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Le esportazioni di armi italiane nel 2003

26 giugno 2004
Fonte: Dossier elaborato dalla Rete Italiana per il Disarmo

1.1 - Le esportazioni di armi nel 2003

La Relazione sulle operazioni per il controllo degli armamenti, prevista dalla legge 185/90, presentata dalla Presidenza del Consiglio al Parlamento evidenzia che nel 2003 le autorizzazioni all’esportazione di armi rilasciate dall’Italia aumentano del 39,3%, rispetto all’anno precedente, arrivando 1.282 milioni di euro. Le esportazioni verso i paesi membri NATO, che godono di procedure semplificate, sono state il 44% del totale.

Le esportazioni definitive, cioè le armi effettivamente esportate ammontano a 629,6 milioni, con una crescita del 29% rispetto al 2002, e sono dirette per il 52 % verso paesi membri della NATO. Le esportazioni temporanee aumentano considerevolmente ad un valore complessivo di 122 milioni, mentre diminuiscono le riesportazioni a 72 milioni.

Il trend di esportazioni italiane, in particolare del portafoglio ordini indicato dalle autorizzazioni concesse, si consolida con una crescita costante negli ultimi. I dati del Sipri confermano l’Italia settimo esportatore mondiale nel periodo ’98-’02, con circa il 3% del totale delle esportazioni mondiali.

1.2 - Aziende esportatrici

La Relazione individua le prime società esportatrici per il valore delle autorizzazioni. Al primo posto c’è la Galileo Avionica con 286 milioni di euro, seguono Alenia Aeronautica con 259, l’Oto Melara con 126, la Wass con 98, la Microtecnica con 88, l’Alenia Marconi Systems con 80, l’Agusta con 73, l’Oerlikon- Contraves con 54, la Simmel Difesa con 47 e la Marconi Selenia Communications con 40.

Relativamente alle industrie di armi leggere, ricomprese nell’ambito di applicazione della l. 185/90, la Beretta, azienda leader del settore a livello mondiale ha consegnato armi per appena 104.456 euro, per 250 pistole mitragliatrici e parti di ricambio. Tra gli altri esportatori di armi leggere sono da segnalare per le autorizzazioni la Fiocchi Munizioni con 0,6 milioni di euro (relative a 5,5 milioni di cartucce). Evidentemente una larga parte delle armi leggere esula dalla legge 185/90 e rientra nelle armi cosiddette “civili” regolamentate dalla legge 110/75.

1.3 - I Paesi destinatari

Tra i principali destinatari spicca al primo posto la Grecia che acquista da Alenia Aeronautica, per un valore di 235 milioni. Segue la Malaysia, tradizionale cliente del made in Italy armiero[1], con 166 milioni e al terzo posto la Cina con un valore di oltre 127 milioni di autorizzazioni. Tra gli altri clienti al quarto posto l’Arabia Saudita con 109 milioni, la Francia con 88 milioni, il Pakistan con 69, la Polonia 49 milioni, la Danimarca 40 milioni, gli Stati Uniti e la Finlandia, con circa 37 milioni ciascuno.

I paesi membri dell’UE, che godono di procedure semplificate assorbono il 39,5% dell’export bellico italiano. Già menzionato il primato della Grecia, si segnalano l’operazione per l’esportazione di Radar Galileo Avionica alla Francia, l’importante commessa per il uno dei Paesi entrati nell’UE l’1 maggio 2004, la Polonia, grazie all’autorizzazione per 43 torrette per carri armati Oto Melara del valore di oltre 47 milioni. Segue la Danimarca che acquista da Agusta elicotteri EH 101, per 30 milioni di euro.

Le armi effettivamente esportate, vedono Francia e Germania principali partner europei, con rispettivamente 45 e 40 milioni di euro, seguite da Spagna, Regno Unito e Grecia. Esportazioni definitive per oltre 17 milioni verso la Repubblica Ceca che aveva ottenuto autorizzazioni nel 2002 per oltre 49,3 milioni relative a sistemi di trasmissione e comunicazione da parte della Galileo Avionica e sistemi di direzione del tiro.

Continuano ad aumentare le esportazioni verso l’Asia che costituiscono, nel 2003, un terzo del valore totale delle autorizzazioni concesse. A livello internazionali i dati del Sipri relativi al 2002 evidenziano che circa il 42% delle armi trasferite a livello internazionale è diretta in questa area geografica, con una crescita di tre punti rispetto all’anno precedente. La Malaysia, ormai da alcuni anni principale cliente asiatico dell’industria armiera italiana, acquista da Whitehead Alenia siluri Black Shark per 87 milioni. Il paese è inoltre il principale destinatario di esportazioni definitive che superano i 90 milioni di euro.

In Asia, spicca poi in particolare il terzo posto assoluto della Cina, grazie all’autorizzazione all’esportazione della seconda commessa in assoluto per valore: 80 radar Grifo prodotti dalla Galileo Avionica per un valore di 121 milioni di euro.

Da menzionare infine l’autorizzazione all’esportazione verso il Pakistan di un Radar Alenia Marconi System, per un valore oltre 46 milioni di euro. L’India ottiene autorizzazioni per più di 26 milioni di euro e consegne per oltre 24 milioni.

Stabili, rispetto al 2002, le esportazioni verso gli Stati Uniti, verso cui vengono autorizzate esportazioni per 37 milioni di euro, mentre le esportazioni definitive ammontano in totale a quasi 62 milioni di euro. Con tale valore, gli Stati Uniti sono nel 2003 il secondo paese per importazioni di armi.

