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Stima dei danni radiologici da Uranio Impoverito alla popolazione dei Balcani

In appendice i commenti dell'autore su alcuni recenti rapporti sull'Uranio Impoverito pubblicati a livello internazionale
9 aprile 2001
Prof. Massimo Zucchetti (DENER - Politecnico, c.so Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino)

1. Introduzione

Questa nota tecnica assume che il lettore abbia a conoscenza gli argomenti scientifici principali contenuti negli articoli[1] in Rif.1.
Questo lavoro vuole partire da quei dati per effettuare una prima stima dei danni radiologici alla popolazione dei Balcani a causa dei bombardamenti con Uranio Impoverito (DU).Si partirà perciò dai seguenti dati di fatto:

  • L'uranio impoverito (DU) è una miscela di nuclidi (U238, U235, U234) con certe percentuali note (si veda più avanti il dettaglio in un documento citato)

  • Se il DU proviene dagli scarti della preparazione del combustibile nucleare (processo di arricchimento), non si trova al suo interno né U236 né Pu239, purché venga utilizzato in questo processo, come materia prima, dell'uranio "fresco", proveniente soltanto dal processo di estrazione e lavorazione dell'uranio naturale. Se invece il DU è lo scarto di un processo di arricchimento che utilizza come materia prima anche dell'Uranio che proviene dal riprocessamento (riciclaggio del combustibile esaurito degli impianti nucleari) allora questi nuclidi possono essere presenti nel DU.

  • Chiameremo il primo "DU pulito", il secondo "DU sporco", senza, ovviamente, voler intendere con ciò che il DU pulito non sia un materiale pericoloso.

  • La notizia che il DU usato per i proiettili nei Balcani sia, almeno in parte, "sporco" ha trovato conferma nelle rilevazioni dell'UNEP (United Nations Environment Programme) che ha verificato[2] la presenza di U236 nel DU.

  • Il punto di partenza necessario è una informazione corretta sulla composizione del DU. Al di là della miscela di nuclidi principali (i tre isotopi dell'uranio sopra citati), occorrerebbe conoscere, nel caso di DU "sporco", le filiere (tipo di impianto nucleare) di provenienza dell'uranio "da riprocessare", ma soprattutto l'impianto di riprocessamento e le sue caratteristiche.
    Infine, anche conoscendo la composizione originaria del DU pulito e del DU sporco, occorrerebbe conoscere quale mix di questi due è stato utilizzato per produrre il munizionamento.

Verrà fatto riferimento al documento del WISE Uranium Project - Fact Sheet (in breve, documento WISE)[3], che ha svolto dei calcoli sulla base dei dati diffusi dal DOE (Dept. Of Energy USA), verificati dall'autore come esatti.

Daremo perciò credito a queste notizie:

  • Il DU "sporco" usato per scopi militari proviene dall'impianto di arricchimento di Paducah (notizia del DOE).

  • Le composizioni del DU pulito e del DU sporco sono quelle riportate nel documento citato, che saranno commentate nel paragrafo successivo.

  • a presenza di altri prodotti di fissione nel DU sporco (p.es. Cs137, Sr90 et similia) sebbene non da escludersi a priori, non è tuttavia inclusa in questi calcoli, vista la facilità con la quale queste specie chimiche sono separabili dai transuranici.

 

 

2. Composizione dell'Uranio.

Per riassumere, e per chiarire la questione della caratterizzazione del DU, faremo riferimento alle tabelle 2.1 e 2.2 [Ref.1].
Le tabelle 2.1 e 2.2 riportano la composizione del DU, nelle due versioni "pulito" e "sporco", entrambi all'equilibrio soltanto con i prodotti di decadimento non gassosi e a vita breve; saranno quelle che verranno assunte come riferimento per i calcoli.

Tabella 2.1 - Caratterizzazione del DU pulito - Bq di attività per g di materiale. Concentrazione iniziale di nuclidi padri: U238 (99.8%), U235 (0.2%), U234 (0.000821%). Solo i nuclidi non gassosi e a vita media breve hanno raggiunto l'equilibrio.

Nuclide

Attività specifica

Note

U238

1.243e+4

Nuclide padre

Th234

1.243e+4

In equilibrio con U238

Pa234m

1.243e+4

In equilibrio con U238

U235

1.6e+2

Nuclide padre

Th231

1.6e+2

In equilibrio con U235

U234

1.9e+3

Nuclide padre

(TOTALE)

3.95E+4

Non è un numero realmente significativo, perché somma attività di nuclidi con caratteristiche diverse

Si legga: 1.243e+4 = 1.243 104

 

Tabella 2.2 - Caratterizzazione del DU sporco - Bq di attività per g di materiale. Concentrazione iniziale di nuclidi padri: U238 (99.57%), U235 (0.2%), U234 (0.001939%), U236 (0.22%), Pu239 (4.401e-07 %), Np237 (2.469e-05 %).
Solo i nuclidi non gassosi e a vita media breve hanno raggiunto l'equilibrio.

