Dimenticando Piazza Tienanmen
La politica Italiana ha la memoria corta o tende a ricordare i fatti in
modo tale che se diventano scomodi, debbano essere rimossi dalla memoria
collettiva.
Nella recente visita del Presidente della Repubblica Italiana in Cina
accompagnato da alcuni esponenti di governo ed industriali, il Presidente
ha auspicato la rimozione della sanzioni sull'esportazioni delle armi che
gravano sul paese orientale, instituite sull'onda dell'indignazione
mondiale dopo che erano sorti i moti spontanei del 1989 da parte degli
studenti che reclamavano maggior liberta'ed una lotta alla corruzione che
gravava sulla dirigenza politica dell'epoca.
Per chi ama avere memoria dei fatti, puo' ricordare le immagini che
hanno fatto il giro del mondo del giovane innanzi al carroarmato
nell'immensa piazza.
Stando alla cronache dell'epoca i morti furono secondo le stime
ufficiali trecentoventi, secondo Amnesty international circa 1300.
Al di la' della freddezza dei numeri, rimane il fatto che questi morti
sono stati rimossi dalla memoria collettiva, cosi' come quasi tutti i
fatti che sovente avvengono in Tibet che da anni patisce un occupazione
militare con le conseguenze repressioni che diventano bagni di sangue per
civili, e le privazioni delle liberta' religiose, perche' il governo
Cinese teme che possano far aggregare movimenti politici atti a reclamare
il diritto d'autodeterminazione ed indipendenza del Tibet dalla Cina.
Nel nome dei nuovi rapporti economici, prioritari per gli attuali
assetti mondiali, i diritti umani in Cina sono una questione interna,
dove la comunita' internazionale nel nome delle alleanze, evita di
metterle nei tavoli di discussione e nelle agende di politica
internazionale, perche' altrimenti potrebbero apparire come un ingerenza
di stati esteri sulla politica interna Cinese.
Fa riflettere ancor di piu' che il presidente della Repubblica
Italiana, avente un passato nella resistenza antifascista e che ha
combattuto per la liberta' contro il regime nazifasciasta, oggi
dimentichi i suoi trascorsi, abdicando nel nome dei rapporti commerciali
gli ideali di liberta' che da sempre hanno caratterizzato la sua persona
e la sua storia umana.
Vedere la politica Italiana ed Europea da una parte difendere e
valorizzare la pace come bene supremo dei cittadini, e dall'altra
mostrare aperture verso il commercio Internazionale d'armi, puo' indurre
il cittadino a credere che i valori decantati nella costituzione
Italiana, e nella nuova costituzione europea appartengano alla ritualita'
degli eventi, pronte per essere disattese in maniera plateale o
silenziosa, quando ci sono da difendere e promuovere interessi economici
che, come nel caso del commercio d'armi, durante le guerre che funestano
da millenni questo povero pianeta annoverano fra le vittime sconosciute e
mai conteggiate negli annali, innocenti, mentre i colpevoli politici
raramente raggiungono l'onore delle cronache dei tribunali internazionali
per i crimini di guerra.
Sorge l'domanda finale che andrebbe rivolta alla dirigenza politica
Italiana ed Europea sulla questione dell'export d'armi, non solo
riguardante la Cina: La classe politica conosce le opinioni dei cittadini
europei, o agisce autonomamente senza tener conto dell'opinione pubblica
Europea?
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