Diminuisce, invece, a 24 milioni di euro l’export autorizzato verso l’America Centro Meridionale. Si segnala solo il Brasile per un’operazione da oltre 14 milioni di euro. Per quanto concerne le armi effettivamente esportate si segnalano il Brasile (8,9 milioni) ed il Venezuela (6,7 milioni) che aveva ottenuto notevoli autorizzazioni all’esportazione nel 1998, nel 1999 e nel 2002.

A livello internazionale nell’ultimo biennio le esportazioni di armi verso il Medio Oriente sono cresciute dal 13% del 2001, al 22,8% del 2002. In questa regione, quindi, si è diretto il grosso delle armi esportate dopo l’11 settembre. Nel 2003, l’Italia ha autorizzato esportazioni nell’area composta da Medio Oriente e Magherb, dopo il decremento nel biennio 2001-2002, per quasi 200 milioni di euro. Sono i Paesi del Golfo i principali clienti, in particolare l’Arabia Saudita, grazie all’acquisto di 91 milioni nell’abito del programma internazionale di coproduzione Tornado, e il Kuwait, che importa armi per 35,7 milioni di euro. Seguono con grosse importazioni Abu Dhabi con 25,3 milioni, l’Egitto con 10,1 milioni, la Turchia con 7,4 e il Bharein con 7,2. Verso Israele sono state autorizzate 15 operazioni per 2,6 milioni di euro.

Per quanto riguarda le esportazioni definitive, continua, verso la Siria, l’esecuzione delle importanti commesse dell’Officine Galileo relativi a visori notturni per il riammodernamento dei carri armati T72 e di Finmeccanica che ha ottenuto l’anno scorso l’autorizzazione ad esportare a Damasco apparecchiature per la direzione del tiro. Le esportazioni definitive toccano 55,6 milioni di euro nel 2003. Sia verso l’Egitto, sia verso gli Emirati Arabi Uniti esportate armi per più di 41 milioni.

Le armi che arrivano nell’Africa Centrale e Meridionale sono meno dell’1 % del totale, 11 milioni di euro. Unico cliente che emerge è la Nigeria, che acquista per 11 milioni di euro da Oto Melara una modifica al sistema di tiro semovente 155/41, acquistato nel 2000 e tuttora in fase di consegna.

1.4 - Riesportazioni

L’Italia ha riesportato armi per un valore di 72 milioni di euro. I principali beneficiari sono Arabia Saudita con un valore di 31,9 milioni di euro, Repubblica Ceca con 8,9 milioni, USA con 4,4 milioni, Singapore con 2,4 milioni, Germania con 2 milioni, Regno Unito con 1,8, Pakistan con 1,6, Francia con 1,5, Norvegia con 1,4, Svizzera con 1,4, Spagna con 1,4, Australia con 1,3, Kuwait con 1,3, Canada con 1,1. Seguono con importi più modesti India, Malaysia, Romania, Abu Dhabi, Cipro, Oman, Austria, Belgio, Ghana, Paesi Bassi, Danimarca, Ungheria Turchia, Marocco, Mauritania, Brasile, Ecuador, Perù,Tunisia e Grecia.

2.1 - Riconversione industria militare

La relazione fornisce un accenno anche in merito alla riconversione. Nel 2002 si è chiuso il fondo comunitario Konver per la riconversione economica delle attività legate al settore della difesa ed al recupero dei siti militari dismessi. Rifinanziarlo sarebbe un segnale dai paesi dell’Europa che esportano un terzo delle armi trasferite a livello internazionale.

2.2 - Nulla osta per fornitura di servizi militari

I nulla osta concessi dal Ministero della Difesa per servizi militari (assistenza tecnica per l’impiego di materiali esportati in precedenza, corsi di addestramento per la manutenzione, verifiche tecniche) sono stati 59 (erano 65 nel 2002, 93 nel 2001 e 41 nel 2000). Si tratta, probabilmente della parte della relazione meno dettagliata, in quanto dai dati indicati è difficile capire il tipo di servizio fornito e le modalità di svolgimento. Al riguardo sono da evidenziare quelli forniti alla Norvegia, alla Malaysia, all’Egitto, all’Arabia Saudita, al Kuwait, al Kenya, al Qatar, alla Turchia, all’India, all’Algeria ed alla Corea del Sud.

2.3 - I programmi di cooperazione

I programmi intergovernativi cui partecipa l’Italia sono regolati dalle procedure semplificate previste dall’ art. 1 commi 8 e 9 della l. 185/90. Nell’ambito di tali esportazioni, quindi, “il controllo dei materiali temporaneamente esportati è esercitato dalle dogane mentre il Ministero degli Affari Esteri rilascia l’autorizzazione all’esportazione definitiva per l’intero programma, nel momento in cui avviene la cessione definitiva. Tale autorizzazione compare nella Relazione al Parlamento nell’anno di riferimento”[2].

L’approvazione della legge n. 148/03 recante la “Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra la Francia, Germania, Spagna, Svezia, Regno Unito e Italia relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività dell'industria europea per la difesa, con allegato, fatto a Farnborough il 27 luglio 2000, nonché modifiche alla legge 9 luglio 1990, n. 185” ha modificando il regime dei programmi di cooperazione introducendo la licenza globale di progetto. Nel 2003, non sono state adottate le procedure previste da questa legge in particolare non sono state rilasciate licenze globali di progetto, poiché non è stato ancora introdotto il Regolamento di attuazione[3]. Una misura di trasparenza relativa alle coproduzioni è stata introdotta, come previsto dall’art. 4 della legge 148/03 che prescrive che la relazione debba contenere informazioni "anche con riguardo alle operazioni svolte nel quadro di programmi intergovernativi o a seguito di concessione di licenza globale di progetto o in relazione ad esse". L’allegato “C”[4] della relazione contiene una base minima di informazioni relative ai Programmi di coproduzione intergovernativa. In particolare si riporta il programma, gli Stati e le industrie italiane partecipanti ed una breve descrizione del materiale prodotto da ciascuna.

