La spesa militare al tempo del Covid-19: così la pandemia aumenta le diseguaglianze
Non si era ancora usciti dalla crisi finanziaria del 2008 e dalle conseguenti disastrose politiche di austerità, che si è piombati in una crisi sanitaria, economica e sociale dovuta alla emergenza Covid. Tuttavia differentemente da quel periodo, come scrive la Banca d’Italia nella nota “Le misure di politica monetaria dell'eurosistema in risposta all'emergenza causata dalla pandemia di covid-19”, sia le banche centrali con una politica monetaria che i governi con interventi pubblici di politica fiscale, hanno provveduto a iniettare liquidità per governare la crisi: “In tutti i principali paesi le autorità monetarie hanno adottato misure espansive straordinarie per garantire liquidità sui mercati, sostenere il credito a famiglie e imprese e stimolare la domanda di beni, servizi e investimenti”. https://www.bancaditalia.it/media/notizie/2020/misure-polmon-Eurosistema-pandemia.pdf
Non è ancora sicuro se il nuovo strumento europeo del Recovery Fund, o Next Generation Eu, costituirà un vero cambio di rotta oppure si chiederà di rientrare in quei paletti fissati dai trattati come il rientro dal debito pubblico. Se così fosse si risolverà in un ulteriore aumento della disuguaglianza tra ricchi e poveri https://www.trend-online.com/prp/ricchi-poveri/ . Impedire una deriva di questo tipo vuol dire mettere in atto un agire politico collettivo imponente contro determinate scelte come quella di aumentare le spese militari già previste per il 2021 in Germania , Gran Bretagna, Italia, Macedonia , Svezia, Francia, e via via in gran parte dei paesi grandi o piccoli che siano. Oggi non è più possibile negare il connubio fra capitalismo e militarismo, fra tecnica e organizzazione sociale e produttiva della società. Continuare a ignorarlo significa non aver capito che parlare di guerra e di armi significa non solo denunciare i disastri economici e sociali che producono, ma inoltrarsi in un universo di senso e di significati capaci di incidere sull’immaginario di intere generazioni. Basti pensare al fungo della bomba atomica di ieri, ai film e alle canzoni che non si dimenticano, oggi alla cibernetica e alla genetica, alle protesi bioniche e ai robot, ai droni e agli insetti geneticamente modificati.
Depressione, “distruzione creatrice” e guerra non sono solo un fatto economico: la guerra può distruggere per ricostruire, ma si può distruggere il vecchio per il nuovo con l'innovazione o si può distruggere un assetto geopolitico mondiale per dar luogo a un assetto differente. L’industria bellica da una parte alimenta con armi sempre più sofisticate guerre che causano povertà e immigrazione, dall’altra fornisce soluzioni tecnologiche per distruggere quelle stesse armi e per impedire ai rifugiati di trovare salvezza altrove. Parallelamente con le Forze Armate propaganda i suoi elicotteri e aerei chiamati "ambulanze volanti" per il trasporto di pazienti infettivi in modalità bio-contenimento.
Nell’intervista "Le spese militari vadano alle vere difese del Paese: sanità pubblica, ospedali e lavoro" pubblicata dall’Espresso*, James K. Galbraith, docente all’Università di Texas ad Austin, parla dell'effetto del Covid sull'economia statunitense e globale mettendo sotto accusa il sistema capitalistico nel suo complesso senza isolare il tema delle spese militari come fosse una sfera indipendente: “Occorre creare un nuovo sistema. La pandemia ha dimostrato che abbiamo un’economia forse efficiente, ma estremamente fragile e ingiusta. E ora si sta sgretolando di fronte ai nostri occhi”. La stessa idea di sicurezza, associata a quella militare come proiezione di potere tipica di alcune dinamiche politiche e di potenti attori che spingono per l’avventurismo e per le spese militari, deve essere interpretata in modo ampio come sicurezza sociale ed economica. In sostanza bisogna decidere se sottomettersi al capitalismo del disastro o rivendicare un cambiamento totale.
