Ancora una volta uno spettro torna ad aggirarsi tra i soldati italiani
Ancora una volta la notizia giunge da luoghi lontani dai palazzi. E ancora una volta viene sottaciuta, nascosta. Sembra di tornare indietro di anni, quando su moltissime famiglie di militari di ritorno dai Balcani, si abbatté lo spettro dell'uranio impoverito. Allora PeaceLink diffuse le mappe con indicati i luoghi bombardati dal DU. Chi segnalò la situazione fu additato come bugiardo, disfattista e allarmista. Poi, a poco, a poco, la verità venne a galla. E si scoprì che tanti nostri connazionali hanno ricevuto in dono dall'esperienza balcanica la morte, spesso alla fine di una lenta agonia. In questo momento la mia mente non può che tornare a Valery Melis, che ci ha lasciati solo pochi mesi fa. E alla dignità, al coraggio del padre, che fino all'ultimo ha lottato per il figlio, rompendo il muro di omertà. Oggi l'uranio impoverito torna prepotentemente alla ribalta. La denuncia arriva dall'Unione nazionale Arma dei Carabinieri(UNAC) e mercoledì era riportata in prima pagina da Liberazione. Antonio Savino, esponente di primo piano dell'associazione, afferma di aver avuto notizia che 19 suoi colleghi di ritorno dall'Iraq sono ricoverati al Celio, ospedale militare della Capitale. Alcuni di loro sono sotto osservazione, altri in cura. "Abbiamo il timore che questi ragazzi possano essere stati colpiti da tumori o gravi patologie a causa di una sospetta contaminazione da uranio impoverito " queste le esatte parole di Savino, riportate da Liberazione. L'UNAC chiede di sapere se al Celio sono ricoverati dei carabinieri e il perché di questa degenza. L'associazione vorrebbe sapere se questi ragazzi hanno bisogno di assistenza, vuole poter essere vicini a loro. Invece dal Celio non viene nessuna risposta, un riserbo totale. Ma Antonio Savino non si arrende e vuole vederci chiaro. Vuole sapere la verità e da buon carabiniere andrà avanti.
Gli fa eco Michele Garau, segretario sardo dell'UNAC e responsabile legale dell'associazione. Sabato scorso in un incontro, da lui organizzato, dal titolo "Libertà di associazionismo, rappresentativa sindacale nelle Forze armate. Uranio impoverito e scorie nucleari: problemi di salute per militari e civili contaminati e conseguenze per l'ambiente" l'appuntato ha rilanciato la denuncia di Savino. "Sono stato al Celio una ventina di giorni fa ma appena arriviamo noi le porte si chiudono. Ho chiesto di parlare con i responsabili dall'ospedale, nulla di fatto. Mi hanno tenuto nell'anticamera". Ma l'UNAC non si fermerà nella sua opera di investigazione e di ricerca della verità sui militari ricoverati al Celio. E' lo stesso Garau che lo afferma, "sospettiamo che in un padiglione speciale dell'ospedale militare siano ricoverati i militari ammalati di ritorno dall'Iraq. Diverse segnalazioni sono arrivate al nostro call center dalle famiglie dei soldati che ci chiedono informazioni. Dobbiamo riuscire a penetrare questo muro di gomma" Sul sito ufficiale dell'organizzazione, vengono mostrate foto che aumentano i sospetti sull'uso di DU in Iraq e sul rischio che soldati italiani possano essere stati contaminati. Si legge tra l'altro nel sito stesso, "Da tempo abbiamo denunciato che in Iraq è stata usata una enorme quantità di proiettili ad uranio impoverito, che ha lasciato contaminazioni dappertutto. Come può rilevarsi dalle foto inviateci dai nostri colleghi rientrati dall'Iraq, i rilievi furono fatti. Perché non sono stati comunicati ai nostri militari che continuano a passeggiare in Iraq senza alcuna protezione? Quanti morti dobbiamo ancora vedere prima che ci raccontino la verità?".
A fianco dell'UNAC si schiera Falco Accame, presidente dell'Ana-Vafaf, associazione che sostiene i familiari dei militati deceduti. In un intervista comparsa sempre su Liberazione di mercoledì scorso, Accame rilancia la denuncia dell'UNAC. A una domanda diretta del giornalista della testata risponde "Nessuno sa di preciso se questa notizia sia vera o falsa. C'è un muro di omertà difficile da superare, anche se da più parti si sta cercando di conoscere i fatti". Ad oggi quindi nessuno ha confermato la notizia, ma purtroppo neanche smentito, né dal Ministero della Difesa, né dal Celio. Si spera che non sia vera, o comunque che le preoccupazioni siano eccessive. Purtroppo gli eventi passati non ci inducono all'ottimismo. Per questo l'UNAC continuerà la sua battaglia per sapere la verità. Noi pacifisti, schierati sempre dalla parte della vita, non possiamo che appoggiare la loro ricerca. Rimarremo vigili, pronti come in passato a scendere in campo in prima persona. Se qualcuno ci dirà che i nostri connazionali sono sani e salvi non potremo che esserne contenti. Fino ad allora spereremo ciò, ma allo stesso tempo siamo a fianco dell'UNAC e dei familiari dei tanti soldati che sono preoccupati per i loro familiari.
Purtroppo le cronache recenti non ci inducono all'ottimismo. L'ultimo caso di morte in seguito a cancro o leucemia è quello di Fabio Porru. Il giovane era componente della Brigata Sassari. La morte è stata resa nota dal padre al convegno dell'UNAC in Sardegna, di cui si parlava sopra. Alcuni giorni prima Falco Accame era venuto a conoscenza di altre due morti, quella di Maurizio Serra e di Faedda. In tutto i militari colpiti sono stati 250 dal 1999 ad oggi tra i reduci dei Balcani e 25 i morti accertati.
Intanto in Gran Bretagna si registra la prima vittoria giudiziaria di un reduce dal Medioriente. Kerry Duncan ha visto riconosciuto il proprio diritto alla pensione di guerra riconosciuto da un giudice. Duncan si era ammalato di cancro al ritorno dal Medioriente. Tutti i suoi 3 figli hanno gravi malformazioni genetiche, simili a quelle riscontrate nei figli dei reduci della Prima Guerra del Golfo. In Gran Bretagna la triste contabilità è di 606 morti e 5933 che ad oggi hanno richiesto la pensione di guerra. Le commissioni ufficiali, come ha ricordato Falco Accame a Liberazione, non hanno mai dimostrato una connessione diretta tra le malattie e il DU. E' accertata la tossicità, ma ancora si sa se possano portare alla morte. Falco Accame ricorda che in USA la cosiddetta sindrome del Golfo sembra essere sparita da quando sono in vigore le tute anti-radiazioni. Lui stesso afferma che la sindrome potrebbe essere dovuta ad esposizione ad altri inquinamenti chimici, diversi dall'uranio impoverito. Ma l'aumento di malattie e morti in presenza del materiale radioattivo è ormai verificabile. Per questo da più parti si chiede, con sempre maggiore pressione, di poter giungere alla verità. E di fornire ai nostri soldati le stesse protezioni dei loro colleghi statunitensi.
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