In base alle informazioni riportate in tale allegato, l’Italia partecipa a 21 programmi, tra cui si segnalano quello per il velivolo AV-8B Plus con Spagna e USA, il velivolo Eurofighter con Germania, Regno Unito e Spagna, l’elicottero NH 90 con Francia, e Germania, Olanda e Portogallo, l’elicottero EH 101 con il Regno Unito, Fregate classe Orizzonte con Francia e Regno Unito, il sistema missilistico Hawk con Francia e USA e altri sei diversi programmi relativi a sistemi missilistici. I programmi di cooperazione hanno visto l’autorizzazione all’esportazione per oltre 93 milioni di euro, relative per 91 milioni all’autorizzazione all’Arabia Saudita per il programma “Tornado” cui partecipano anche Regno Unito e Germania. A tali programmi internazionali vanno aggiunti i programmi di coproduzione, quelli cioè relativi all’approvvigionamento delle forze armate italiane e degli altri stati partecipanti. In questo caso si applicano le procedure sopra menzionate e una volta ultimato ogni singolo programma di cooperazione, l’autorizzazione all’esportazione definitiva verrà rilasciata in base alla ripartizione effettuata tra i governi destinari[5].

3.1 - Un’analisi delle esportazioni

Anche nella relazione in esame, al fine di tutelare la riservatezza commerciale delle imprese non è possibile incrociare i dati fra tipo di armi e Paese acquirente, con grave danno alla trasparenza.

La legge italiana dispone vari divieti nell’autorizzare l’esportazione di armi. In particolare, l’art. 1 della l. 185/90 stabilisce alcuni criteri che vietano i trasferimenti a Paesi coinvolti in conflitti, responsabili di accertate violazioni di convenzioni internazionali che tutelino i diritti dell’uomo, coinvolti in triangolazioni di armi e nei confronti di Paesi, beneficiari di aiuti per la cooperazione allo sviluppo e dall’Italia, che destinino risorse eccessive alle spese militari. Tuttavia, tali criteri sono oggetto di interpretazioni “estensive” da parte delle autorità pubbliche che possono minare l’efficacia delle disposizioni col grave rischio che armi per cui è stata rilasciata l’autorizzazione all’esportazione possano essere usate per compiere crimini di guerra, crimini contro l’umanità, gravi violazioni dei diritti dell’uomo.

La relazione non fornisce il numero dei dinieghi effettuati né notizia di alcuna sospensione o revoca delle autorizzazioni già concesse, ipotesi che la legge 185/90 prevede nel caso in cui vengano a cessare le condizioni prescritte per il rilascio dell’autorizzazione stessa. Pertanto, anche se presumibilmente nessuna autorizzazione è stata sospesa o revocata sarebbe auspicabile indicarlo chiaramente.

La relazione informa che fra le autorizzazioni rilasciate, oltre a non esserci alcun paese rientrante nelle categorie indicate nell’articolo 1 della legge, il Governo ha mantenuto una posizione di cautela verso i paesi in stato di tensione. Tale affermazione rassicurante è da sottoporre a verifica, dalla lettura dell’elenco dei destinatari.

3.2 - Armi e conflitti

Le relazioni tra India e Pakistan sono, per certi aspetti, migliorate, malgrado siano rimaste le tensioni di fondo. In India, i problemi legati alla sicurezza hanno continuato a dominare le discussioni di politica estera, anche nell’ambito della "guerra al terrorismo" guidata dagli Stati Uniti che il governo indiano ha continuato ad appoggiare. I civili hanno continuato a essere bersaglio di gravi violazioni dei diritti umani nel Jammu e Kashmir e decine di denunce per violazione dei diritti umani sono state presentate contro le forze di sicurezza, i paramilitari e i "rinnegati" (ex membri di gruppi di opposizione armata che operano congiuntamente alle forze di sicurezza).
Dopo essere diventato una potenza nucleare nel maggio 1998, il Pakistan ha continuato a testare i propri missili nucleari a corta e media gittata. A giugno 2003, un portavoce del ministero degli Esteri ha affermato che il programma nucleare del Pakistan non sarebbe stato ritirato. Una nuova serie di test nucleari è stata condotta a ottobre. La seconda metà del 2003 è stata caratterizzata da un rapido incremento della violenza settaria, specialmente nelle province di Sindh e Balochistan.
Inoltre, la guerra in Afghanistan ha rafforzato le relazioni militari con gli Stati Uniti di entrambi gli Stati. L’India ha concesso agli Stati Uniti e alle forze alleate l’utilizzo delle proprie basi aeree e navali per agevolare le operazioni in Afghanistan. Gli Stati Uniti, dal maggio 2002, hanno autorizzato numerosi trasferimenti di armi verso l’India, inclusi radar a terra e dispositivi per la visione notturna utilizzati soprattutto per seguire le tracce delle infiltrazioni di ribelli pakistani.

Ciò ha suscitato lamentele da parte del Pakistan. In seguito alla visita del Presidente Musharraf a Washington, l’amministrazione statunitense, che aveva bloccato le esportazioni verso il Pakistan dal 1999, ha annunciato il trasferimento di cinque elicotteri muniti di dispositivi di sorveglianza e comunicazione per la ricerca di combattenti di al-Qaeda lungo i confini con l’Afghanistan.

Anche l’esportazione di sei aerei usati da trasporto Hercules C-130 e sei radar montati su palloni aerostatici per il controllo dei confini venne decisa dagli Stati Uniti in sostegno alle operazioni anti-terrorismo.