Commissione Europea versus Commissione Geopolitica e NATO https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_19_5542
Per la prima volta nella storia l'Unione Europea ha presentato nel suo QFP- quadro finanziario pluriennale 2021-2027, una sezione sulla difesa e la sicurezza. Quella che a lungo era considerata un'area politica vietata si è ora trasformata in una realtà finanziaria: un primo vero riconoscimento “ufficiale” che la difesa entra a pieno titolo fra le politiche europee. Fino a poco tempo fa i progetti dovevano camuffarsi come “duali” per potersi infilare nei finanziamenti alla ricerca. Anche se l’emergenza coronavirus ha quasi dimezzato i fondi per l’European Defence Fund (Edf) da 13 a 7 miliardi di euro, i fondi per la Military Mobility da 6,5 a 1,5 miliardi e per l’European Peace Facility da 10 a 5 miliardi, rimangono sempre 13,5 miliardi di spesa in sette anni. https://www.europeansources.info/record/negotiations-relating-to-the-eus-multiannual-financial-framework-mff-2021-2027/
A novembre l’Agenzia europea per la difesa ha emesso un comunicato nel quale vengono indicate “sei capacità di forte impatto e di prossima generazione quali aree cruciali per gli sforzi congiunti europei di rafforzamento”: Carro armato da battaglia, Natante europeo di superficie della classe delle motovedette, Sistemi soldato, Contrasto degli UAS/ Anti accesso/Area negata, Difesa nello spazio, Mobilità militare rafforzata. https://www.eda.europa.eu/docs/default-source/press/card/press-release---card-report_it.pdf
Uno studio presentato il 20 novembre dall’Agenzia europea sostiene che i paesi dell'Unione non spendono abbastanza per la ricerca e la tecnologia della difesa, mettendo così in dubbio la loro capacità di raggiungere l'autonomia strategica europea. https://www.eda.europa.eu/docs/default-source/eda-factsheets/2020-11-20-card.pdf A dimostrazione che sul concetto di autonomia strategica non vi sia una comprensione uniforme, si è osservato che quando si parla di pianificazione della difesa i paesi dell'UE mettono le priorità europee solo al terzo posto, dopo gli interessi nazionali e della NATO. Anche l’acceso confronto che si è aperto fra il ministro della difesa tedesco Annegret Kramp-Karrenbauer e il presidente francese Emmanuel Macron ne è una riprova. Per Annegret Kramp-Karrenbauer gli Stati Uniti sono l'alleato più importante della Germania: “Senza le capacità nucleari e convenzionali degli Usa la Germania e l'Europa non possono proteggersi, Ue e Stati Uniti devono essere partner alla stessa altezza, l'Europa non deve apparire un protetto bisognoso degli Usa e senza le capacità nucleari e convenzionali degli Stati Uniti, la Germania e l’Europa non possono proteggersi. Questi sono fatti che fanno riflettere”. Dunque per il ministro tedesco le illusioni di autonomia strategica europea devono finire perché gli europei non sono in grado di sostituire il ruolo cruciale dell’America come fornitore di sicurezza.
Viceversa il concetto di autonomia strategica è fortemente sostenuto da Macron. A febbraio, di fronte agli allievi dell’École militaire di Parigi, aveva ipotizzato la partecipazione di altri Paesi europei ai test sulla deterrenza nucleare condotti dalla Francia (nella Legge sulla programmazione militare 2019-2025 sono previsti 37 miliardi di dollari per modernizzare l’intero arsenale), oggi si è detto profondamente in disaccordo con la posizione tedesca e ha descritto il suo argomento come un “errore strategico interpretativo”. In una intervista al quotidiano Economist sostiene che l’Europa deve rapportarsi sullo scacchiere internazionale come una “potenza globale”: deve diventare autonoma in termini di strategia e capacità militari.
