Le armi ipersoniche? Tra mito e realtà
Il governo ucraino ha spesso dichiarato di aver abbattuto missili ipersonici russi in volo; affermazioni che suonavano propaganda, date le mitiche proprietà di tali armi. Un recente lavoro di due ricercatori indipendenti americani permette di eseminare su basi scientifiche le ventilate caratteristiche di tali armamenti e fornisce basi per verificare la possibilità effettiva dell'Ucraina di colpire Kinzhal russi.
Ma è possibile abbattere un missile ipersonico?
Alessandro Pascolini - Università di Padova
Viene quindi il dubbio che le affermazioni ucraine facciano parte della continua guerra di propaganda fra i due paesi; anche per giungere a un giudizio generale sui programmi ipersonici dei vari paesi, occorre quindi cercar di capire se sia veramente possibile che i sistemi antimissile a disposizione dell'Ucraina possano distruggere un Kinzhal in volo.
Il mito
I missili ipersonici sono presentati come una “rivoluzione epocale” negli armamenti: con una “velocità ineguagliabile”, si dice che possano colpire obiettivi oltre l'orizzonte in una “frazione di tempo” rispetto ai missili balistici o cruise esistenti; hanno una quasi totale immunità alla rilevazione, essendo “quasi invisibili” ai sistemi di allarme precoce esistenti; sono pertanto forze che non possono essere intercettate dai sistemi anti-missile. Insieme, queste capacità lasceranno agli attaccati un tempo insufficiente per identificare e confermare con sicurezza la natura dell’arma in arrivo, per non parlare di decidere come rispondere.
I missili ipersonici (https://ilbolive.unipd.it/it/blog-page/nuove-wunderwaffen-missili-ipersonici) sono armi caratterizzate da: velocità ipersonica (ossia superiore a 5 volte quella del suono, circa 340 m/s [Mach 1]), traiettoria per la maggior parte endo-atmosferica e non balistica, alta manovrabilità e accuratezza.
Sono in fase di sviluppo due classi di questi ordigni: missili cruise ipersonici (HCM), dotati di un motore per la loro propulsione, e missili plananti ipersonici (HGM), che invece, una volta rilasciati da un razzo vettore, continuano il loro volo planando verso il bersaglio. Solo la Russia ha dichiarato di aver iniziato nel 2023 a produrre HCM operativi (i 3M22 Tsirkon, SS-N-33 per la NATO), con una velocità massima di Mach 8, mentre in altri paesi ci sono solo test di prototipi.
Esistono due tipi di missili plananti: gli HGM propriamente detti sono lanciati dagli stessi vettori impiegati per i missili balistici a gittata lunga o intercontinentale e dopo una breve traiettoria balistica exo-atmosferica, rientrati nell'atmosfera si collocano su una traiettoria planante di molte migliaia di km, a velocità superiori di Mach 20; di questo tipo sono gli Avangard (SS-X-32Zh per la NATO) russi e i DF-DZ (WU14 per gli USA) cinesi, già operativi, e l'Hypersonic Technology Vehicle-2 (HTV-2) abbandonato dagli USA dopo due test falliti.
Per traiettorie più brevi (inferiori a 2000 km) missili HALBM (hypersonic air-launched ballistic missile) vengono lanciati da aerei e dopo una fase balistica completamente endo- atmosferica procedono planando verso l'obiettivo: di questo tipo sono appunto i Kh-47M2 Kinzhal (AS-24 Killjoy per la NATO), di velocità massima stimata Mach 10.
L’obiettivo dei programmi ipersonici russi è appunto la creazione di forze non intercettabili dai sistemi ABM americani e quindi in grado di garantire comunque la capacità di reazione a una provocazione nucleare: le armi ipersoniche con armamento nucleare appaiono quindi idonee a ripristinare la parità strategica, come dichiarato dal presidente Putin in un celebre discorso il primo marzo 2018.
I programmi americani si basano piuttosto sulla velocità e precisione dei sistemi ipersonici per poter colpire con armi convenzionali obiettivi di alto valore o fugaci possibilmente in qualunque punto della terra senza il ricorso a basi estere.
Il mito sfatato
Non esistono studi indipendenti delle effettive capacità operative degli HCM, mentre la fisica dei sistemi plananti, ancorché complicata, è affrontabile e le equazioni del loro moto sono risolubili con metodi di calcolo numerico e il ricorso a calcolatori, una volta disponibili dati realistici dei velivoli (forma, massa, ...).
Il parametro fondamentale per il volo planato è l’efficienza aerodinamica, il rapporto L/D fra la portanza (lift), che fornisce una spinta verso l'alto a vincere la gravità, e la resistenza (drag), che si oppone al moto e ne causa il rallentamento e la perdita di quota. A peggiorare la situazione, la resistenza aerodinamica sottrae energia cinetica al velivolo, convertendola in onde d’urto e in energia termica nell’aria circostante; si raggiungono così temperature fino a diverse migliaia di gradi, con l’innesco di reazioni chimiche.