Nuclide

Attività specifica

Note

U238

1.240e+4

Nuclide padre

Th234

1.240e+4

In equilibrio con U238

Pa234m

1.240e+4

In equilibrio con U238

U235

1.6e+2

Nuclide padre

Th231

1.6e+2

In equilibrio con U235

U234

4.48e+3

Nuclide padre

U236

5.43e+3

Nuclide padre

Np237

6.44e+0

Nuclide padre

Pa233

6.44e+0

In equilibrio con Np237

Pu239

1.01e+1

Nuclide padre

(TOTALE)

4.74e+4

Non è un numero realmente significativo, perché somma attività di nuclidi con caratteristiche diverse

Si legga: 1.240e+4 = 1.240 104

 

3. Pericolosità del Plutonio

Per quanto riguarda il DU sporco, vi è poi da tenere in conto, come fa notare il documento WISE, che la composizione assunta prevede che tutto il Pu239 e Np237 si ritrovino nel DU e non vengano purificati. Questo è una notevole sovrastima del reale contenuto di Pu e Np.
Assumeremo per semplicità che Pu e Np ci siano totalmente, salvo poi verificare (si veda in seguito) che il loro contributo alla dose collettiva, e quindi alla pericolosità, è trascurabile (meno del 1%). La loro presenza o meno, in sostanza, non ha grossa rilevanza.
Il Pu può destare forti timori non soltanto per la sua tossicità radiologica, ma anche per la sua tossicità chimica.
Se tuttavia diamo per buone le concentrazioni di Pu calcolate nel documento WISE (che abbiamo visto essere probabilmente sovrastimanti) possiamo calcolare che la presenza di Pu nel DU "sporco" assomma a circa il 4.4e-07% in peso, il che significa 4.4 mg (milligrammi) ogni 1000 kg di DU sporco.
Se partiamo dalle ammissioni della NATO sul numero totale di proiettili al DU sparati nei Balcani, abbiamo che la quantità totale di DU sparso in tutte le campagne dei Balcani corrisponde a circa 15 tonnellate. Anche raddoppiando prudenzialmente questa cifra, otteniamo una quantità di Pu totale di circa 100 mg; data l'elevata chemiotossicità del Pu, questa non è in assoluto una quantità piccola, ma, sparsa su un territorio vastissimo, dà luogo a concentrazioni ambientali infime. L'autore dubita che, anche considerando impatti localizzati e situazioni particolarmente sfavorevoli, si possa arrivare a concentrazioni ambientali di Pu tali da causare ingestioni o inalazioni rilevanti dal punto di vista della tossicità chimica. La radiotossicità (per effetti ritardati), invece, non ha (al contrario di quella chimica) soglia: quindi occorre calcolarne il rischio dovuto alla maggior assunzione di dose da radiazioni e successivamente valutare la rilevanza o la trascurabilità di questo rischio.

 

4. Calcoli di dose collettiva

Per calcolare la pericolosità di un nuclide, occorre stimare la dose all'uomo (in realtà l'equivalente di dose efficace o EDE) supponendo certi scenari di esposizione.
Per stimare il numero totale di insorgenze di eventi gravi (tumori) in più rispetto alla normalità, occorre effettuare un calcolo di dose collettiva. Si intende con dose collettiva la somma delle dosi ricevute da tutte le persone esposte, in questo caso in seguito ad un rilascio di sostanze radioattive. Da questa quantità (che si misura in Svp, Sievert-persona) si può poi risalire, mediante l’applicazione di opportuni coefficienti di rischio, ad una stima dei danni alla popolazione.

Calcoleremo la dose collettiva per questo scenario-tipo:

  • Vie di esposizione. Tutte le vie: inalazione (che risulterà essere la principale), irraggiamento esterno, ingestione attraverso la catena alimentare e la contaminazione delle varie matrici ambientali, etc. etc.

  • Rilascio di 10 kg di materiale ad altezza suolo (quantità plausibile per un singolo attacco con aereo A10, si veda la ref.1).

  • Calcoli di dispersione atmosferica con modello di Pasquill (non con dispersione omogenea, quindi). Distribuzione statistica delle frequenze dei venti e delle condizioni atmosferiche.

  • Distribuzione della popolazione esposta intorno al punto di rilascio, secondo corone circolari concentriche fino ad un raggio di 80 km. L’implementazione di una corretta distribuzione della popolazione intorno al punto di impatto è ovviamente cruciale per la correttezza dei dati di dose collettiva. Per questo calcolo, si sono utilizzati dati prudenziali ottenuti a partire da quelli disponibili. Essi facevano riferimento alla distribuzione di popolazione intorno ad un impianto nucleare posto in zona mediamente popolata. Partendo da questi, si è eliminata la fascia di rispetto (cerchio di raggio 1 km intorno all’impianto, privo di popolazione) e si è ottenuta una distribuzione di popolazione in un sito generico mediamente popolato, valida per un’area geografica dell’Europa occidentale.

  • Modello a compartimenti del corpo umano, secondo raccomandazioni ICRP.

Per questi calcoli, verrà utilizzato il codice di dose alla popolazione GENII. Si tratta di un codice elaborato da un laboratorio statunitense, riconosciuto ed utilizzato a livello internazionale. Si veda la referenza: B.A.Napier et al. (1990), GENII - The Hanford Environmental Radiation Dosimetry Software System, PNL-6584, Pacific Northwest Laboratories (USA).

Per calcolare la dose collettiva all’intera popolazione balcanica dovuta all’uso di tutto il DU da parte della NATO, sarà sufficiente sovrapporre gli effetti di ogni singolo attacco utilizzante 10 kg di DU fino a giungere all’intera massa di DU utilizzato nei Balcani. Ciò, tra l’altro, porta probabilmente ad una sottostima degli effetti totali, in quanto si trascura l’effetto sinergico ed autoesaltante di possibili esposizioni sovrapposte, per popolazioni in zone particolarmente colpite da ripetuti attacchi con DU.

A questo proposito, le ammissioni della NATO porterebbero ad un totale di 33000 proiettili usati nel 1999, e 10000 nel 1995, per un totale di circa 15 tonnellate [Ref.1].