In Italia chi non è d’accordo con Macron è il generale Vincenzo Camporini, consigliere scientifico dello Iai e già capo di Stato maggiore della Difesa. Camporini ritiene che l’Europa dovrebbe essere in condizione di operare nel quadro Nato con capacità autonome, e agire da sola in un ambito geografico che le viene assegnato (“division of labour” tra Ue e Nato per aree di competenze). Gli Stati Uniti si prenderebbero la responsabilità sull’area dell’Indo-Pacifico, l’Europa invece sul Mediterraneo e sul Medio Oriente. https://citygenova.com/nato-ue-dove-sbaglia-macron-scrive-il-gen-camporini/ Nell’articolo “Verso la Dual Army europea: la proposta SPD del 28° esercito” scritto con Domenico Moro, accoglie il documento della SPD in cui si prospetta la creazione di “un esercito europeo in aggiunta a quelli nazionali, posto sotto il controllo delle istituzioni europee”, come una buona base da portare all’attenzione della prevista Conferenza sul futuro dell’Europa, la sede in cui discutere del ruolo dell’Europa nel mondo e del modello che l’UE intende darsi nel settore della difesa. https://www.eurobull.it/verso-la-dual-army-europea-la-proposta-spd-del-28o-esercito?lang=fr
La posizione del ministro della difesa Lorenzo Guerini è quella storica dell’Italia: “la linea italiana promuove l’autonomia strategica del Vecchio continente, ma non la sua interpretazione radicale alla francese, intesa come indipendenza dall’alleato d’oltreoceano. la Difesa comune è un rafforzamento necessario e complementare alla Nato, pilastro imprescindibile della nostra difesa collettiva”.
Lo studio “Europe of Defence in the New World (Dis)Order: Choices for Italy” dello IAI si sofferma in particolare sul ruolo che l’Italia dovrebbe avere nel contesto descritto dal generale Camporini: “l’Italia deve prendere una posizione chiara in una Ue a 27 post-Brexit in cui – anche alla luce del nuovo ruolo svolto dalla Commissione europea – le diverse prese di posizione sul livello di autonomia strategica e sulle relazioni transatlantiche devono essere bilanciate in nuove modalità. Detto ciò, un nuovo e più solido “centro di gravità” della difesa europea potrebbe istituirsi, a patto che Roma riesca a inserirsi pienamente nel motore franco-tedesco per l’autonomia strategica”. https://www.iai.it/sites/default/files/iai2020.pdf
Rimanendo sul fronte europeo, con il documento “Esportazione di armi: attuazione della posizione comune”, il Parlamento europeo ha evidenziato diverse valutazioni fondamentali per capire come opera l’Europa sul tema. Ricordando che il SIPRI pone l’Europa dei 28 al secondo posto dopo gli USA come fornitore di armi nel mondo, elenca una serie di considerazioni, inviti e sottolineature:
- a livello mondiale si sta diffondendo una nuova corsa agli armamenti e le principali potenze mondiali non ricorrono più al controllo degli armamenti e al disarmo per ridurre le tensioni internazionali e migliorare il clima di sicurezza mondiale; la crisi globale causata dalla pandemia del COVID-19 potrebbe avere ripercussioni geostrategiche significative; necessità di una autonomia strategica europea e di rafforzare la base industriale e tecnologica; maggiore cooperazione e convergenza nel settore del controllo delle esportazioni; utilizzo di informazioni diverse per generare dati relativi al valore delle licenze; mancanza di trasparenza; paesi del Medio Oriente e Nord Africa continuano ad essere la prima destinazione regionale delle esportazioni; infine osserva che non esiste alcun meccanismo sanzionatorio qualora uno Stato membro effettui esportazioni chiaramente incompatibili con gli otto criteri. (Questi otto criteri comuni, norme minime, devono essere presi in considerazione dagli Stati membri al momento di valutare le domande di licenza d'esportazione di tecnologia e attrezzature militari) https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DOSSIER/0/941304/index.html?part=dossier_dossier1-sezione_sezione2-h3_h34