3.3 - Armi e gravi violazioni dei diritti umani

Secondo il Rapporto annuale 2004 di Amnesty International, in Indonesia la situazione dei diritti umani si è deteriorata in alcune zone del paese, in quanto il governo ha ripreso ad applicare in maniera sempre più intensa metodi repressivi nei confronti dei movimenti indipendentisti. A maggio, in seguito alla proclamazione di uno stato d’emergenza militare per combattere i gruppi armati indipendentisti nella provincia del Nanggroe Aceh Darussalam (NAD). La decisione di riprendere le operazioni militari nel NAD è stata vista come il segnale di un potere crescente dell’esercito e della sua rinnovata influenza sulla politica del governo.

Anche a Papua, le operazioni militari contro gli attivisti per l’indipendenza, sia armati sia pacifici, hanno portato a violazioni dei diritti umani, tra cui detenzioni arbitrarie e torture.

In Arabia Saudita, secondo Amnesty International, continuano a verificarsi gravi violazioni dei diritti umani, accentuate dalla politica "anti-terrorismo" del governo e da atti di violenza, che le autorità hanno in parte attribuito a simpatizzanti di al-Qaeda. Centinaia di sospetti attivisti religiosi, oppositori e dimostranti sono stati arrestati oppure detenuti in seguito al rimpatrio forzato da altri paesi, mentre lo status giuridico delle persone arrestate negli anni precedenti rimane avvolto nel segreto. Torture e maltrattamenti sono dilaganti.

In Nigeria, nel periodo che ha preceduto le elezioni di aprile e maggio, Amnesty International ha rilevato un aumento degli assassini politici e degli scontri violenti in cui sono morti sostenitori di partiti politici. Il crescente flusso di armi verso la Nigeria e la creazione di gruppi di vigilantes armati ha consentito ai politici di fomentare ulteriormente la violenza a livello locale e statale.
Gruppi di vigilantes armati appoggiati dallo Stato e paramilitari si sono resi responsabili di numerose esecuzioni extragiudiziali nel sud-est del paese, e sono sospettati di essere stati coinvolti in alcuni omicidi di esponenti politici rimasti irrisolti.

In nome della sicurezza e della "lotta al terrorismo" le autorità hanno finito per aggravare ulteriormente la già spaventosa situazione dei diritti umani.

Nel 2003 verso Israele sono state indiziate varie preoccupazioni di organismi delle Nazioni Unite.
Ad agosto il Comitato delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale e il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite hanno chiesto a Israele di abrogare una legge, passata a luglio, che proibiva il ricongiungimento familiare per gli israeliani che sposano palestinesi dei Territori Occupati. Il Comitato diritti umani ha chiesto inoltre ad Israele di fermare la costruzione della recinzione/muro all’interno dei Territori Occupati e di permettere la libertà di movimento, di porre fine alle demolizione delle abitazioni, smettere di usare palestinesi come "scudi umani" e di indagare sulle denunce di torture, uccisioni illegali o altre violazioni.

3.4 - Armi e embarghi[6]

L'embargo di armi dell’UE verso la Cina è stato introdotto il 27 Giugno 1989 dopo il massacro di piazza Tienanmen, è fortemente sostenuto anche dall'amministrazione americana che è preoccupata per la stabilità nello stretto di Taiwan. Ciò che impensierisce maggiormente Washington sono, in particolare quei sistemi di alta tecnologia ad uso militare che permetterebbero alla Cina di sviluppare in proprio il suo arsenale. L'esempio ricorrente a Washington è l'agile e potente aereo da combattimento cinese Jian-10 messo a punto da Beijin sulla base di tecnologie americane acquisite sotto banco da Israele e dalla Russia.

Dalla fine del 2003, alcuni governi hanno proposto di togliere l’embargo dell’UE. Durante il Consiglio europeo a Bruxelles lo scorso dicembre, il Presidente di turno dell'Unione Europea Silvio Berlusconi aveva presentato la proposta della Francia per la revoca dell'embargo di esportazioni di armi alla Cina.

Il Consiglio dei Ministri degli esteri europei dello scorso 26 e 27 aprile ha, poi, deciso di rinviare ad un esame più approfondito la questione. Un'ulteriore proroga, dunque, dopo quella del summit dei leader europei riuniti a Bruxelles lo scorso fine marzo.

Lo scorso dicembre, inoltre, un'ampia maggioranza del Parlamento europeo (373 voti a favore, 32 contrari e 29 astensioni) si è espressa contro la proposta di Francia e Germania che ne chiedevano l'abolizione. Con una specifica risoluzione il Parlamento ha riaffermato inoltre che la situazione dei diritti umani nella Repubblica popolare "resta insoddisfacente, le violazioni delle libertà fondamentali continuano, così come continuano le torture, i maltrattamenti e le detenzioni arbitrarie". Una denuncia, tra l'altro, ribadita da un documento ufficiale presentato, il 14 aprile 2004, a Bruxelles da Amnesty International che ricorda "la situazione dei diritti umani in Cina presenta ancora un quadro terrificante: centinaia di migliaia di persone continuano ad essere arrestate in tutto il paese in violazione dei fondamentali diritti umani; condanne a morte ed esecuzioni hanno luogo regolarmente al termine di processi irregolari; i maltrattamenti e le torture sono tuttora diffusi e sistematici; la libertà di espressione e di informazione resta fortemente limitata". Il documento di Amnesty sottolinea inoltre come "il Codice di condotta dell'UE sull'esportazione di armi non possa essere considerato, rispetto all'obiettivo di proteggere i diritti umani, un'alternativa credibile all'embargo sulle armi".