Tuttavia, la NATO ha più volte ammesso di aver "perso il conto" dei proiettili sparati, mentre nessuna cifra è mai stata fornita per il DU sui missili Cruise [Ref.1]. Si ritiene prudenziale pertanto raddoppiare questa cifra, parlando pertanto di 15-30 tonnellate usate in totale nei Balcani.

Il risultato principale del calcolo per un rilascio di 10 kg di DU è riportato qui sotto:

- DU sporco: 28 Svp
- DU pulito: 18 Svp

I numeri sono la EDE collettiva impegnata ("dose collettiva") in tutta la vita da parte della popolazione circostante.

La dose collettiva impegnata massima si ha ovviamente nel primo anno di esposizione, ma è rilevante anche negli anni successivi. Ad esempio:
- DU sporco: 5.9 Svp (1° anno), 4.1 Svp (2° anno), 2.9 Svp (3° anno), e così via.
- DU pulito: 3.7 Svp (1° anno), 2.6 Svp (2° anno), 1.8 Svp (3° anno), e così via.

 

5. Analisi dei risultati: nuclidi e organi rilevanti

Si può verificare come l'irraggiamento esterno, pur incluso nel modello per completezza, è trascurabile rispetto all'inalazione: questo è noto, essendo questi nuclidi principalmente degli emettitori di particelle alfa.

Vogliamo però rispondere ad altri due quesiti importanti:
- Quali nuclidi contribuiscono maggiormente alla dose collettiva?
- Quali sono gli organi più esposti?

Faremo per comodità e completezza solo riferimento al DU "sporco", cioè con tutti i nuclidi.
Alla prima domanda troviamo risposta nella Tabella 5.1, che considera il contributo per singolo nuclide. Più interessante è la Tabella 5.2, che raggruppa il contributo alla dose collettiva per "famiglia", cioè per "nuclide padre più tutti i discendenti".
Alla seconda domanda troviamo risposta nella Tabella 5.3.

Tabella 5.1 - Nuclidi responsabili della dose collettiva per DU sporco. Svp per 10 kg rilasciati.

Nuclide
DU sporco
Note

U238

15 (54%)

Nuclide padre

U236

6.8 (24%)

Nuclide padre

U234

6.1 (22%)

Nuclide padre

U235

0.20

Nuclide padre

Np237

0.042

Nuclide padre

Pu239

0.030

Nuclide padre

Th234

0.0046

Figlio del U238

Pa234

0.00016

Figlio del U238

Altri

Trascurabili

 

Totale

28

 

Tabella 5.2 - Nuclidi maggiormente responsabili della dose collettiva, raggruppati per famiglia (nuclide-padre + tutti i discendenti). DU sporco. Svp per 10 kg rilasciati

Nuclide padre + famiglia DU sporco

U238 e figli

15 (53.4%)

U235 e figli

0.2 ( 0.7%)

U234 e figli

6.1 (21.7%)

U236 e figli

6.8 (24.1%)

Np237 e figli

0.042 ( 0.1%)

Pu239 e figli

0.030 ( 0.1%)

TOTALE

28 (100%)

Tabella 5.3 - Dose collettiva suddivisa per i singoli organi, ovvero, organi più esposti. DU sporco, Svp per 10 kg rilasciati.

Organo

DU sporco

Polmoni

240

Reni

0.046

Superficie delle Ossa

1.3

Midollo Osseo Rosso

0.10

Gonadi

0.011

Intestino

0.045

Altri organi

0.103

Totale *

28

* Per ottenere la dose totale (EDE), occorre moltiplicare la dose ad ogni organo per il suo opportuno fattore di peso.

L'analisi dei risultati ci porta a queste conclusioni:

  • La pericolosità del DU sporco è circa una volta e mezza di quello pulito. L'incremento della cifra totale (155%) è dovuto totalmente all'aumento della dose da inalazione sul compartimento "polmoni".

  • Per il DU sporco, la gran parte della maggior dose rispetto al DU pulito deriva dal maggior contenuto di U234 e dal U236. Infatti, nel DU sporco, solo più il 54% della dose deriva dal U238 e figli.

  • Il contributo del Pu239 alla dose totale è trascurabile (0.1%). Non ha importanza quindi, ai fini della dose totale, se esso sia stato o meno eliminato dal DU in fase di riprocessamento. Quello che conta è la presenza del U236 e del U234. Ciò trova una eccezione parziale nel caso della dose midollare, per la quale il contributo del Pu239 non è trascurabile.

  • Il contributo del Np237 e figli alla dose totale è piccolo (0.2%). Stesso discorso del Pu239, a livello di dose totale. Il suo contributo alla dose midollare è però predominante.

  • Il compartimento di gran lunga più colpito risulta essere quello dei "polmoni", e questo pare del tutto naturale, visto che l’inalazione risulta essere la via di esposizione preponderante. Si ricordi però che il nostro modello include, nel comparto "polmoni", in pratica anche altri organi notevoli - quali i linfonodi del mediastino. Ciò è molto importante, come vedremo fra breve.

  • Esposti risultano anche reni ed intestino, e questo traccia la via dell'uranio "eliminato" attraverso l'escrezione a breve termine.

  • Vi sono però altri organi esposti, fra i quali, in particolare, la superficie delle ossa ed il Midollo Osseo Rosso (che è il produttore degli elementi figurati del sangue ed il cui malfunzionamento causa appunto la leucemia).