Nel documento si faceva riferimento alla decisione di trasformare la relazione annuale in una banca dati online interattiva e affidabile consultabile dal 26 ottobre. Secondo il database europeo, il valore delle licenze dei paesi europei nel 2019 è stato di 138 milioni di euro, quello delle esportazioni francesi di 98 miliardi (quello dell’export è di 10,3 miliardi). Cioè oltre il 70% del valore delle licenze di esportazione all’estero è francese. Per la Germania il valore delle licenze è stato di 8,04 miliardi, per la Spagna di 10 (è al secondo posto), il Regno Unito 5,8. L’Italia è in calo con un valore delle licenze pari a 4 miliardi. https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/8465/arms-export-control_en Come già commentato da più parti, il governo italiano nel 2019 ha autorizzato esportazioni di sistemi militari per 5,2 miliardi di euro. Fra gli importatori di armi italiane spiccano Egitto (commesse per 872 milioni di euro) e Turkmenistan (446 milioni di euro), Regno Unito (419 milioni), Arabia Saudita, Turchia, Thailandia, Marocco, Israele, India, Nigeria e Pakistan. Come si può verificare dal “Normandy Index”, un indice del Parlamento europeo che misura la minaccia alla pace considerando non solo fattori tradizionali come i conflitti armati e il terrorismo, ma anche l’insicurezza energetica e il cambiamento climatico, la maggior parte di questi paesi si trovano al di sotto della media mondiale (si va dal primo posto della Norvegia con 9,34 punti su 10, poi Australia, Svizzera, Unione Europea all’undicesimo posto, USA 48esimi, Cina e Russia, 89esimo e 107esimo. all’ultimo posto con 1,82 punti vi è la Repubblica Centrafricana, seguita da Siria, Yemen, Somalia, Sud Sudan). https://www.europarl.europa.eu/thinktank/infographics/peaceandsecurity/index.html#/normandy-index
La NATO nel frattempo pubblicava il documento “Science & Technology Trends2020-2040” https://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/2020/4/pdf/190422-ST_Tech_Trends_Report_2020-2040.pdf Il rapporto esamina le tendenze della tecnologia di difesa da qui al 2040 con un occhio di riguardo verso i Big data, intelligenza artificiale, missilistica ipersonica e sistemi autonomi. Come da anni raccontano le future armi dovrebbero essere intelligenti, interconnesse, distribuite e digitali e dunque le aree tecnologiche sulle quali muoversi saranno le già conosciute dei dati, intelligenza artificiale, automazione, spazio e ipersonica, mentre la quantistica, biotecnologia e materiali hanno bisogno di maggiore sviluppo. Le otto aree potranno sovrapporsi e combinarsi, come nel caso dei dati-intelligenza artificiale-biotecnologie, contribuendo “alla progettazione di nuovi farmaci, modifiche genetiche mirate, manipolazione diretta delle reazioni biochimiche e sensori viventi”. La NATO ha già in corso alcuni progetti relativi all'IA, tra cui il progetto Military Uses of Artificial Intelligence, Automation, and Robotics e il NATO Data Science Center . Il primo progetto fa parte della Multinational Capability Development Campaign guidata dagli Stati Uniti e ha lo scopo di esaminare le possibili applicazioni in aree come la difesa aerea e missilistica. Lo scopo del Data Science Centre è riunire le competenze esistenti nel campo della scienza dei dati all'interno della NATO sotto un'unica struttura. Il problema e/o obiettivo principale è mantenere un vantaggio tecnologico. Negli ultimi anni la NATO ha prestato attenzione alla Cina come attore della difesa e della sicurezza, i cui investimenti sostenuti ed estesi nell'IA non sono passati inosservati, e al presidente russo Vladimir Putin che ha anche sottolineato l'importanza dell'IA nel quadro della rivalità tra grandi potenze. Nel febbraio 2019 ha adottato una strategia nazionale di IA e l'Università statale di Mosca dovrebbe diventare sede di un istituto di intelligenza artificiale entro la fine del 2020.