Va ricordato che, nonostante l'embargo, i Paesi dell'UE in questi anni hanno continuato a vendere armi alla Cina. Oltre a Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna anche l'Italia non ha osservato l'embargo.

Negli ultimi dieci anni, ricorda Oscar, l’Osservatorio sul commercio delle armi dell’Ires Toscana, le esportazioni belliche in Cina ammontano a poco meno di 200 milioni di euro.


3.5 - Armi e sicurezza

La Siria è rimasta sempre più coinvolta nella crisi riguardante la guerra guidata dagli Stati Uniti all’Iraq e la "guerra al terrorismo" internazionale. Il governo degli Stati Uniti ha frequentemente criticato la politica interna ed estera siriana, culminando con l’adozione l’11 novembre da parte del Congresso degli Stati Uniti della legge sulla responsabilità siriana e la sovranità libanese. La legge autorizza nuove severe sanzioni alla Siria per i suoi presunti legami con "militanti estremisti", i suoi manifesti tentativi di sviluppare armi di distruzione di massa e la sua "occupazione" del Libano. Il Dipartimento alla Difesa Usa ha denunciato per bocca di Rumsfield ha denunciato la possibilità sistemi di controllo del tiro siano stati ceduti all’Iraq.

Desta preoccupazione il contratto militare pluriennale di Finmeccanica con la Siria: 600 sistemi Turms di controllo del tiro, prodotti da Galileo Avionica, per oltre 200 milioni di euro destinati ai carri armati T72 dell’esercito di Damasco.

Le consegne sono cominciate nel 1999 e l’anno scorso hanno toccato la cifra record di 55 milioni 614 mila euro.

3.6 - Paesi che ricevono aiuti cooperazione italiana e Paesi indebitati

Nella Relazione si afferma che il Ministero per gli Affari Esteri e quello della Difesa hanno esaminato la congruità della spesa militare di paesi che ricevono gli aiuti italiani alla cooperazione allo sviluppo, una delle condizioni della legge 185. Nel documento si afferma di aver valutato la spesa di 18 Paesi e di tutti si è verificata la congruità. Nulla si dice, però, su quali sono i Paesi esaminati e sui parametri di valutazione presi a riferimento. Come detto il precedenza la mancata menzione dell’utilizzo del criterio 8 del codice di condotta europeo per rifiutare un’esportazione di armamenti nel 2002 porta a ritenere che anche il corrispettivo divieto stabilito dall’art. 1 della legge sia di rara applicazione.

La Relazione non dice nulla in merito ai Paesi importatori di armi italiani, che nel 2003, in base ad accordi governativi bilaterali hanno usufruito della cancellazione del debito estero. Fra essi vi sono alcuni Paesi clienti dell’industria delle armi “made in Italy”.

AUTORIZZAZIONI 2003

Paese di destinazione
Totale valore (in milioni di EURO)

Grecia
248,1

Malaysia
166,0

Cina
127,1

Arabia Saudita
109,2

Francia
88,0

Pakistan
69,6

Polonia
49,1

Danimarca
40,5

USA
37,1

Finlandia
37,0

Kuwait
35,7

Regno unito
32,1

Spagna
32,0

India
26,3

Abu Dhabi
25,3

Brasile
14,7

Romania
13,6

Cipro
11,0

Nigeria
11,0

Egitto
10,1

Germania
9,3

Portogallo
7,9

Messico
7,7

Corea del Sud
7,5

Turchia
7,4

Barhein
7,2

Belgio
5,7

Brunei
4,9

Bangladesh
4,5

Singapore
4,4

Marocco
3,6

Repubblica Ceca
3,4

Oman
3,3

Svezia
3,3

Israele
2,6

Australia
1,8

Paesi Bassi
1,8

Svizzera 1,1

Venezuela
1,1


*

Totale 1.282.330.417,78

* Paesi con importi inferiori ad 1 milione di euro: Norvegia, Sud Africa, Lussemburgo, Albania, Thailandia, Cile, Tunisia, Filippine, Algeria, Uzbekistan, Taiwan, Indonesia, Canada, Russia, Argentina, Slovenia, Malta, Ucraina, Giappone, Qatar, Ecuador, Austria.

ESPORTAZIONI DEFINITIVE 2003

Paese
Totale valore (in milioni di EURO)

Malaysia
90,6

Stati Uniti
61,9

Siria
55,6

Francia
45,7

Egitto
41,8

Abu Dhabi
41,3

Germania
40,8

Spagna
27,2

India
24,3

Regno Unito
22,2

Grecia
21,6

Turchia
20,2

Rep.Ceca
17,4

Belgio
10,1

Brasile
8,9

Norvegia
8,0

Arabia Saudita
8,0

Danimarca
7,1

Venezuela
6,7

Paesi bassi
6,1

Kuwait
6,0

Svizzera
5,7

Singapore
5,4

Corea del Sud
5,1

Messico
5,0

Polonia
5,0

Taiwan
5,0

Pakistan
4,7

Nigeria
3,5

Austria
2,2

Bahrein
1,8

Cina
1,6

Oman
1,4

Israele
1,4

Australia
1,3

Canada
1,3


*

Totale complessivo
629,631

Paesi con importi inferiori ad 1 milione di euro:Portogallo, Tunisia, Giappone, Bangladesh, Cile, Lussemburgo, Slovenia, Qatar, Marocco, Russia, Filippine, Hong Kong, Nuova Zelanda, Kenya, Malta, Romania, Brunei, Argentina, Thailandia, Sud Africa, Svezia, Zambia, Ghana, Ecuador, Perù, Cipro, Irlanda.



