Danni sanitari e ambientali attorno ai poligoni militari della Sardegna
SOTTO INCHIESTA PER GRAVI EFFETTI AMBIENTALI ANCHE L’AREA MILITARE DI CAPO TEULADA
«L’indagine epidemiologica durata 13 anni ha rilevato un tasso di mortalità doppia»
Il 10 novembre 2021 tutti assolti: al processo per le morti sospette e i danni all’ambiente attorno al poligono militare sardo il pm aveva chiesto la condanna per otto comandanti.
In Sardegna un’altra area militare è finita sotto inchiesta per i gravi effetti ambientali e sanitari delle sue attività denunciati dalla società civile: il poligono militare di Capo Teulada. Come Quirra, Capo Teulada è un’area particolarmente
pregiata da un punto di vista naturalistico e che contemporaneamente viene impiegata anche per agricoltura, allevamento, pesca e turismo.
Come a Quirra, le persone che risiedevano a ridosso delle aree militari o che lavoravano al loro interno si sono ammalate di patologie riconducibili al forte inquinamento provocato da sessant’anni di intensissime attività a fuoco. L’inchiesta
su Teulada, aperta dal sostituto procuratore Secci nel 2014, in 4 anni di indagini ha riscontrato fatti molto simili e in alcuni casi più gravi: alterazione irreversibile degli ecosistemi, offesa alla pubblica incolumità, mancata bonifica, abbandono incontrollato di rifiuti, emissioni acustiche oltre i limiti. Ciononostante, poco è mancato che nessuno venisse rinviato a giudizio, in quanto lo stesso procuratore ha poi chiesto l’archiviazione; scenario ribaltato dalla Gip lo scorso agosto, che ha rigettato la richiesta e disposto ulteriori indagini: approfondimento epidemiologico sui militari operanti nella base, ricerca di nanoparticelle riconducibili ad esplosioni, esami di ossa e carni del bestiame nei tessuti biologici.
Secondo Massimo Coraddu, fisico antimilitarista perito di parte civile in entrambi i processi, se si mette a confronto
l’indagine epidemiologica condotta per Teulada e quella disposta dall’Iss nel contesto poligono di Quirra, si intuisce che è possibile accertare o meno l’impatto sanitario delle attività militari a seconda di come si conducono gli studi.
«Gli aspetti epidemiologici a Teulada sono stati indagati più a fondo che a Quirra: il consulente non si è limitato a studiare il profilo di salute dell’intera popolazione dei comuni limitrofi nel suo complesso, ma ha effettuato un accertamento specifico su una piccola frazione di popolazione particolarmente esposta, che dopo un’indagine condotta su un intervallo temporale di 13 anni (dal 2000 al 2012) ha mostrato una mortalità circa doppia rispetto a quella che caratterizza il resto della popolazione comunale, dovuta a patologie cardiocircolatorie e tumorali molto più
frequenti». Quando l’indagine viene condotta per un lasso di tempo lungo come in questo caso (quella di Quirra è durata solo 5 anni) il dato risulta «statisticamente significativo», ovvero non può essere attribuito al caso, e visto che nella zona non sussistono altre sorgenti di inquinamento rilevanti, è riconducibile a quello militare. La prosecuzione e l’approfondimento dell’indagine come raccomandata dal consulente però non è stata accolta, ma solo estesa ai militari. «In generale uno trova quel che va a cercare» - continua Coraddu. «Per ottenere risultati bisogna porsi le domande corrette e dotarsi di un programma di ricerca adeguato. Sembra banale ma, in questo campo, ci si imbatte di frequente in ricerche ed indagini destinate a non raggiungere alcun risultato per come sono state concepite e organizzate in origine».
Come vicenda esemplare in tal senso Coraddu cita la ricerca di Uranio Impoverito (Du) al Pisq. «L’esperienza dei tecnici
dell’Unep in seguito alla guerra nella ex-Jugoslavia aveva chiaramente mostrato, già nel 2000, come fosse impossibile
trovare tracce di Du nei suoli bombardati, a meno di non conoscere in modo estremamente preciso il luogo dell’esplosione, mentre si poteva rilevare la presenza di Du, anche a distanza di tempo, all’interno di matrici biologiche nelle quali gli inquinanti ambientali sono soggetti ad accumulo (muschi, licheni, tessuti ossei, etc.). Ciò nonostante, il Du è stato sistematicamente ricercato in centinaia di campioni di terreno superficiale, raccolti alla cieca, senza nessuna indicazione del luogo dove gli ordigni fossero stati eventualmente impiegati. La presenza di Du è stata invece effettivamente rilevata nel 2011, in una matrice biologica molto specifica: le ossa di un agnello nato malformato in
quell’area».
Anche Torio radioattivo è stato trovato nelle ossa di animali e dei loro allevatori deceduti per patologie tumorali.
«Questo tipo di ricerca era stato trascurato anche nel caso del Poligono di Teulada: da qui il supplemento di indagine richiesto dalla Gip».
Serena Tarabini
Tutti assolti «perché - secondo la giudice monocratica del tribunale di Lanusei, Nicole Serra - non c’è idonea prova che abbiano commesso il fatto contestato». Il pm aveva chiesto quattro anni di reclusione per i comandanti del poligono
centrale di Quirra: Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi e Paolo Ricci. Di
tre anni invece era la richiesta per Gianfranco Fois e Francesco Fulvio Ragazzon, comandanti del distaccamento a mare di Capo San Lorenzo, sulla costa sud orientale dell’isola. Questi ultimi due dovevano risponder soltanto del danneggiamento del fondale marino. I primi sei, invece, erano accusati di omissione di cautele contro infortuni (articolo 437 del codice penale), perché, secondo il pm, non avevano provveduto a evitare che le esercitazioni provocassero, attraverso l’esposizione a sostanze tossiche liberate dalle esplosioni, malattie gravissime e in alcuni casi la morte sia di militari in servizio sia di civili residenti nelle aree situate all'interno o nelle vicinanze della base.