Ma la NATO ha ancora ragione di esistere visto che era nata con il confronto Est Ovest? Al questa domanda che in molti si fanno, la NATO risponde che il suo problema è capire non se, ma come sopravvivere. Esperti esterni alla NATO si sono detti preoccupati della troppa litigiosità interna perché se si continua così si mette in pericolo la sicurezza collettiva visto che “Sarà un mondo di grandi potenze in competizione, nel quale Stati assertivi con agende di politiche estere revisioniste cercano di espandere il proprio potere e influenza, e nel quale gli alleati della Nato dovranno affrontare ancora una volta una sfida di sistema che attraversa i campi della sicurezza e dell’economia”. “NATO 2030:United for a New Era” https://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/2020/12/pdf/201201-Reflection-Group-Final-Report-Uni.pdf E meno male che l'Alleanza ha il vantaggio di avere 30 membri che spendono circa mille miliardi di dollari (2019) in difesa! https://natowatch.org/sites/default/files/2019-07/briefing_68_nato_defence_ministerial.pdf
L’Italia fra Europa e NATO: le linee guida e le spese militari
Il 3 novembre durante l'audizione presso la Commissione Difesa, il capo di Stato maggiore della Difesa Enzo Vecciarelli , ha incredibilmente dichiarato che nel conflitto in atto nel Nagorno Karabakh “i due opponenti, seppur di modeste dimensioni, dispongono di sistemi d’arma complessi e altamente letali quali ad esempio i missili balistici a corto raggio, contro i quali oggi noi non saremmo capaci di difenderci adeguatamente, non disponendo di dispositivi contromissili Cruise”. Anche in Libia “i dispositivi militari messi in campo sono ben più avanzati di quanto possa suggerire il confronto in atto”. È il caso di droni armati e di sistemi di anti-aerea sofisticati, tecnologie “tra quelle più critiche per la nostra difesa”. Tuttavia ha ringraziato il governo per aver declinato il bilancio della Difesa in chiave Nato avvicinando il rapporto budget Difesa/Pil all’1,58% ( media NATO). Per quanto riguarda l’area del Mediterraneo, di particolare interesse italiano, denuncia una caduta di capacità politica rispetto al passato. Oggi il Mediterraneo “è divenuto un’area multivettoriale a complessità crescente, dove la competitività strategica tra Stati è più marcata, tanto da minare le basi della valenza nazionale presso interlocutori di primo piano per l’Italia, destando giustificata preoccupazione.” https://webtv.camera.it/evento/17015
Riguardo al Mediterraneo, il 5 Novembre 2020 la Camera ha approvato la proposta di legge “Istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale”. La proposta di legge ordinaria trova il suo fondamento giuridico nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare che ha adeguato il diritto del mare al riconoscimento degli interessi degli Stati costieri, rispetto alla quale lo Stato costiero è titolare di una serie di diritti e doveri. La zona economica esclusiva non può estendersi al di là di 200 miglia marine dalle linee di base da cui è misurata la larghezza del mare territoriale. https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/ES0225a.Pdf
Diversa è la posizione dell’ Amm. Luigi Binelli Mantelli, già capo di stato maggiore della Difesa, che a proposito dell’intervento di Vecciarelli sulla necessità di una difesa antimissile di ultima generazione, velivoli d’attacco a pilotaggio remoto, sistemi antiaerei sofisticati, cyber defense e warfare, risponde chiamando in causa il costosissimo F35, il programma Tempest e l’EFA (la cui completa acquisizione e terminata solo poche settimane fa). Inoltre precisa che non ha senso finanziare gli investimenti senza un aumento della voce Esercizio, cioè addestrare e tenere in efficienza le FFAA (decurtato nell’ultimo decennio di oltre il 50% in valore monetario). Ciliegina sulla torta, riesuma la vecchia competizione fra Marina e Aeronautica: “I caccia F-35/Stovl all’Aeronautica uno spreco di denaro pubblico” https://www.lastampa.it/cronaca/2020/02/07/news/i-caccia-f-35-stovl-all-aeronautica-uno-spreco-di-denaro-pubblico-1.38438781
Nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2019 della Corte dei Conti si riporta la posizione dell’Italia nella NATO che, con il suoi 24,4 miliardi di dollari nel 2019, si colloca al quinto posto per spesa in termini assoluti. Al primo posto ci sono gli USA (730mld), UK (60,7 mld), Germania (54,75) e Francia (50,7mld). Si trova invece al tredicesimo posto, in termine pro capite, con 385 dollari per abitante. Quanto al programma F-35, il documento riporta ampie considerazioni (qui si riportando alcune parti): Finora i costi sostenuti dall’Italia ammontano a 4.445,5milioni di euro, di cui 663,87 milioni nel 2019. Includendo anche i costi per lo stabilimento di Cameri (937,8 milioni) e l’adeguamento dei siti nazionali (256,3 milioni), il costo ascende a 5.639,6 milioni. La fase di sviluppo propriamente detta si è conclusa nel 2018; tuttavia, essa non è approdata al raggiungimento integrale delle capacità operative attese, ed è pertanto in corso una fase di “modernizzazione successiva” che durerà fino al 2026 (cd. Block4), destinata a integrare il livello di contenuti tecnologici e capacitivi già ottenuti con nuovi elementi, che sono considerati essenziali per raggiungere la piena capacità di combattimento. Si tratta in sostanza di un’ulteriore fase di sviluppo (il cui andamento mostra ritardi perché è stata consegnata solo una delle 8 ulteriori capacità previste per il 2019) che si sovrappone per ora alla fase di produzione a bassa intensità, e per il futuro a quella di produzione a pieno regime, generando problemi di adeguamento dei velivoli già consegnati e conseguenti costi a carico dei Partner. I ritorni industriali finora maturati con la stipula di contratti si attestano a oltre 3,67miliardi di dollari attualizzati (di cui 3.035 per Leonardo S.p.A., 276 milioni per grandi imprese e 132 per le P.M.I.), mentre la previsione per il futuro volume complessivo delle opportunità industriali per l’Italia è pari a 15 miliardi di dollari attualizzati (di cui 11.269 per Leonardo, 1.54 1per le grandi imprese e 1.222 per le P.M.I.). La stima dei ritorni occupazionali generati da parte dell’industria è di 2.702 effettivi. https://www.corteconti.it/Download?id=6e89a16d-79f9-49fe-b87f-bf798a813598
Poco dopo l’audizione del ministro della Difesa Guerini, anche il Presidente della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) Guido Crosetto è intervenuto presso la IV Commissione permanente della Camera per dire che la nuova finanziaria ha dato dignità alla Difesa italiana, grazie al fondo pluriennale previsto che consentirà di programmare gli investimenti in futuro. Nella sua audizione Guerini https://webtv.camera.it/evento/17124 ha infatti fatto riferimento ad una dotazione di 12,7 miliardi di euro in 15 anni: “uno snodo sostanziale per gli investimenti di settore”, una novità attesa da tempo dal comparto per avere certezza finanziaria e programmatica. Presentando il Documento Programmatico Pluriennale 2020-2022, il ministro ha sottolineato la sua intenzione di arrivare ad ottenere un aumento del bilancio della Difesa di un miliardo e mezzo per i prossimi tre anni (arrivare a 1,58%). https://www.difesa.it/Content/Documents/DPP/DPP%202020-2022.pdf
Per quanto riguarda il Recovery Fund, Guerini ha posto l’attenzione sull’innovazione e sullo sviluppo di tecnologie di base, dall’intelligenza artificiale alla Big data analytics, fino a Internet of Things e osservazione della Terra dallo Spazio: "stiamo collocando la frontiera della Difesa non sui sistemi di arma che sono fuori dal programma e attengono piuttosto "allo European defence fund (Edf), quanto sul pilastro della "transizione digitale", su cui "potremo fare molto" in termini di "progetti da mettere in campo". Ha poi ricordato che "il mondo della Difesa spesso anticipa la ricerca, ciò che poi transita nel modo civile". "Vorrei poi che ricordassimo che il vantaggio tecnologico è un pezzo della nostra sovranità nazionale. Laddove abbiamo dismesso produzioni abbiamo dipeso dall'estero. Il vantaggio tecnologico non è astrazione", ha concluso. Queste considerazioni, forse Guerini non lo sa, non trovano più riscontri da tempo né nei documenti delle Forze Armate, né in quelli emessi da Istituti e riviste specializzati in politica estera e di Difesa, Centri di ricerca e Università a livello nazionale e internazionale.