  • Per quanto riguarda poi un’ulteriore e notevole categoria di organi colpiti, ovvero i linfonodi, occorre rilevare a questo riguardo una certa insufficienza del modello a compartimenti utilizzato dal codice. Come riportato anche dal rapporto preliminare della Commissione Mandelli[4] (si veda in Appendice una disamina critica di questo ed altri Rapporti recentemente editi), la via di esposizione più rilevante per l’uranio impoverito è l’inalazione e, dai polmoni, una frazione non trascurabile dell’attività in questi depositata si concentra nei linfonodi del mediastino. L’esposizione a radiazioni di questi organi comporta la maggior insorgenza, fra gli altri, del cosiddetto "Linfoma di Hodgkin", la forma tumorale per la quale lo stesso Rapporto Mandelli ha trovato, nella popolazione esaminata, una insorgenza tripla rispetto a quella ritenuta essere nel Rapporto la normalità.

  • Il codice GENII non consente purtroppo di stimare la dose ai soli linfonodi del mediastino. Esso riassume, nel suo modello a compartimenti, tutto nel generico compartimento "Polmoni". Si può solo rilevare come la dose al comparto "polmoni" (240 Svp) rappresenti la parte assolutamente preponderante dell’intera esposizione.

  • Si può perciò soltanto concludere che, fra le patologie generate dall’esposizione a Uranio impoverito modellata in questo lavoro, le maggiori insorgenze si troveranno fra i più radiosensibili fra gli organi del comparto "polmoni" considerato dal modello, ovvero i polmoni stessi e i linfonodi del mediastino, oltre ad altri organi relativamente poco irraggiati ma particolarmente radiosensibili, quali il midollo osseo rosso.

  • Questi risultati (elevatissima dose percentuale ad un comparto in stretto contatto con i linfonodi del mediastino, oltre ad una dose non trascurabile al midollo osseo rosso), in linea generale, rafforzano ulteriormente le evidenze di collegamenti fra esposizione a DU e alcune patologie, come il Linfoma di Hodgkin e la leucemia.

 

6. Stima del numero di maggiori insorgenze tumorali nella popolazione

Dalla stima di dose collettiva totale ricavata nel paragrafo 4, è abbastanza facile risalire ad una stima - sia pur grossolana - delle maggiori insorgenze di effetti tumorali conclamati nella popolazione dei Balcani nei prossimi anni.

Basta infatti sovrapporre gli effetti di tutti i bombardamenti, moltiplicando per 1500-3000 (a seconda che si considerino 15 o 30 tonnellate totali di DU impiegato) i valori di dose collettiva determinati nel paragrafo 4 per il caso dell’uso di 10 kg di DU.

Si ottiene pertanto una stima di dose collettiva pari a:

DOSE COLLETTIVA TOTALE = 28 *[1500-3000] Svp = 42.000 - 84.000 Svp

Si è considerato prudenzialmente il DU sporco. Nel caso di DU pulito, i valori di dose collettiva ammontano a 27.000-54.000 Svp, e perciò non spostano l’ordine di grandezza del fenomeno.

E’ possibile ora applicare a queste esposizioni i fattori di rischio raccomandati dalla ICRP[5].

Si ricorda tuttavia, come riportato dallo stesso Rapporto Mandelli, che i coefficienti di rischio attualmente raccomandati dall’ICRP (derivati da alte esposizioni croniche esterne principalmente a nuclidi beta e gamma emettitori - statistiche su Hiroshima, Nagasaki e pazienti alto-irraggiati per errate cure con raggi X negli anni quaranta) possono essere di dubbia applicazione al caso in esame (esposizioni interne croniche ad alfa emettitori).

Ciononostante, i valori di ICRP sono accettati dall’intera comunità scientifica internazionale, sono alla base di tutte le legislazioni mondiali sulla radioprotezione, e, a conoscenza dell’autore, sono gli unici che siano basati su osservazioni scientificamente valide e non su pretese ed evidenti distorsioni dei fatti che poco hanno a che vedere con la scientificità; pertanto verrà ad essi fatto riferimento.
ICRP raccomanda i seguenti fattori di rischio per esposizione a radiazioni ionizzanti:

  • 5% Sv-1 per l’insorgenza di tumori letali
  • 1% Sv-1 per l’insorgenza di tumori non letali
  • 1.3% Sv-1 per l’insorgenza di effetti ereditari evidenti

In totale, si applica un fattore di 7.3% Sv-1 per il cosiddetto "detrimento sanitario", ovvero per la somma dei tre effetti considerati.

Se applichiamo questi coefficienti, possiamo arrivare a queste stime, su maggiori insorgenze di effetti radioindotti da DU rispetto alla normalità nella popolazione dei Balcani, nei prossimi 50 anni:

Tumori totali: da 2500 a 5000, di cui letali da 2100 a 4200

Effetti ereditari evidenti: da 550 a 1100

 

E’ possibile commentare questi dati, asserendo che, come quasi sempre in questi casi, si tratta di numeri sia grandi che piccoli.

  • Sono numeri grandi in assoluto, poiché si parla di migliaia di esseri umani affetti da tumore.

  • Sono ancora numeri grandi, in quanto non si può accettare, per l’utilizzo di armi al DU, al limite neppure un ulteriore morto in più fra la popolazione. Esso non risulta giustificato non solo da semplici motivazioni etiche, ma anche dai principi generali di radioprotezione [Ref.5], che affermano che l’esposizione collettiva dovuta ad una pratica radioprotezionistica (che comporta l’uso di radiazioni o materiale radioattivo) deve essere ridotta al minimo valore ragionevolmente ottenibile, tenendo anche conto che è obbligatorio verificare se esistano, per ogni pratica, delle alternative - purché valide e percorribili - che non prevedano l’impiego di radiazioni ionizzanti ovvero di materiale radioattivo. Questa verifica rientra nell’applicazione sia del primo principio della radioprotezione (bilancio costi-benefici, che include il costo sanitario) che soprattutto nel secondo (ottimizzazione secondo il principio ALARA).

