Chi autorizza le esportazioni di armamenti in Italia
Le importazioni e le esportazioni di materiali d’armamento non sono libere. Sono regolate principalmente dalla Legge n. 185 del 9 luglio 1990 “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, e a livello internazionale, dal Trattato sul commercio delle armi (ATT, Arms Trade Treaty) approvato dall’Assemblea Generale dell’ONU e in vigore dal 24 dicembre 2014.
La movimentazione di armi deve essere conforme alla Costituzione e alla politica estera e di difesa dell’Italia. Al controllo provvede un organismo istituito nel 2012: l’Autorità nazionale UAMA (Unita’ per le autorizzazioni dei materiali d’armamento), incardinata nel Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale ma composta in maggioranza da rappresentanti di altre amministrazioni (Ministeri della Difesa e dell’Interno e l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli). In alcune fasi è previsto l'intervento di altri Ministeri, tra cui il MEF (Economia e Finanze). L'organismo, che rilascia varie tipologie di autorizzazioni, deve garantire l’applicazione delle norme anche europee ed internazionali, negando ad esempio le autorizzazioni ad esportare verso paesi soggetti ad un embargo ONU o Europeo o in cui si sia determinato uno stato di guerra in violazione della Carta delle Nazioni Unite. Le decisioni riguardanti la politica estera e di difesa sono soggette ai precisi indirizzi del Governo.
L’audizione del 23 febbraio 2021 e le autorizzazioni ad esportare in Arabia Saudita
Quelle appena indicate sono le prime informazioni fornite dall’attuale Direttore della UAMA Alberto Cutillo (diplomatico con il grado di Ministro Plenipotenziario) durante un'audizione davanti alla Commissione Difesa della Camera dei Deputati, nell’ambito dei lavori in atto per emendare alcuni Accordi con il Qatar e con il Sud Africa. Il diplomatico ha illustrato le quattro fasi della procedura (semplificate in presenza di Stati membri dell’UE, dove le imprese possono liberamente avviare trattative, e in parte in presenza di paesi aderenti alla NATO) e precisato che le imprese non possono mai vantare aspettative circa l'esito, dato che le condizioni già valutate possono mutare rapidamente. Attualmente la procedura potrebbe essere avviata da 330 imprese, iscritte ad un apposito Registro. Ma in concreto – come precisato in seguito - le imprese operative sono circa 115, di cui 10 effettuano il 90% delle operazioni (N.d.r.: alcune sono partecipate dallo Stato).
Ma si arriva al cuore dell'audizione quando le domande si concentrano sulla revoca di 6 autorizzazioni ad esportare bombe e missili verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi, decisa nei confronti di un’azienda operante in Italia nel gennaio 2021 (N.d.r.: RWM Italia S.p.a. del gruppo tedesco Rheinmetall, con sede a Ghedi, BS, e stabilimento di produzione a Domusnovas in Sardegna), dopo una Risoluzione del Parlamento del 2019 ed un provvedimento di sospensione. Il deputato Ferrari (Lega Nord) torna due volte sull’argomento, manifestando preoccupazione per la perdita di competitività italiana in un settore così importante per l'Italia e per lo spazio lasciato altri paesi, anche europei. Il momento cruciale – da intercettare tra frasi dai toni molto formali ed attenti da parte di tutti – arriva quando, nel suo secondo intervento, il deputato sostiene che il provvedimento sarebbe infondato, e che di conseguenza l’azienda potrà reagire con un ricorso per rivalersi delle perdite economiche.
Come mai la revoca sarebbe infondata? Il parlamentare adduce motivi formali: è discutibile avere ritenuto che, alla scadenza del periodo di sospensione, dovesse intervenire necessariamente un provvedimento; è discutibile anche avere stabilito una durata - e quindi una scadenza - della sospensione di 18 mesi,non indicando la legge 185/1990 alcun termine. Aggiunge poi un altro motivo di infondatezza (potenzialmente di maggiore interesse): sarebbe “contestabile” la conclusione che, in quel tempo di osservazione di 18 mesi, nell’area in questione non si siano verificati progressi nel processo di pace. Il parlamentare fa questa affermazione senza suffragarla con fatti e argomenti.