Nel Documento Programmatico, Guerini descrive uno scenario che dovrebbe legittimare un cospicuo aumento della spesa militare: “Lo scenario internazionale non presenta, infatti, alcun tendenziale miglioramento. Al contrario, la pandemia sta ulteriormente aggravando contesti già complessi, sotto il profilo economico e sociale”, conseguentemente “l’Italia manterrà un ruolo di primo piano nelle operazioni di risposta alle crisi attraverso un equilibrato impiego di tutte le componenti dello strumento militare”. In questo contesto “il processo di ammodernamento delle Forze Armate richiede necessariamente una base industriale nazionale solida e capace di sviluppare prodotti all’avanguardia. Un’Industria della Difesa efficiente e competitiva rappresenta, infatti, una componente strategica della nostra sovranità nazionale, poiché consente di non dover dipendere dalla tecnologia e dai prodotti esteri e pone l’Italia nel ristretto novero delle Nazioni che, potendo vantare un settore industriale di comprovata esperienza, possono presentarsi come partner strategici sul piano della cooperazione bi/multilaterale” nonché svolgere un ruolo da protagonista nell’ambito dei più importanti programmi internazionali. Nella convinzione che la domanda pubblica debba, in questo speciale momento, porre particolare attenzione alla promozione di nuovi business per incidere strutturalmente sull’economia, la Difesa favorirà pertanto l’accessibilità del ricco carico di innovazione derivante dai propri programmi a beneficio dell’intero tessuto imprenditoriale.
Il DPP fa presente che la legge di bilancio per il 2020 (L.160/2019) ha autorizzato per lo stato di previsione del Ministero della difesa spese finali, in termini di competenza, per 22.941,8 milioni di euro nel 2020 (pari al 1,38% del PIL previsionale di 1.661.432 milioni di euro), 23.005,6 milioni di euro (1,30%) per il 2021 e 22.920,4 milioni di euro (1,20%) per il 2022. Con riferimento al trend del budget relativo alle "Risorse destinate alla difesa", comprensive di quelle per le missioni internazionali allocate nello stato di previsione del MEF, dei finanziamenti allocati presso il Mi.S.E. e dei costi relativi alla funzione di polizia dei carabinieri, si registra come nell'ultimo decennio vi sia stato un andamento altalenante ma comunque in crescita, passando dal valore di 23.655,6 milioni di euro del 2008 all'importo di circa 26.020,2 milioni di euro di euro del 2020.
Programmi:
Missilistici: munizione guidata Vulcano per la Marina (500mila euro nel 2020), aggiornamento dei missili Aster 15 e Aster 30 (2 milioni 2020). Sistema di difesa missilista a corto-medio raggio Camm-Er, 11 milioni nel 2020 per un totale di 95 fino al 2025. Per la componente terrestre è previsto un veicolo tattico multiruolo per le operazioni speciali (3 milioni nel 2021 su 15 milioni in quattro anni per la Fase 1). In ambito interforze: nuova “piattaforma aerea multi-missione multi-sensore” basata sul G-550 (1,2 miliardi fino al 2032). Per l’Aeronautica aggiornamento di mezza vita dei Predator B (5 milioni quest’anno su 343 in quattordici anni). Per la Marina: studio, sviluppo e acquisizione di due nuovi cacciatorpediniere (2 milioni nel 2021 e 2,5 nel 2022).
Spazio: terzo e quarto satellite della seconda generazione di Cosmo-SkyMed ( 75 milioni in quest’anno e circa 230 in tutto il triennio), satellite Sicral-3 per telecomunicazioni ( 25 milioni nel 202)1. 62,4 milioni in sei anni per la partecipazione ai programmi europei Pesco, Edipd ed Edf. A questi 62,4 milioni sono poi da aggiungere i piani di spesa per progetti specifici già approvati. Ripristino della viabilità stradale di Roma capitale (10 milioni quest’anno e 5 il prossimo. Si tratta di “acquisire veicoli, assetti ed equipaggiamenti destinati alle attività di ripristino e riparazione delle infrastrutture stradali della città”).