La situazione internazionale

Dall’11 settembre 2001, il tema della sicurezza è in cima alle agende politiche dei governi di tutto il mondo. La guerra in Iraq è stata lanciata con il dichiarato scopo di arginare la minaccia dettata dalle armi di distruzione di massa, tuttavia il mondo è pervaso da armi di piccolo calibro e da armi convenzionali che uccidono più di mezzo milione di persone ogni anno. In nome della cosiddetta "guerra al terrorismo", molti paesi hanno allentato i controlli sulle esportazioni verso molti governi che sono noti per la spaventosa situazione dei diritti umani in cui versano i loro paesi.

Eppure impedire che le armi raggiungano paesi colpiti da conflitti o dove vengono sistematicamente violati i diritti umani o dove potrebbero essere riesportate e “triangolate” verso destinazioni vietate, sembrerebbe la strategia più concreta per garantire un maggiore grado di sicurezza a livello planetario. Purtroppo, quello che sta accadendo è esattamente l’opposto. È aumentata a livello internazionale la vendita di armi, in particolare ai nuovi alleati nella lotta al terrorismo, siano essi paesi in via di sviluppo o governi agli ultimi posti della classifica per ciò che riguarda la protezione dei diritti umani. Secondo le analisi condotte dal Sipri, la spesa militare mondiale è aumentata nel 2003 dell’11% dopo un incremento del 6,5% nel 2002.

I divieti previsti dalla legge 185/90 e dal Codice di Condotta Europeo

La relazione non fornisce il numero dei dinieghi effettuati, malgrado questa informazione sia contenuta nella relazione annuale prevista dal Codice di Condotta europeo sulle esportazioni di armi. Nel 2002, l’ultimo dato disponibile, l’Italia aveva effettuato 71 dinieghi, compresi quelli relativi ad armi leggere ricompresse nell’applicazione del Codice di Condotta. Di questi, 44 sono stati adottati in applicazione del criterio 7 che fa riferimento all’esistenza del rischio che l’equipaggiamento possa essere deviato all’interno del Paese acquirente o riesportato verso destinatari inopportuni

. Emerge poi che nessuna autorizzazione è stata rifiutata, nel 2002, in applicazione del criterio 2, che fa riferimento al rispetto dei diritti umani da parte del Paese destinatario, e del criterio 8 che fa riferimento alla compatibilità dell’esportazione di armi con la capacità tecnologica ed economica del Paese destinatario.

In base ad interpretazioni assunte dai vari esecutivi negli anni passati, e introdotte nella legislazione con la modifica adottata dalla legge 148/03, è fatto divieto di concedere autorizzazioni, ai fini dell’applicazione dei divieti di cui all’art. 1 comma 6 lettera d), "verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'UE o del Consiglio d'Europa". Si è ristretto perciò l’ambito di applicazione di questo divieto, individuando quali siano gli organi internazionali a cui fare esclusivamente riferimento. In passato, non si è tenuto conto di delibere di condanna adottate dall’ONU qualora l’Italia si sia astenuta o abbia votato in maniera contraria. Tuttavia, avendo modificato e specificato con la legge 148/03 il dettato del divieto, questa ultima possibilità dovrebbe venir meno.

Riteniamo opportuno che si chiariscano i meccanismi di applicazione di tale divieto, in particolare a quali organismi delle organizzazioni indicate si faccia riferimento e a quali siano le procedure de essi utilizzate. A riguardo, ci sembra che non venga sufficientemente considerato il ruolo importante svolto da organizzazioni non governative indipendenti per il monitoraggio dei diritti umani che, lo ricordiamo, spesso possiedono uno status consultivo riconosciuto da parte di numerose organizzazioni inter-governative.

Armi e conflitti (art. 1 comma 6 lettera a)

India e Pakistan

Le relazioni tra India e Pakistan sono, per certi aspetti, migliorate, malgrado siano rimaste le tensioni di fondo. In India, i problemi legati alla sicurezza hanno continuato a dominare le discussioni di politica estera, anche nell’ambito della "guerra al terrorismo" guidata dagli Stati Uniti che il governo indiano ha continuato ad appoggiare. Amnesty International sottolinea come i civili abbiano continuato a essere bersaglio di gravi violazioni dei diritti umani nel Jammu e Kashmir e decine di denunce per violazione dei diritti umani siano state presentate contro le forze di sicurezza, i paramilitari e i "rinnegati" (ex membri di gruppi di opposizione armata che operano congiuntamente alle forze di sicurezza).

Dopo essere diventato una potenza nucleare nel maggio 1998, il Pakistan ha continuato a testare i propri missili nucleari a corta e media gittata. A giugno 2003, un portavoce del ministero degli Esteri ha affermato che il programma nucleare del Pakistan non sarebbe stato ritirato. Una nuova serie di test nucleari è stata condotta a ottobre. La seconda metà del 2003 è stata caratterizzata da un rapido incremento della violenza settaria, specialmente nelle province di Sindh e Balochistan.

Inoltre, la guerra in Afghanistan ha rafforzato le relazioni militari con gli Stati Uniti di entrambi gli Stati. L’India ha concesso agli Stati Uniti e alle forze alleate l’utilizzo delle proprie basi aeree e navali per agevolare le operazioni in Afghanistan. Gli Stati Uniti, dal maggio 2002, hanno autorizzato numerosi trasferimenti di armi verso l’India, inclusi radar a terra e dispositivi per la visione notturna utilizzati soprattutto per seguire le tracce delle infiltrazioni di ribelli pakistani.

Ciò ha suscitato lamentele da parte del Pakistan. In seguito alla visita del Presidente Musharraf a Washington, l’amministrazione statunitense, che aveva bloccato le esportazioni verso il Pakistan dal 1999, ha annunciato il trasferimento di nuove armi in sostegno alle operazioni anti-terrorismo.