Sia la portanza che la resistenza sono proporzionali alla densità atmosferica e al quadrato della velocità, con dei coefficienti che dipendono dalla forma dei velivoli.
Nel caso del volo subsonico il valore L/D varia fra 15 e 20 e la distanza che un aereo può percorrere a motore spento risulta circa L/D volte l’altezza iniziale sul suolo: un aereo che cominci a planare a 10 km di quota può percorrere quindi fino a 200 km. Il valore massimo di L/D diminuisce al crescere della velocità e per l’HTV-2 americano ha raggiunto solo il valore 2,6, anche se il velivolo aveva una forma a cuneo per raccogliere la spinta dell’onda d’urto da esso stesso generata.
Quando la velocità di un missile planante diminuisce a causa della resistenza aerodinamica il velivolo deve scendere ad altitudini inferiori dove l'aria più densa può fornire una portanza sufficiente a mantenerlo in volo. Il volo ipersonico planato è quindi limitato a un corridoio di altitudine-velocità relativamente stretto.
Alcuni dati relativi all’HTV-2 americano e ai suoi test di volo sono stati resi pubblici e due ricercatori americani (David Wright del Massachusetts Institute of Technology e Cameron L. Tracy della Stanford University) hanno studiato le possibili traiettorie e gittate di un HGM a cuneo con le caratteristiche dell’HTV-2 in funzione di uno spettro di valori della velocità iniziale impressa al velivolo dal razzo vettore. Particolarmente interessanti sono i loro risultati (pubblicati lo scorso novembre) sulla penetrabilità dei sistemi ABM e il confronto con altri sistemi esistenti.
Il dato fondamentale è la valutazione precisa della variazione della velocità rispetto all’aria durante la planata: a metà percorso si ha una diminuzione di circa il 20% rispetto alla velocità iniziale, qualunque sia, a tre quarti di circa il 40% e a nove decimi oltre il 65%, con un corrispondente abbassamento della quota di volo. Per esempio, un HGM rilasciato a 57,5 km d’altezza con velocità iniziale di 7 km/s (Mach 20,5) con una gittata di 13 mila km, a 6500 km è sceso a quota 48 km e velocità 6 km/s e dopo 12 mila km vola a 35 km d’altezza con velocità 2,5 km/s.
Questo continuo rallentamento annulla il supposto vantaggio degli HGM rispetto ai missili balistici per quanto riguarda la rapidità a raggiungere il bersaglio. Infatti missili balistici possono essere lanciati su traiettorie exo-atmosferiche “depresse” (DTB) più brevi di quelle ottimali, percorribili a velocità superiori a Mach 19 non dovendo subire la resistenza dell’aria. Calcoli dettagliati dei due ricercatori trovano che, a parità di condizioni, un missile DTB impiega circa il 15% meno tempo di un HGM a raggiungere il comune bersaglio.
Una cruciale caratteristica degli HGM è la loro manovrabilità, ma, essendo privi di un proprio motore, per cambiare direzione devono utilizzare le forze di portanza per imprimere una velocità orizzontale, che a sua volta deve essere ipersonica, mantenendo comunque una portanza verticale sufficiente a rimanere in quota. Per generare la portanza supplementare, il veicolo deve scendere a un'altitudine inferiore per sfruttare la maggiore spinta dell'aria più densa e, dopo la virata, tornare alla quota di crociera. Queste manovre possono costare molto in termini di velocità e autonomia.
Per esempio, per virare di 30 gradi, un HGM come l'HTV-2 che voli a Mach 15 a un'altitudine di circa 40 km deve generare una velocità orizzontale di Mach 7,5. Se si abbassa di circa 2,5 km, la rotazione di 30 gradi richiederebbe circa sette minuti, durante i quali percorrerebbe un ampio arco con un raggio di circa 4 mila km. La resistenza aerodinamica supplementare che deriva dal viaggiare in aria più densa ne ridurrebbe la velocità di circa 1,3 Mach, facendogli perdere circa 450 km di autonomia sui 3 mila km che avrebbe potuto percorrere altrimenti. Per virate più rapide, l’HGM dovrebbe scendere a quote inferiori, pagando una maggiore perdita di velocità e portata.
Anche l’“invisibilità” degli HGM si rivela un mito: è vero che un HGM in avvicinamento a 40 km di altezza sfuggirebbe ai radar per gran parte della propria traiettoria a causa della curvatura terrestre, diventando rilevabile solo da circa 500 km di distanza in poi, nell’ultima fase del volo. Tuttavia, durante tutto il volo, la superficie di un veicolo ipersonico raggiunge temperature di migliaia di gradi, producendo una notevole radiazione termica nello spettro infrarosso e generando una linea di gas ionizzato che è più visibile dai radar e dai sensori spaziali rispetto al veicolo stesso.
Sia gli Stati Uniti che la Russia dispongono di satelliti di allerta precoce con sensori a infrarossi, in grado di individuare l'intensa radiazione emessa sia dal razzo vettore che dagli HGM, tracciandone gran parte della fase di planata.
