Torri gemelle, stessa sindrome?
Antonietta Gatti è responsabile del Laboratorio dei biomateriali dell'università di Modena e lavora a una ricerca sulle correlazioni tra tumori ed esposizione a nano particelle di metalli pesanti. Finora è sempre risultato complesso - o almeno così è stato fatto intendere dalle commissioni ufficiali incaricate - dimostrare come l'uranio impoverito agisce direttamente. L'ipotesi sostenuta dalla scienziata è quella di una compresensa ed interazione di fattori, probabilmente la più credibile. La Gatti ha compiuto analisi su venti militari reduci dalla prima guerra del Golfo e da quella nei Balcani. Tra questi anche il maresciallo Marco Diana. Nei tessuti prelevati tramite biopsia è stata riscontrata la presenza di nano particelle di zirconio, cadmio, nichel, titanio, stagno e piombo.
L'ipotesi è che le particelle siano entrate nell'organismo dei soldati per inalazione di polveri alle quali i militari sono stati esposti durante le missioni di guerra .
«Nelle esplosioni», dice la dottoressa Gatti, «i metalli di cui sono fatti missili, proiettili e carri si liquefanno ad altissime temperature e dalla fusione si sprigiona polvere contenente nano particelle».
La Gatti è stata invitata a New York dalla Foundation for the advancement of science per illustrare i risultati del suo studio. «Dopo l'attentato alle Torri gemelle», spiega la Gatti, «a Manhattan c'è stata una forte crescita di patologie tumorali. Lì due aerei si sono dissolti, così come le strutture metalliche delle torri».
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