  • Data l’esistenza di pratiche alternative - utilizzo di munizionamenti non radioattivi (sui quali ci si guarda bene dal fornire giustificazioni etiche, ma qui di altro si parla) - il massimo numero accettabile di vittime da esposizione radioattiva per questa pratica è semplicemente ZERO. Le raccomandazioni ICRP riguardano non soltanto pratiche di nuova attuazione, ma anche la continua revisione e riesame di pratiche già esistenti (si veda, nelle raccomandazioni ICRP 1990 [Ref. 5], il punto 116). Proprio a questo riguardo, risulta assolutamente "raccomandabile" (nel senso giuridico di applicazione della normativa internazionale di radioprotezione), alla luce di quanto sopra esposto, l’abolizione delle armi al DU.

  • Sono ancora numeri grandi, confrontati con altri eventi gravi di tipo radiologico. Si stima che il numero totale di tumori causato dall’evento di Chernobyl ammonti, secondo le stime ufficiali o di organi scientifici accreditati, a valori che oscillano fra il migliaio e sotto la decina di migliaia. Se si dà poco credito alle stime ufficiali, si può fare riferimento alle stime di Greenpeace che parlano di alcune migliaia di morti.

  • Sono tuttavia numeri piccoli, se pensiamo che, su una popolazione di dieci milioni di persone, il normale rateo di insorgenza di tumori è di circa 20.000 morti ogni anno, mentre qui si parla di al massimo 4200 morti in 50 anni, ovvero in media 50-100 morti in più all’anno, dato statistico irrilevabile su un totale dell’ordine delle decine di migliaia.

  • Sono ancora numeri piccoli, se pensiamo a tutte le altre cause di esposizione ad agenti cancerogeni di tipo chimico che la guerra nei Balcani ha provocato [Ref.1], che sicuramente altereranno i dati epidemiologici rispetto alla normalità in maniera ben più ampia dell’uranio impoverito. Per non parlare delle peggiorate condizioni di vita, di alimentazione e sociali (si pensi alla sanità), che incideranno notevolmente sulle statistiche di mortalità da tumore.

  • Per questi ultimi due motivi, appare difficile, attraverso semplici indagini di tipo epidemiologico, riuscire a distinguere una maggior insorgenza di tumori, a livello statistico di tumori totali, nella popolazione dei Balcani, che sia attribuibile chiaramente all’uranio impoverito.

  • Occorrerebbe riuscire ad individuare sottogruppi non esigui di relativamente alto-irraggiati da DU, e confrontarne le statistiche epidemiologiche -che dovrebbero essere assai precise e durature nel tempo - con contemporanei gruppi di non irraggiati, omogenei per età, abitudini sociali, patrimonio genetico.

  • Per migliorare le possibilità di successo di una tale indagine, è raccomandabile, data la particolare forma di esposizione che caratterizza il DU, concentrare l’attenzione su alcune patologie, quali ad esempio il linfoma di Hodgkin o certi tumori liquidi, per i quale l’incidenza del DU può senz’altro essere più rilevante e quindi rilevabile statisticamente.

  • Nel quadro attuale dei Balcani, tuttavia, l’ottenimento di dati scientificamente probanti al riguardo appare impresa assai ardua.

 

APPENDICE

Commenti su alcuni recenti rapporti sull’Uranio impoverito pubblicati a livello internazionale

1)  Rapporti di organismi internazionali

Sono stati resi pubblici recentemente due rapporti di organismi internazionali, riguardanti il problema della pericolosità dell’Uranio depleto (DU) usato per scopi militari nei Balcani.
Il primo è un rapporto dell’Unione Europea (Opinion of the group of experts established according to Article 31 of the EURATOM Treaty -- Depleted Uranium), reperibile al sito:
http://europa.eu.int/comm/environment/radprot/opinion.pdf.
Il secondo è il Rapporto dell’Unep (Depleted Uranium in Kosovo - Post-Conflict Environmental Assessment), reperibile al sito: http://balkans.unep.ch/du/reports/report.html.
Ad una prima lettura dei documenti, emergono i seguenti punti critici, che spiegano ampiamente le conclusioni rassicuranti alle quali i due documenti giungono.

1.1)  RAPPORTO UNIONE EUROPEA
In esso, che non considera tra l’altro la questione della pericolosità chimica, si arriva ad escludere qualunque pericolosità radiologica del DU. Si afferma che, considerando tutte le possibili realistiche vie di esposizione, il DU non può arrivare a causare detrimento sanitario (cioè malattie o morte).
Cercando la ragione di queste conclusioni, davvero peculiari per un materiale radioattivo, si evince che:

  • Il rapporto considera che il DU nelle munizioni non prenda praticamente fuoco, se non in piccolissima parte e quindi non vada praticamente in aerosol. Escludendo o minimizzando così la via di esposizione preponderante (inalazione), è facile giungere a queste conclusioni. In realtà, questa assunzione non è per nulla giustificata e realistica.
  • Il rapporto afferma che dosi fino a 100 mSv (circa 50 volte il fondo naturale) non provocherebbero rilevante aumento nella popolazione degli effetti sanitari dovuti alle radiazioni ionizzanti. Questa affermazione si commenta da sola: ricordiamo come i limiti di legge in Italia parlino di 1 mSv come dose massima per la popolazione (cento volte di meno del valore che il rapporto afferma essere irrilevante). Se l’intera popolazione italiana fosse esposta a questa dose "irrilevante", ne risulterebbero 300.000 nuovi casi di tumore all’anno, una cifra evidentemente ritenuta trascurabile dagli esperti dell’Euratom.

