La guerra muove interessi inconfessabili
Gli ‘interessi inconfessabili’ mossi dalla guerra non sono nulla di segreto. Sono solo interessi (economici e di potere) di cui ci si vergogna. È la ragione dell’opacità che li circonda. Non si ha convenienza a confessarli e comunicarli (qui entra in gioco il ‘silenzio’ dei media), perché svelano responsabilità nascoste e tanta ipocrisia.
Dietro ad ogni guerra (e nel mondo in questo momento se ne combattono oltre 40) c’è il complesso militare-industriale delle diverse potenze mondiali e regionali coinvolte nei conflitti. E questi eventi internazionali ne sono la vetrina e la dimostrazione dell’esistenza di interessi convergenti seppure ‘inconfessabili’.
Altrimenti non si condividerebbe con disinvolta noncuranza lo stesso spazio espositivo e commerciale. È il business delle armi che, a differenza delle persone, non ha confini, non ha colore né odore, come i miliardi di dollari che smuove.
Nel giugno 2014, papa Francesco ammoniva i fabbricanti di armi, chiamandoli mercanti di morte, che dovranno rendere conto a Dio del male compiuto. E aggiungeva "dall'altra parte" non porteranno con sé né "soldi, né potere, né orgoglio”. Recentemente ha lanciato nei loro confronti una durissima accusa: “coloro che guadagnano con la guerra, con il commercio delle armi, sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità”.
Il termine complesso militare-industriale fu usato per la prima volta dal generale e presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower nel discorso d'addio alla nazione del 17 gennaio 1961 per avvertire del pericolo implicito per la democrazia e la libertà, dovuto all’intreccio di interessi e affari fra potere politico, industria bellica e forze armate.
Eisenhower dopo la guerra di Corea si era reso conto che agli sforzi di mobilitazione industriale per rifornire le forze armate durante la guerra, non corrispondeva più lo stesso sforzo di riconversione produttiva nella fase di smobilitazione dovuta alla pace. Inoltre erano sempre di più gli ex generali ed ex colonnelli che prestavano servizio nelle industrie belliche, mettendo a disposizione, oltre alle loro conoscenze specifiche, anche le loro relazioni personali col Pentagono. Anche le grandi Università e un numero sempre maggiore di ricercatori e scienziati dipendevano sempre più dal dipartimento della Difesa, il quale iniziava a disporre di un apparato gigantesco per influenzare direttamente o indirettamente l'opinione pubblica.
Continua nell'allegato
Allegati
Intervento di Gianni Alioti
9526 Kb - Formato pdf
Articoli correlati
- Anonimi tiratori provocarono a Kiev una strage il 20 febbraio 2014
Le ombre sulla rivolta di piazza Maidan
Gli elementi raccolti suggeriscono che la narrazione di Piazza Maidan come una rivoluzione non violenta è incompleta e fuorviante. Occorre un'indagine più approfondita per comprendere meglio le dinamiche e i responsabili di quegli eventi drammatici in Ucraina.27 giugno 2024 - Redazione PeaceLink - La guerra diventa sempre più distruttiva e questo provoca un aumento dei renitenti alla leva
Arriva la devastante bomba FAB 3000: uccide gli ucraini in un diametro di due chilometri e mezzo
L'esordio dell'ordigno russo da tre tonnellate sul campo di battaglia. Un militare ucraino dice: "Se sopravvivi, sarai sicuramente ferito. Mette molta pressione sul morale dei soldati. Non tutti i nostri ragazzi possono resistere. Queste bombe sono un inferno".22 giugno 2024 - Redazione PeaceLink - Lo abbiamo chiesto a ChatGPT
Perché i governi della Nato non rendono noto il numero delle vittime in Ucraina?
Il governo ucraino aveva dichiarato: "Le informazioni sulle perdite dell'Ucraina nella guerra sono un segreto di Stato". Ma perché tenere segreto un dato che consentirebbe di apprezzare quanto sono state "utili" le armi inviate a Kiev?22 giugno 2024 - Redazione PeaceLink - Le risposte di ChatGPT
Perché aver paura della verità se si ritiene di essere nel giusto?
Abbiamo posto a ChatGPT domande scomode sulla guerra in Ucraina e in particolare sulle ragioni per cui non vengono rivelati i dati delle perdite umane.22 giugno 2024 - Redazione PeaceLink
Sociale.network