Si può ascoltare la breve audizione (circa 50 minuti) - cliccando sull'immagine del video o sul link di collegamento al sito della Camera - completa delle risposte convincenti del Direttore della UAMA sui fondamenti della revoca (l'instabilità politica persistente nell’area interessata e i danni subiti dai civili, nonché l’impossibilità di valutare la convenienza economica prima di adottare decisioni imposte dalla legge 185/1990). Qui si riportano ancora soltanto due dati, tra quelli emersi: negli ultimi 5 anni il volume di armamenti esportati verso il Qatar, secondo paese di destinazione per i produttori italiani, corrisponde a circa 6 miliardi e mezzo di euro (N.d.r.: sappiamo che tra le prime posizioni ci sono grandi importatori di armi come i paesi del Golfo e l'Egitto); sulla base dei rapporti delle Nazioni Unite sulla situazione in Yemen, nel solo 2020 risultano uccisi da bombe dell’Arabia Saudita, a sostegno delle forze governative, almeno 200 civili.
Perché la legge 185 non è mai stata applicata prima
La revoca di 6 autorizzazioni c'è stata ed è qualcosa. Ma ci sono voluti 3 anni per arrivarci e non ha riguardato tutte le armi, come era stato chiesto da alcune forze in Parlamento (posizione invece assunta ad esempio dalla Germania). Seguendo l'audizione, forse ci si potrà fare un'idea del perché, della sensibilità dimostrata sul campo con preparazione meticolosa da chi sostiene le ragioni dell’industria delle armi, spesso senza doversi confrontare con rappresentanti politici favorevoli alla piena applicazione della legge 185/1990.
Le organizzazioni di volontari impegnati per la pace e il disarmo che chiedevano il blocco totale di armi verso la coalizione saudita, considerano comunque questa revoca una vittoria, ed è comprensibile, vista l’esperienza amara di questi anni. Ora, davanti ai conflitti atroci di cui sentiamo l'eco poco distante da noi, ai genocidi e alle tante violazioni di diritti umani, c'è molto da fare. Innanzitutto contrastare la disinformazione, collegando i fatti alle decisioni politiche e non lasciando prevalere imbarazzi e confusione. Abbiamo rifornito paesi in cui le armi sono usate per uccidere e mutilare, per intimidire ed opprimere le popolazioni, e ci sono errori da riconoscere senza voltarsi dall'altra parte. Scegliere tra diversi interessi si può; si può dare corpo alle idee e alle pratiche di nonviolenza e promuovere attività economiche socialmente più vantaggiose (la legge 185/1990 prevedeva una riduzione graduale degli armamenti, non certo un loro così florido sviluppo).
Tra i luoghi in cui si decide e si controlla, vanno rafforzati quegli spazi e soggetti che garantiscono maggiore indipendenza e democrazia, come i Parlamenti (sostenendo alcune posizioni e proposte già espresse nel Parlamento Europeo), senza eludere problemi importanti di applicazione a causa di triangolazioni, delle vendite di componenti a paesi che li riesportano con le armi prodotte, della molteplicità sempre crescente di strumenti a servizio della guerra, anche automatica.
Si sceglie in nome della propria coscienza e responsabilità individuale. Ma intanto, grazie a scelte e conquiste già fatte, molto si può ottenere pretendendo l'applicazione di precise disposizioni della nostra Costituzione (art. 11) e di leggi nazionali e internazionali.
29 gennaio 2021
https://www.vistanet.it/cagliari/2021/01/29/il-governo-revoca-lexport-di-armi-verso-arabia-ed-eau-rwm-di-domusnovas-a-rischio/
29 gennaio 2021, Annalisa Cangemi
https://www.fanpage.it/politica/perche-lo-stop-alla-vendita-di-bombe-e-missili-verso-larabia-saudita-e-una-svolta-storica/
Il link all'audizione:
https://webtv.camera.it/evento/17616
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