1.2)  RAPPORTO UNEP
Il rapporto dei tecnici dell’Unep contiene molti dati e rilevazioni interessanti e pregevoli. Tuttavia:

  • Le misurazioni sono state fatte a distanza di anni dai bombardamenti. Il sottoscritto ha già ampiamente spiegato in altre sedi [1] come sia improbabile, a distanza di anni, rilevare l’inquinamento da DU con le usuali misure di contaminazione ambientale. Occorre ricorrere a bioindicatori/bioaccumulatori, nei quali si può ancora rilevare il DU anche dopo parecchio tempo dai bombardamenti.

  • Il rapporto afferma infatti di non aver trovato concentrazioni ambientali rilevanti di DU e questo appunto non stupisce. Tuttavia, contraddice le sue stesse conclusioni (il DU in seguito ad un bombardamento non si sparge nell’atmosfera se non entro un piccolo raggio dall’esplosione, ergo l’esposizione della popolazione nel suo insieme risulta trascurabile), leggendo quanto scritto nell’Appendice VI del Rapporto stesso.

  • In essa vengono riportati i dati sui rilevamenti di DU in certi bioindicatori (licheni e muschi). Si legge [2] che in tutti i casi in cui si è ricorso a questa misura si è trovato rilevante traccia di DU, segno che esso si era polverizzato e sparso nell’atmosfera. Questo, anche in concomitanza con rilevazioni nulle di contaminazione del suolo. Si raccomanda nel Rapporto l’uso di questi bioindicatori in future rilevazioni.

  • Questa appare perciò una implicita affermazione di non aver utilizzato le tecniche più adeguate per la rilevazione del DU. Risultano perciò opinabili ed inficiate tutte le affermazioni del rapporto sulla pericolosità del DU.

  • Inoltre, solo in 11 siti sugli oltre 200 indicati sono state effettuate misurazioni. Date le caratteristiche "a spot" dell’inquinamento da DU, questo compromette la completezza ed esaustività dell’indagine.

  • Ci si chiede infine perché non siano state prese in considerazione le misure degli scienziati jugoslavi fatte al tempo giusto (subito dopo i bombardamenti), e che avevano rilevato concentrazioni di DU anche ordini di grandezza oltre il normale [1]

I pochi esempi qui citati, frutto di una prima lettura dei rapporti, permettono di concludere come siano del tutto azzardate ed ingiustificate le sentenze assolutorie sulla pericolosità dell’uranio impoverito.

[1] M.Cristaldi, A.Di Fazio, C.Pona, A.Tarozzi, M.Zucchetti "Uranio impoverito (DU). Il suo uso nei Balcani, le sue conseguenze sul territorio e la popolazione", Giano, n.36 (sett-dic. 2000), pp. 11-31.

[2] "The presence of DU in these samples (Lichens, nota di M.Zucchetti) indicates the earlier presence of DU in the air, which means that at least some of the penetrators have hit hard targets and shattered into dust and dispersed in air. In fact, in some locations such as Vranovac Hill, Bandera/Podzhar and Belebrod there was no measurable widespread ground contamination. This underlines the possibility of using in the future lichens and barks as sensitive bio-indicators in areas in which DU ammunition has been used."

 

2)    Rapporto preliminare della "Commissione Mandelli"

Con riferimento ai lavori della Commissione scientifica sull’uranio impoverito nominata dal Ministro della Difesa, presieduta dal prof. Mandelli ("Commissione"), il sottoscritto ha esaminato la Relazione Preliminare emessa dalla Commissione in data 19.3.2001.

1) Nell’esprimere apprezzamento per il lavoro effettuato dai membri della Commissione e per i dati messi a disposizione, si esprime stupore tuttavia sul fatto che i risultati di questo lavoro siano stati intesi come "Assoluzione dell’Uranio impoverito", facendo ampio torto al reale contenuto del rapporto stesso.

2) Inoltre, sullo specifico del metodo utilizzato nel rapporto e sui suoi risultati preliminari, verranno espresse alcune osservazioni critiche, atte più che altro, se prese in considerazione, a migliorarne i contenuti.

2.1) La relazione preliminare NON è (e non poteva essere) una assoluzione dell’uranio impoverito.

Il sottoscritto in particolare, a questo riguardo, concorda pienamente con i membri della Commissione sui seguenti punti:

  • Si tratta di una relazione preliminare su un aspetto specifico dell’intera questione, ovvero la maggior incidenza di tumori rispetto al normale nei militari italiani in missione nei Balcani.

  • La quantità di dati a disposizione era troppo esigua per poter permettere sia di negare sia di affermare con certezza il legame fra uranio impoverito e certe neoplasie.

  • Sarà necessario un accurato monitoraggio nel tempo, sia per quanto riguarda l’acquisizione di eventuali nuovi casi, sia per controlli da effettuare su altre popolazioni a rischio, sia per seguire nel tempo la coorte dei soggetti militari esposti. E’ necessario in particolare aggiornare il numero di casi di neoplasie mediante l’acquisizione della documentazione necessaria alla conferma diagnostica delle segnalazioni che arriveranno alla Commissione nei prossimi mesi.

  • Il ruolo di altre cause oltre all’uranio impoverito non ha potuto essere preso in considerazione.

  • Le considerazioni effettuate sul ruolo dell’uranio impoverito sono preliminari e derivano dalla letteratura e dalle campagne recenti dell’UNEP.