LE INDAGINI SUL CASO QUIRRA sono cominciate nel 2011, coordinate dall’allora pm Domenico Fiordalisi. Nella sua requisitoria Mazzeo ha ripercorso le fasi dell’inchiesta e ha sostenuto che le testimonianze e le perizie tecniche emerse nel dibattimento «hanno dimostrato in maniera inequivocabile un’omissione da parte degli imputati delle cautele che avrebbero dovuto evitare l’esposizione di militari e civili a immissioni di grandi quantità di sostanze tossiche,
rilasciate nell’aria e poi depositatesi nei terreni, nelle falde acquifere e nei fondali marini».
«NEGLI ANNI CHE VANNO DAL 2006 al 2010 - ha rilevato il pubblico ministero - militari e residenti nelle aree del poligono si sono ammalati di linfomi e di tumori rari e diversi di loro sono morti. Che nella base di Quirra non fossero messe in atto le cautele necessarie perché ciò non avvenisse è emerso in particolare dalla testimonianza dell’ufficiale Walter Binda, che ha dichiarato che l’attività di brillamento di bombe obsolete da lui coordinata era realizzata senza alcuna protezione. La presenza di sostanze radioattive e di metalli pesanti nel territorio della base è stata dimostrata dalle analisi fornite dai consulenti nominati dal pm Fiordalisi».
SONO NOVANTAQUATTRO I SOGGETTI che al processo si sono costituiti parte civile: le famiglie delle vittime (malati gravi o morti), i pastori che hanno greggi e mandrie nella zona e che hanno visto il loro bestiame ammalarsi e morire, le associazioni ambientaliste, alcuni comuni. Tutti attendono giustizia dopo sette lunghi anni di iter giudiziario. Molti in aula i riscontri di casi drammatici. I quattro assistiti dall’avvocato Giacomo Doglio hanno sviluppato patologie tumorali dell’apparato emolinfopoietico.
Vivevano e lavoravano tutti dentro i confini della base militare, ma nessuno li ha mai avvertiti del pericolo: «Neanche il responsabile della sicurezza del poligono - ha detto Doglio - sapeva esattamente come stavano le cose. La valle di Is Pibiris, dove pascolavano le mucche dei miei assistiti, era un’enorme discarica di materiale bellico dismesso».
L’AVVOCATO ROBERTO PEARA ha ripercorso la storia di Andrea Lai. Militare nei dieci anni che coprono i capi di imputazione, Lai ha visto e ha raccontato. Viveva a Perdasdefogu, comune dentro i confini della base.
Dopo la morte della madre, uccisa da un rarissimo cancro al surrene, si è trasferito negli alloggi militari interni al poligono. «Investito da una nuvola di polvere durante un brillamento - ha raccontato il suo avvocato - Lai ha chiesto al comando della base misure di prevenzione, ma lo hanno ignorato. Si è ammalato di tumore». TRA LE PARTI OFFESE ANCHE PERSONE giuridiche. Come il comune di Villaputzu, il primo paese dove, dopo una documentata denuncia dei rischi sanitari da parte del medico condotto, gli abitanti hanno chiesto chiarezza sull’incidenza di malattie tumorali, che colpiva in particolare la piccola frazione di Quirra.
A FAVORE DELL’AMMINISTRAZIONE di Villaputzu gli avvocati hanno chiesto un milione di euro di risarcimento. Indennizzi
molto alti per danni da esposizione ai veleni, all’immagine e patrimoniali chiedono anche i comuni di Ballao, di Escalaplano e di Armungia. Tante le patologie genetiche, soprattutto a Escalaplano, dove i pastori, per anni, hanno visto pecore e bovini nascere malformati o morti.
QUESTA LA TESTIMONIANZA RESA in aula da una donna: «Ho passato quarantadue anni a Quirra. Io e la mia famiglia facciamo i pastori. Mio figlio Roberto è morto di un tumore al cervello. Un altro mio figlio, Stefano è stato operato per un cancro ai testicoli. Io ho avuto un intervento per un carcinoma alla tiroide. In certi mesi dell’anno avevamo sempre gli aerei militari sopra la testa. C’erano gli sgomberi. Prima dell’inizio delle esercitazioni ci mandavano via di casa. Era
un’umiliazione, per noi, essere mandati via di casa. Una volta, durante un lancio, un missile ha cambiato rotta forse per un’avaria e l’hanno fatto esplodere in aria, sennò ci cadeva in testa. Un grande boato e ci siamo trovati inondati di fumo e di polvere, i bambini giocavano con le scintille, ad acchiapparle. Quando pioveva si allagava tutto e i residui dei materiali usati nelle esercitazioni galleggiavano dappertutto. E poi, ancora, le malformazioni degli animali. Anche un agnello con un occhio solo abbiamo avuto. Oltre a mio figlio, è morto di tumore un mio parente stretto e diversi conoscenti. Sa da quanti medici siamo stati per curarci? Viaggi a Bologna, a Milano, in Francia. Dicevano che le ragioni della malattia erano ambientali. Dicevano: «Tornate a casa, non c’è nulla da fare».
Giuseppe Ferraris
https://ilmanifesto.it/assolti-i-generali-di-quirra-a-processo-chi-protesto/
https://ilmanifesto.it/le-esercitazioni-militari-che-hanno-avvelenato-il-quirra/
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