Programmi “operanti”: elicotteri NH90, addestratori M-345 e M-346, veicolo blindati Centauro 2 e seconda versione del veicolo multiruolo Lince (6,98 milioni quest’anno, 12,9 il prossimo e 30 nel 2022). Programma congiunto con la Francia: Fregate europee multi-missione (348 milioni di euro nel 2020). Per gli F-35 vengono confermati gli impegni di spesa con una leggera rimodulazione. Il Dpp dello scorso anno prevedeva per il 2020 859 milioni, che ora scendono invece a quota 800; per il 2021 confermati 747 milioni. Si tratta comunque della sola Fase 1 relativa ai primi 28 velivoli. Il nuovo Documento inserisce anche la Fase 2 relativa alla prosecuzione dell’acquisizione di 27 velivoli e relativi motori ed equipaggiamenti, nonché il potenziamento del supporto logistico”, con 126 milioni quest’anno e 203 il prossimo. "L’avvio della Fase 2° si inserisce in una ponderata strategia di compressione temporale del programma che garantirà un significativo risparmio sugli oneri complessivi quantificabile in circa 1 miliardo di euro, nonché la piena disponibilità operativa dell’assetto dal 2030 (anziché 2034)”.
Prosegue anche il Light Utility Helicopter ( 16,8 milioni quest’anno e per il prossimo 23 milioni). Nuovo elicottero da esplorazione e scorta (Nees) con 55 milioni quest’anno e 121 il prossimo. Realizzazione della seconda nave di supporto logistico Lss e acquisizione dei sottomarini U212 Nfs. Programma “Soldato sicuro” per l’Esercito (71 milioni nel 2020 e 79 il prossimo anno. Il fabbisogno riguarda oltre 66mila sistemi).
Fra le“ulteriori esigenze prioritarie da finanziarie” vi è lo sviluppo di un nuovo caccia europeo di sesta generazione (Tempest) in collaborazione con Regno Unito e Svezia rispetto alla cordata Francia-Spagna-Germania. “Acquisizione della capacità Future Vertical Lift (Fvl)”, ovvero la rivoluzione nel campo dell’elicotteristica in arrivo dagli Stati Uniti e che vede l’elevata attenzione da parte dell’Italia. Restano privi di finanziamento la cura dell’obsolescenza, il potenziamento e l’aggiornamento per i velivoli tanker KC-767 e da trasporto C-130J. Stesso destino per l’ammodernamento di mezza vita dei cacciatorpediniere classe Orizzonte e l’acquisizione dei cacciatorpedinieri di nuova generazione.
Per quanto riguarda il “fondone” derivante dalla legge di bilancio (che per la difesa dovrebbe valere 2,4 miliardi per il periodo 2020-2034) sono previsti 411 milioni per la nave Lss, 348 milioni per il veicolo tattico multiruolo medio “Orso”, 110 milioni per il Lince 2, 206 milioni per il veicolo blindato anfibio (Vba) della Marina, e 620 milioni per il cacciatorpediniere Ddx, circa 200 milioni per l’elitocottero Luh tra Esercito e Carabinieri. Il Documento cita tra l’altro anche i finanziamenti del fondone tramite il Mise in cui rientrano 613 milioni per il sottomarino U-212 e 600 milioni per gli Eurofighter.
* Stati Uniti. "Le spese militari vadano alle vere difese: sanità pubblica, ospedali e lavoro" di Giuliano Battiston - L'Espresso, 22 agosto 2020 http://www.ristretti.org/index.php?option=com_content&view=article&id=92841:stati-uniti-qle-spese-militari-vadano-alle-vere-difese-sanita-pubblica-ospedali-e-lavoroq&catid=220:le-notizie-di-ristretti&Itemid=1
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Netanyahu ha bombardato ospedali e scuole, fatto morire di fame bambini, distrutto infrastrutture e alloggi e reso la vita invivibile a Gaza22 ottobre 2024 - Rossana De Simone - Da settembre di quest’anno
Da Roma a Parigi, nasce in Europa la Rete ebraica per la Palestina
A Parigi, nel marzo 2024, 20 gruppi ebraici provenienti da 14 Paesi europei si sono incontrati per la prima volta durante un convegno internazionale in solidarietà alla Palestina. Da lì è iniziato un percorso comune, sotto l’ombrello di European Jewish for Palestine (Ejp).9 ottobre 2024 - Redazione Pressenza Italia
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