  • L’incidenza di alcune forme tumorali (linfoma di Hodgkin, ma anche altre) è superiore all’atteso, anche se, viste le precedenti premesse, erano di statistica dubbia e l’attribuzione all’uranio impoverito non è stata possibile. Vi sono tuttavia lavori in letteratura che indicano una possibile correlazione fra linfoma di Hodgkin e esposizione interna da Uranio impoverito.

Se questa è una sentenza assolutoria, allora il sottoscritto qui, alla pari dei membri della Commissione nel Rapporto, si è probabilmente espresso in una lingua diversa dall’italiano corrente!

2.2) Sui seguenti punti della relazione si esprimono invece alcune perplessità e osservazioni. In particolare:

  1. La statistica sulla normalità o meno rispetto all’atteso del numero di casi di malattia riscontrati dipende ovviamente da due parametri, cioè:
    1. Il numero di casi di tumore preso in considerazione.
    2. La popolazione globale presa come campione statistico. Se infatti 10 casi di tumore, ad esempio, sono "sotto il normale" su una popolazione di 1 milione di persone, sono "sopra il normale" su una popolazione di 1000 persone.
    1. L’esame dei casi di malattie e morti attribuibili all’uranio impoverito deve prendere in esame, vista l’esiguità del fenomeno, la maggior base possibile di casi significativi, per migliorare la affidabilità dell’indagine. Allora, i molti ulteriori casi segnalati dalle associazioni di militari colpiti (quali la AnaVafaf e altre) non possono non essere presi in considerazione, e probabilmente, visti i piccoli numeri, potrebbero modificare alcune delle conclusioni ora tratte nel Rapporto.
    2. La popolazione considerata "esposta" ai fini della statistica sulla normalità dell’insorgenza dei tumori è di ben 57164 soggetti, includendo fra i potenzialmente esposti anche soggetti che sono stati nei Balcani per una sola volta e per tempi brevissimi (anche fino ad un sol giorno, in teoria!), oppure in date talmente posteriori ai bombardamenti e/o in luoghi così lontani da esso da poterne escludere con ogni probabilità l’esposizione da uranio. La statistica stessa sui colpiti da linfoma di Hodgkin, ad esempio, indica in 173 giorni la durata media della permanenza, con un minimo di 64 giorni per un solo caso. Come altro esempio, sono stati inclusi anche i militari andati in missione in Albania, che da Uranio impoverito non è mai stata toccata. In sostanza, se si includono nella statistica persone che all’uranio non sono state esposte mai, da un lato, e si escludono invece casi di patologie che potrebbero aumentare la statistica, dall’altro, risulta ovvio come si possa giungere alle conclusioni sulla "normalità rispetto alle attese" dell’incidenza di tumori.

  2. Sulla determinazione di queste grandezze il rapporto solleva dei dubbi. Infatti:
  3. Per quanto riguarda lo screening dei militari esposti per accertare l’esposizione ad uranio impoverito (ovvero gli esami da effettuare su potenziali contaminati, ma senza patologie) è ben noto [si veda come solo esempio la ref. 1] che esami ematologici e delle urine "standard" non possono, a distanza di qualche anno, rilevare alcunché, tranne il caso di militari con proiettili ritenuti, che non si applica qui. La tipologia di esami da effettuare risulta più complessa in questo caso. E’ anche improbabile, che, a distanza di anni, il meccanismo di esposizione alla risospensione di polveri da parte di militari "alla prima esperienza" sia in grado, a distanza di anni dai bombardamenti, di provocare in costoro una esposizione significativamente rilevabile. Si fa notare in ultimo che l’analisi "Whole Body Counter" è poi inefficace alla rilevazione di contaminazioni da alfa emettitori quali l’uranio.

  4. Si concorda con la Commissione che la via di esposizione più rilevante per l’uranio impoverito è l’inalazione e che, dai polmoni, una frazione non trascurabile dell’attività in questi depositata si concentri nei linfonodi del mediastino. Questo tuttavia, al di là delle comprensibili cautele e premesse della Commissione già esaminate, appare un segnale significativo di correlazione fra l’eccesso di casi di linfomi di Hodgkin e l’esposizione a uranio impoverito. Si concorda però su come occorra meglio chiarire il ruolo della contaminazione interna da uranio nella eziologia dei linfomi, campo di ricerca sul quale non vi sono sufficienti dati.

  5. Fra le statistiche del UNSCEAR citate nel Rapporto riguardo il linfoma di Hodgkin, risultano purtroppo di scarsa utilità quelle legate a esposizione a Iodio-131 e al gas Radon, mentre è interessante la statistica del 1994 che riporta, fra i lavoratori addetti alla lavorazione del minerale uranifero (quindi professionalmente esposti a inalazione di polveri di uranio) casi in eccesso di linfoma di Hodgkin, pur in presenza di normale incidenza di tumori a polmoni e ossa.