Penetrabilità dei sistemi anti-missile
Anche se è possibile mediante satelliti osservare il lancio di un HGM e seguirne la traiettoria, rimane comunque impossibile attaccarlo nella fase di lancio e durante la maggior parte della
planata con i sistemi anti-missile attuali, come gli statunitensi GMD (Ground-based Midcourse Defense) e SM-3 (Aegis Standard Missile-3), previsti per attaccare testate di ICBM a grande distanza e ad alta quota (oltre 100 km) al di fuori dell’atmosfera.
Accanto a questi sistemi finalizzati a difendere vasti territori, esistono difese anti-missile terminali, che operano in prossimità dei potenziali bersagli a ingaggiare gli ordigni nella fase terminale del loro volo, quando si preparano a colpire il loro obiettivo. Queste difese, tra cui i Patriot e gli Aegis SM-6 statunitensi e gli S-400 e S-500 russi, devono operare a decine di km di altitudine, manovrare in modo aerodinamico e aggredire i missili nemici a breve distanza, proteggendo al massimo piccole (ma cruciali) aree di territorio.
Per gli ingaggi endo-atmosferici, sia l'intercettore che il bersaglio possono manovrare aerodinamicamente e ciò che conta è l'accelerazione laterale relativa che i due oggetti possono raggiungere all'altitudine dell'attacco mentre ciascuno cerca di superare l'altro.
Un principio importante della teoria della guida e del controllo è che gli intercettori devono essere in grado di raggiungere un'accelerazione laterale da due a tre volte superiore a quella di un bersaglio in manovra per poterlo intercettare in modo affidabile; note le caratteristiche dei sistemi coinvolti, questa condizione si traduce in un rapporto fra le rispettive velocità. I due ricercatori americani hanno considerato appunto il caso del sistema MIM-104 Patriot contro un HGM.
Il Patriot ingaggia missili avversari entro una distanza di 60 km con due tipi di intercettori PAC-3: gli MSE hanno una velocità Mach 6 e operano a quote sopra i 30 km e i CRI hanno velocità Mach 4,7 e agiscono a quote sui 20 km. Per manovrare, una serie di piccoli propulsori intorno al corpo conferiscono ai PAC-3 un angolo d'attacco non nullo, ad aumentarne la portanza. I calcoli effettuati nel caso di un HGM a cuneo e di un intercettore PAC-3 indicano che basta che il PAC abbia una velocità fra 0,85 e 1 volte quella dell’HGM per poterlo colpire.
Tenuto presente che nella fase finale di volo di un HGM verso il suo bersaglio la sua velocità è ormai molto ridotta rispetto a quella iniziale, anche se non ha fatto particolari manovre, si trova che effettivamente esiste una finestra di possibilità per un Patriot in prossimità del bersaglio di intercettare e distruggere un HGM anche con alta efficienza aerodinamica.
I Kinzhal impiegati in Ucraina sono HALBM lanciati ad altitudini di circa 18 km da un aereo Mikoyan MiG-31K a circa 700-1000 km di distanza dai loro obiettivi. Per manovrare, devono planare per un tratto del percorso (con basso L/D) e iniziare la picchiata a velocità certamente inferiori di Mach 6. Sulla base dei calcoli di Wright e Tracy, appare quindi possibile che la batteria Patriot installata vicino a Kiev possa intercettare un Kinzhal in avvicinamento alla capitale. Gli abbattimenti del maggio 2023 sono stati verificati da fonti governative statunitensi. Funzionari statunitensi hanno affermato che gli ucraini hanno lanciato più missili PAC-3 da diverse angolazioni per intercettare il missile Kinzhal.
I missili ipersonici non sono quindi delle Wunderwaffen rivoluzionarie, ed è importante il lavoro di demistificazione dei ricercatori indipendenti Wright e Tracy, che ha messo in evidenza le forzature propagandistiche dei promotori delle nuove armi in Cina, Russia e USA, alimentando una nuova corsa agli armamenti. Anche il Congressional Budget Office americano ha recentemente concluso (gennaio 2023) che già esistono e sono più economici e affidabili armamenti con proprietà analoghe a quelle dei missili ipersonici, il cui sviluppo è quindi ingiustificato da motivazioni militari ed economiche.
Non è attraverso nuovi armamenti ipertecnologici che gli stati possono raggiungere maggiore sicurezza e il sistema mondiale trovare maggiore stabilità: la via da perseguire sono piuttosto decise azioni di disarmo, non solo nucleare.
Padova 3 febbraio 2024
Nota: Alessandro Pascolini è uno studioso senior dell’Università di Padova, già docente di fisica teorica e di scienze per la pace, ed è vice-direttore del Master in comunicazione delle scienze. Si occupa di fisica nucleare, controllo degli armamenti e divulgazione scientifica. È vice-presidente di ISODARCO (International School on Disarmament and Research on Conflicts) e partecipa alle Pugwash Conferences on Science and World Affairs.
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