Armi e gravi violazioni dei diritti umani (art. 1 comma 6 lettera d)

Indonesia

Secondo il Rapporto annuale 2004 di Amnesty International, in Indonesia la situazione dei diritti umani si è deteriorata in alcune zone del paese, in quanto il governo ha ripreso ad applicare in maniera sempre più intensa metodi repressivi nei confronti dei movimenti indipendentisti. A maggio, in seguito alla proclamazione di uno stato d’emergenza militare per combattere i gruppi armati indipendentisti nella provincia del Nanggroe Aceh Darussalam (NAD). La decisione di riprendere le operazioni militari nel NAD è stata vista come il segnale di un potere crescente dell’esercito e della sua rinnovata influenza sulla politica del governo.

Anche a Papua, le operazioni militari contro gli attivisti per l’indipendenza, sia armati sia pacifici, hanno portato a violazioni dei diritti umani, tra cui detenzioni arbitrarie e torture.

Arabia Saudita

In Arabia Saudita, secondo Amnesty International, continuano a verificarsi gravi violazioni dei diritti umani, accentuate dalla politica "anti-terrorismo" del governo e da atti di violenza, che le autorità hanno in parte attribuito a simpatizzanti di al-Qaeda. Centinaia di sospetti attivisti religiosi, oppositori e dimostranti sono stati arrestati oppure detenuti in seguito al rimpatrio forzato da altri paesi, mentre lo status giuridico delle persone arrestate negli anni precedenti rimane avvolto nel segreto. Torture e maltrattamenti sono dilaganti.

Nigeria

In Nigeria, nel periodo che ha preceduto le elezioni di aprile e maggio, Amnesty International ha rilevato un aumento degli assassini politici e degli scontri violenti in cui sono morti sostenitori di partiti politici. Il crescente flusso di armi verso la Nigeria e la creazione di gruppi di vigilantes armati ha consentito ai politici di fomentare ulteriormente la violenza a livello locale e statale.

Gruppi di vigilantes armati appoggiati dallo Stato e paramilitari si sono resi responsabili di numerose esecuzioni extragiudiziali nel sud-est del paese, e sono sospettati di essere stati coinvolti in alcuni omicidi di esponenti politici rimasti irrisolti.

In nome della sicurezza e della "lotta al terrorismo" le autorità hanno finito per aggravare ulteriormente la già spaventosa situazione dei diritti umani.

Israele
Nel 2003 verso Israele sono state indiziate varie preoccupazioni di organismi intergovernativi e di organizzazioni non governative.

Ad agosto il Comitato delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale e il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite hanno chiesto a Israele di abrogare una legge, passata a luglio, che proibiva il ricongiungimento familiare per gli israeliani che sposano palestinesi dei Territori Occupati. Il Comitato diritti umani ha chiesto inoltre ad Israele di fermare la costruzione della recinzione/muro all’interno dei Territori Occupati e di permettere la libertà di movimento, di porre fine alle demolizione delle abitazioni, smettere di usare palestinesi come "scudi umani" e di indagare sulle denunce di torture, uccisioni illegali o altre violazioni.

Armi ed embarghi (art. 1, comma 6, lettera c)

Cina
L'embargo di armi dell’UE è stato introdotto nel il 27 Giugno 1989 dopo il massacro di piazza Tienanmen, è fortemente sostenuto anche dall'amministrazione americana che è preoccupata per la stabilità nello stretto di Taiwan. Ciò che impensierisce maggiormente Washington sono, in particolare quei sistemi di alta tecnologia ad uso militare che permetterebbero alla Cina di sviluppare in proprio il suo arsenale.

Alla fine del 2003, i governi dell’UE hanno discusso la proposta di togliere l’embargo. Durante il Consiglio europeo a Bruxelles lo scorso dicembre, il Presidente di turno dell'Unione Europea Silvio Berlusconi aveva presentato la proposta della Francia per la revoca dell'embargo di esportazioni di armi alla Cina.

Il Consiglio dei Ministri degli esteri europei dello scorso 26 e 27 aprile ha, poi, deciso di rinviare ad un esame più approfondito la questione. Un'ulteriore proroga, dunque, dopo quella del summit dei leader europei riuniti a Bruxelles lo scorso fine marzo.

Lo scorso dicembre, inoltre, un'ampia maggioranza del Parlamento europeo (373 voti a favore, 32 contrari e 29 astensioni) si è espressa contro la proposta di abolizione. Con una specifica risoluzione il Parlamento ha riaffermato inoltre che la situazione dei diritti umani nella Repubblica popolare "resta insoddisfacente, le violazioni delle libertà fondamentali continuano, così come continuano le torture, i maltrattamenti e le detenzioni arbitrarie". Una denuncia, tra l'altro, ribadita da un documento ufficiale presentato, il 14 aprile 2004, a Bruxelles da Amnesty International che ricorda "la situazione dei diritti umani in Cina presenta ancora un quadro terrificante: centinaia di migliaia di persone continuano ad essere arrestate in tutto il paese in violazione dei fondamentali diritti umani; condanne a morte ed esecuzioni hanno luogo regolarmente al termine di processi irregolari; i maltrattamenti e le torture sono tuttora diffusi e sistematici; la libertà di espressione e di informazione resta fortemente limitata". Il documento di Amnesty sottolinea inoltre come "il Codice di condotta dell'UE sull'esportazione di armi non possa essere considerato, rispetto all'obiettivo di proteggere i diritti umani, un'alternativa credibile all'embargo sulle armi".

