aggranfiare le infrastrutture strategiche di Taranto. Ad avvisare Palazzo Chigi di questo pericolo è stato il presidente del Copasir, l'on. Raffaele Volpi: "In riferimento alla più ampia questione degli interessi di aziende cinesi ad asset strategici nazionali, il Copasir, nella sua funzione istituzionale, ha già [...] acquisito un documento di sintesi, da parte degli organismi di intelligence, sugli interessi espressi da compagnie cinesi verso l’area strategica di Taranto ovvero gli impianti industriali Ilva e l’affidamento della gestione del porto della città pugliese" e chiedendo all'esecutivo di prendere le "conseguenti determinazioni" per salvaguardare questi importanti poli logistico-industriali nazionali sulle coste dello Ionio. In particolare l'interesse dei cinesi si sarebbe rivolto proprio sullo scalo portuale tarantino, uno dei più importanti in Italia, situato nel cuore del Mediterraneo, a cavallo delle rotte commerciali euro-mediterranee. Soprattutto il porto di Taranto è situato a 172 miglia nautiche (318,544 km) dalla rotta Suez-Gibilterra, il grande serpentone mercantile del Mare Nostrum, ed è per questo caduto nell'orbita del capitale di Stato cinese interessato ad espandere le reti commerciali di Pechino nei mari caldi".
La questione agita il mondo dell'intelligence italiano, probabilmente su impulso dell'amministrazione Trump, che ha ormai dichiarato guerra economica alla Cina.
"Interessi della Cina - si legge sul Quotidiano di Puglia del 23 agosto 2020 - sul porto di Taranto e sull'Ilva. Il Copasir ha acquisito un documento di sintesi, da parte degli organismi di intelligence, sugli interessi espressi da compagnie cinesi verso l'area strategica di Taranto ovvero gli impianti industriali Ilva e l'affidamento della gestione del porto della città pugliese".
Ultima osservazione: come mai invece la NATO e l'intelligence non avevano avuto alcuna preoccupazione per l'arrivo degli indiani di ArcelorMittal? Molto semplice la risposta: la multinazionale dell'acciaio insediatasi a Taranto ha un ottimo rapporto con l'Alleanza Atlantica, tanto che - si legge sul suo sito - il quartier generale della NATO a Bruxelles è stato costruito con l'acciaio di ArcelorMittal.
Alla fine di questa storia si scopre che la vera funzione strategica di Taranto non è quella relativa all'acciaio, ormai in crisi, ma è quella relativa alla sua funzione militare e geopolitica. Una sua "conquista economica" da parte della Cina equivarrebbe ad una "conquista militare". E di qui deriva la grande attenzione con cui l'intelligence americana guarda all'attuale crisi dell'ILVA e alle prospettive di riconversione del porto e del tessuto economico di Taranto, in cui si potrebbe incuneare la potenza economica di Pechino.
Altre info su https://www.tarantobuonasera.it/news/95333/guerra-al-covid-taranto-strategica-2/
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