Rinasce il militarismo
L'impressione che si ricava in questi ultimi anni sentendo le notizie che riguardano le nostre Forze Armate è di una rinascita del militarismo, ampliato e favorito da una retorica sulla Patria enfatizzata dai vari mezzi di comunicazione di massa.
Certo questo fenomeno è stato favorito dall'abolizione della leva obbligatoria, fatto di per sé positivo, che ha portato gli italiani a disinteressarsi del tema della difesa e della risoluzione dei conflitti, affidandolo solamente all'iniziativa dei “professionisti” del conflitto: i militari.
Oltre a questo hanno indubbiamente contribuito nel 1991, subito dopo la fine della Guerra nel Golfo, i documenti che hanno delineato le nuove strategie delle Forze Armate dalle quali si apprende che “il Medio Oriente riveste una valenza strategica particolare per la presenza delle materie prime energetiche necessarie alle economie dei Paesi industrializzati,........." e che gli obiettivi di fondo della politica di sicurezza nazionale sono anche la “tutela degli interessi nazionali nell'accezione più vasta di tali termini, ovunque sia necessario”, introducendo il concetto di SICUREZZA e non di DIFESA, ma soprattutto la nuova immagine con cui l'Esercito si è presentato agli occhi dell'opinione pubblica.
In questa ri-definizione di immagine le Forze Armate:
- si sono dotate di un potente servizio di pubblicità e marketing, tra l'altro con la partecipazione annuale ad iniziative svolte nelle principali sedi di villeggiatura italiana, dove i mezzi militari e gli strumenti di morte diventano enormi giocattoli per attirare bambini e famigliole in vacanza entusiasticamente affascinate dalle foto vicino al carro armato o all'aereo supersonico;
- hanno evidenziato e attirato nuove reclute per la ferma volontaria non sugli aspetti della professione militare, ma sui vantaggi che si può conseguire tramite questa (incentivi economici; la possibilità a fine ferma di ottenere riserve di posti di lavoro nella polizia, nei vigili nel fuoco, nelle guardie forestali, nelle guardie penitenziarie e nelle amministrazioni pubbliche; opportunità di crescita professionale imparando un mestiere; opportunità di conseguire titoli di studio, brevetti o altro, ecc.);
- hanno cambiato il loro lessico: non si parla più di guerra, ma di missioni di pace o umanitarie. Negli interventi militari all'estero ci si riferisce a peacekeeping (mantenere la pace), peaceenforcing (rafforzare la pace), peacemaking (fare la pace); le parole guerra, morte, distruzione, sangue sono bandite e non si devono più usare.
Si parla di soldati volontari, per le cosiddette “missioni di pace”, che però percepiscono mensilmente dai 4.000,00 euro in su, oltre ad altre agevolazioni (nessun moralismo ovviamente di carattere economico, se uno rischia la pelle è giusto che sia pagato, ma chiamarlo volontariato mi sembra esagerato); si parla di operatori della sicurezza per persone che hanno scelto di mettere a repentaglio la loro vita per stipendi e agevolazioni altissime e che sono presenti in zone di conflitto senza neanche passare dai canali ufficiali delle Forze Armate italiane o del governo italiano.
Si parla di forze di liberazione o di coalizione ( non vengono mai definite forze di occupazione) per eserciti che sono andati a fare una guerra illegale e non approvata -fino all'altro giorno, ma un provvedimento successivo non sana un errore precedente- da nessun organismo internazionale, tra l'altro con la motivazione di impedire ad un dittatore (perchè comunque Saddam era un dittatore) di usare armi di distruzione di massa, quando queste non sono successivamente mai state trovate.
- Sul tema della guerra le notizie ai giornalisti, almeno nella maggioranza dei casi, vengono date tramite riunioni apposite (briefing) gestite dagli stessi militari, si disincentiva la ricerca e l'approfondimento delle notizie o di fonti alternative.
- La festa della Repubblica, che dovrebbe celebrare l'unità nazionale, diventa sempre più una grande parata militare (ma i militari hanno la loro festa il 04 novembre) sul modello di quelle effettuate dai regimi comunisti dell'Unione Sovietica nella piazza Rossa, che speravo di non vedere più.
- L'industria bellica e il commercio delle armi tornano ad essere, vedi recente modifica della legge 185 del 1990, fonte di ricchezza e di sviluppo dal carattere neutrale, come ricercare, produrre o vendere qualsiasi altra merce.
Se tutto ciò è vero, se rinasce il militarismo è necessario far rinascere l'antimilitarismo, l'obiezione di coscienza (che non si esaurisce nel servizio civile), la riflessione sulla nonviolenza e sui metodi per affrontare i conflitti senza l'uso della violenza; bisogna promuovere la creazione dei corpi civili di pace, soprattutto nella prospettiva di una difesa europea che non affidi solo ai militari o a potenze militari non europee il tema della soluzione e della gestione dei conflitti nazionali ed internazionali.
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