Va ricordato che, nonostante l'embargo, i Paesi dell'UE in questi anni hanno continuato a vendere armi alla Cina. Oltre a Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna anche l'Italia non ha osservato l'embargo.

Negli ultimi dieci anni, ricorda Oscar, l’Osservatorio sul commercio delle armi dell’Ires Toscana, le esportazioni belliche in Cina ammontano a poco meno di 200 milioni di euro.


Armi e sicurezza (art. 1, comma 5)

Siria

La Siria è rimasta sempre più coinvolta nella crisi riguardante la guerra guidata dagli Stati Uniti all’Iraq e la "guerra al terrorismo" internazionale. Il governo degli Stati Uniti ha frequentemente criticato la politica interna ed estera siriana, culminando con l’adozione l’11 novembre da parte del Congresso degli Stati Uniti della legge sulla responsabilità siriana e la sovranità libanese. La legge autorizza nuove severe sanzioni alla Siria per i suoi presunti legami con "militanti estremisti", i suoi manifesti tentativi di sviluppare armi di distruzione di massa e la sua "occupazione" del Libano. Il Dipartimento alla Difesa Usa ha denunciato la possibilità sistemi di controllo del tiro siano stati ceduti all’Iraq.

Paesi che ricevono aiuti cooperazione italiana e Paesi indebitati (art. 1 comma 6 lettera e)

Nella Relazione si afferma che il Ministero per gli Affari Esteri e quello della Difesa hanno esaminato la congruità della spesa militare di paesi che ricevono gli aiuti italiani alla cooperazione allo sviluppo, una delle condizioni della legge 185. Nel documento si afferma di aver valutato la spesa di 18 Paesi e di tutti si è verificata la congruità. Nulla si dice, però, su quali siano stati i Paesi esaminati e sui parametri di valutazione presi a riferimento. Come detto il precedenza la mancata menzione dell’utilizzo del criterio 8 del codice di condotta europeo per rifiutare un’esportazione di armamenti nel 2002 porta a ritenere che anche il corrispettivo divieto stabilito dall’art. 1 della legge sia di rara applicazione.

La Relazione non dice nulla in merito ai Paesi importatori di armi italiani, che nel 2003, in base ad accordi governativi bilaterali hanno usufruito della cancellazione del debito estero.

I programmi internazionali

Per quanto riguarda il nuovo regolamento di attuazione che dovrà essere emanato per procedere alla concessione della licenza globale di progetto, riteniamo che debba garantire alti standard di controllo nelle procedure di autorizzazione e per quanto riguarda le coproduzioni.

Un aspetto importante poi, è quello della trasparenza. La relazione contiene l’allegato “C” che riporta una base minima di informazioni relative ai Programmi di coproduzione intergovernativa. In particolare si riporta il programma, gli Stati e le industrie italiane partecipanti ed una breve descrizione del materiale prodotto da ciascuna azienda. Sarebbe opportuno che le informazioni minime contenute in questo allegato siano analoghe a quelle relative agli elenchi contenuti nell’allegato “A”, relativi alle autorizzazioni e allegato “E” alle esportazioni definitive.

Si vuole, infine, segnalare con grande preoccupazione la lacuna relativa ai controlli sui mediatori di armi, su cui non opera la giurisdizione italiana persino se le esportazioni sono operate in violazione di embarghi internazionali. La posizione comune del Consiglio dell’UE 2003/468/CFSP, del 23 Giugno 2003, alla cui adozione l’Italia ha concorso, sollecita il nostro Paese in questa direzione, in particolare per quanto riguarda il caso in cui siano cittadini stranieri ad operare le mediazioni o in cui le armi non passino sul suolo italiano.

Amnesty International ha lanciato alla fine del 2003 una campagna congiunta con Oxfam e International Action Network on Small Arms (IANSA) affinché sia possibile raggiungere un controllo delle armi a livello mondiale. In Italia le organizzazioni della rete ControllARMI hanno aderito a quest’iniziativa. L’esempio delle coalizioni che hanno portato alla messa al bando delle mine antipersona e alla creazione della Corte penale internazionale ci fanno ritenere che la pressione esercitata dall’opinione pubblica unita al sostegno dei governi riuscirà a produrre un cambiamento di rotta. L’Italia ha avuto un ruolo importante per il successo queste iniziative. Ci auguriamo quindi che il Governo dia il pieno appoggio all’adozione di un trattato internazionale per il controllo delle armi.

ControllARMI - Rete Italiana per il Disarmo è composta da:

ACLI - Amnesty International - Archivio Disarmo - ARCI - ARCI Servizio Civile - Associazione Obiettori Nonviolenti - Associazione Papa Giovanni XXIII - Associazione per la Pace - ATTAC - Beati i costruttori di Pace - Campagna Italiana Contro le Mine - Campagna di Obiezione alle Spese Militari - Centro Studi Difesa Civile - Conferenza degli Istituti Missionari in Italia - Coordinamento Comasco per la Pace - Emergency - FIM Cisl - FIOM Cgil - Fondazione Culturale Responsabilità Etica - Gruppo Abele - ICS - Libera - Movimento Internazionale della Riconciliazione - Movimento Nonviolento - OSCAR - Pax Christi - PeaceLink - Rete di Lilliput - Rete Radiè Resch - Un ponte per…

E-mail: segreteria@disarmo.org

Sito internet: www.disarmo.org

Note: [1] Si veda Sistema Informativo a Schede di Archivio Disarmo anni 2001, 2002, 2003.

[2] Relazione annuale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, pp. 7,8.

[3] LXVII, N. 3, pag. 19

[4] LXVII, N. 3, pagg. 146-153

[5] LXVII, N. 3, pag. 20

[6] vedi www.unimondo.org

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