  6. La citazione dei rassicuranti risultati del rapporto UNEP [2]: "non è stata registrata una contaminazione significativa delle aree sottoposte a mitragliamento con dardi all’uranio impoverito" non rassicura affatto, purtroppo, a causa di forti dubbi riguardo la liceità di tali conclusioni. Infatti:
    • Le misurazioni sono state fatte a distanza di anni dai bombardamenti. Il sottoscritto ha già ampiamente spiegato in altre sedi [3] come sia improbabile, a distanza di anni, rilevare l’inquinamento da DU con le usuali misure di contaminazione ambientale. Occorre ricorrere a bioindicatori/bioaccumulatori, nei quali si può ancora rilevare il DU anche dopo parecchio tempo dai bombardamenti.
    • Il rapporto afferma infatti di non aver trovato concentrazioni ambientali rilevanti di DU e questo appunto non stupisce. Tuttavia, contraddice le sue stesse conclusioni (il DU in seguito ad un bombardamento non si sparge nell’atmosfera se non entro un piccolo raggio dall’esplosione, ergo l’esposizione della popolazione nel suo insieme risulta trascurabile), leggendo quanto scritto nell’Appendice VI del Rapporto stesso.
    • In essa vengono riportati i dati sui rilevamenti di DU in certi bioindicatori (licheni e muschi). Si legge che in tutti i casi in cui si è ricorso a questa misura si è trovato rilevante traccia di DU, segno che esso si era polverizzato e sparso nell’atmosfera. Questo, anche in concomitanza con rilevazioni nulle di contaminazione del suolo. Si raccomanda nel Rapporto l’uso di questi bioindicatori in future rilevazioni.
    • Questa appare perciò una implicita affermazione di non aver utilizzato le tecniche più adeguate per la rilevazione del DU. Risultano perciò opinabili ed inficiate tutte le affermazioni del rapporto sulla pericolosità del DU.
    • Inoltre, solo in 11 siti sugli oltre 100 indicati sono state effettuate misurazioni. Date le caratteristiche "a spot" dell’inquinamento da DU, questo compromette la completezza ed esaustività dell’indagine.

  7. Si concorda con la Commissione che i coefficienti di rischio attualmente raccomandati dall’ICRP (derivati da alte esposizioni croniche esterne principalmente a nuclidi beta e gamma emettitori - statistiche su Hiroshima, Nagasaki e pazienti alto-irraggiati per errate cure con raggi X negli anni quaranta) siano di difficile applicazione al caso in esame (esposizioni interne croniche ad alfa emettitori). Questo, tra l’altro, costituisce un ulteriore elemento di critica a molte delle rassicuranti stime recentemente pubblicate [4].

In conclusione, il sottoscritto, al contrario di considerarlo una sentenza assolutoria, considera il Rapporto della Commissione come un pregevole primo risultato di una analisi che andrà ovviamente completata. Segnala in particolare la necessità di migliorare e rivedere la statistica (come riportato nel punto A di questo Documento) e di proseguire nell’interessante analisi della correlazione fra alcune forme tumorali (linfoma di Hodgkin) e l’esposizione interna da Uranio (punti C e D di questo Documento).

[1] F.J.Hooper et al. "Elevated urine uranium excretion by soldiers with retained uranium shrapnel", Health Phys. 77(5) (1999) 512-519.
[2] Unep, Depleted Uranium in Kosovo - Post-Conflict Environmental Assessment, marzo 2001, reperibile al sito: http://balkans.unep.ch/du/reports/report.html.
[3] M.Cristaldi, A.Di Fazio, C.Pona, A.Tarozzi, M.Zucchetti "Uranio impoverito (DU). Il suo uso nei Balcani, le sue conseguenze sul territorio e la popolazione", Giano, n.36 (sett-dic. 2000), pp. 11-31.
[4] Unione Europea, Opinion of the group of experts established according to Article 31 of the EURATOM Treaty -- Depleted Uranium, reperibile al sito: http://europa.eu.int/comm/environment/radprot/opinion.pdf.

 

3)    Commenti del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC)
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha emesso, il 26 marzo 2001, un comunicato riguardante gli effetti dell’uso di armi al DU sulla salute, nonché sugli aspetti di legalità di utilizzo di queste armi. Si può reperire al sito: http://www.nato.int/du/docu/d010402a.htm
Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, il comunicato è di poca utilità, riportando citazioni del già commentato Rapporto Unep [2], in parte, ed in altra parte basando le proprie osservazioni principalmente sulla ricerca di uranio nelle urine, per giunta su personale di staff internazionale giunto sui luoghi ben dopo i bombardamenti. Risulta superfluo ribadire - come già fatto rilevare nelle precedenti parti di questo allegato - che da esami del genere non si può ottenere alcun risultato.
Tuttavia, il ICRC "nota con interesse che il rapporto UNEP richiede ulteriori accertamenti scientifici per risolvere le incertezze sul tema dell’impatto ambientale del DU". Per il momento , il personale ICRC nei Balcani fornirà istruzioni alla popolazione locale atte a evitare la contaminazione a seguito di interazione con possibili relitti contaminati al DU, ritenuto evidentemente un materiale pericoloso.
Rilevante è infine la parte finale che concerne gli aspetti legali.
In essa viene cautamente fatto rilevare come l’utilizzo di armi al DU sia in aperta violazione alla legislazione internazionale umanitaria, ed in particolare l’art.36 del primo protocollo addizionale della Convenzione di Ginevra del 1977. Si invitano gli Stati e le coalizioni fra stati (aperto riferimento alla NATO) ad avviare le opportune procedure legali atte a verificare l’esistenza di queste violazioni.



[1] M.Cristaldi, A.Di Fazio, C.Pona, A.Tarozzi, M.Zucchetti, "Alcune tesi e fatti sull'uranio impoverito (DU), sul suo uso nei Balcani, sulle conseguenze sulla salute di militari e popolazione", Giano 36 (sett.-dic. 2000) pp. 11-31.
M.Zucchetti ‘Caratterizzazione dell’Uranio impoverito e pericolosità per inalazione’, Giano, 36 (sett-dic. 2000), pp. 33-44.

[4] "Relazione Preliminare Della Commissione Istituita Dal Ministro Della Difesa Sull’incidenza Di Neoplasie Maligne Tra I Militari Impiegati In Bosnia E Kossovo", http://www.difesa.it/

[5] ICRP, Recommendations of the International Commission on Radiological Protection, Publication 60, Vol. 21, Pergamon, Oxford, 1991.

 

Allegati

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