Napoli città di pace?
Il 23 febbraio un discreto numero di unità della Marina Militare degli Stati Uniti d’America sono arrivate nel porto di Napoli. Un avvenimento di per sé ben poco compatibile con l’immagine di una città di pace – così come le autorità politiche della città amano definirla – ma, purtroppo, perfettamente in linea con gli ultimi avvenimenti che hanno ridefinito il ruolo di questa metropoli nello scenario di guerra permanente in cui siamo costretti a vivere negli ultimi tempi.
La Marina Militare U.S.A., infatti, ha abbandonato i lidi inglesi per approdare in Italia, luogo ben più vicino agli obiettivi strategici che sono stati evidenziati dagli ultimi avvenimenti bellici, che hanno visto il Mediterraneo assumere un ruolo chiave – ruolo che le popolazioni avrebbero volentieri evitato, dato il carico di morte e di sopraffazione che ha portato con sé.
L’intera penisola è perciò stata interessata da questo spostamento di unità belliche, fenomeno che è passato largamente sotto silenzio e che solo negli ultimi tempi sta cominciando a ricevere, almeno da parte del movimento d’opposizione che ha animato la lotta alla globalizzazione capitalistica, una qualche attenzione.
Napoli, in particolare, svolge un ruolo chiave in questo processo, vedendo la presenza proprio del Comando Generale. Pertanto, presenze poco gradite come queste saranno sempre più un dato caratteristico del Golfo di Napoli, come hanno potuto notare i suoi abitanti già nel recente passato: a luglio scorso, chi prendeva i traghetti per recarsi nelle isole poteva notare, sulla rotta del ritorno, una portaerei nucleare e la sua scorta fare bella mostra di sé.
Il trasferimento dell’U.S. NAVY all’aeroporto di Capodichino è la ciliegina sulla torta di un territorio colmo di servitù militari, da quelle ben conosciute – il Comando N.A.T.O. di Bagnoli in testa – ad altre semisconosciute ma ben presenti – come le strutture militari presenti nei territori di Mondragone, Giugliano, Castellammare… Di fronte a questo scenario, la creazione – ufficializzata il 9 febbraio scorso – di un Comitato Regionale per la Smilitarizzazione del Territorio è stata la prima reazione ad esso, nel desiderio di un mondo diverso, e possibile.
Napoli 25/02/05
Articoli correlati
- Il Schweizerische Friedensbewegung (SFB), il movimento svizzero per la pace
Sì alla pace, No alla NATO: l’appello del movimento svizzero per la pace
Il SFB esorta alla resistenza contro l’avvicinamento della Svizzera alla NATO e lancia l’appello “No all’adesione alla NATO!”. L’alleanza militare, che ha già condotto diverse guerre di aggressione, rappresenta una grave minaccia per la pace nel mondo.8 gennaio 2025 - Pressenza Zürich - La nuova cortina di ferro
La lunga frontiera dall'Ucraina a Trieste
Breve analisi delle prospettive che si aprono in Europa dopo la prevedibile, anche non certo imminente, fine del conflitto armato in Ucraina. Una guerra persa da Kiev sul campo e dai suoi sponsor occidentali.23 dicembre 2024 - Valeria Poletti - Cosa si nasconde dietro il suo falso "pacifismo" di facciata
Trump e l'aumento della spesa NATO al 5% del PIL
La proposta di aumentare la spesa dei membri NATO al 5% del PIL, superando l’attuale obiettivo del 2% fissato nel 2014, mostra chiaramente l'intento trumpiano di rafforzare l’industria bellica e la corsa agli armamenti, alimentando la militarizzazione globale dell'economia.23 dicembre 2024 - Redazione PeaceLink - Incontro aperto a tutti
Nasce un Coordinamento No NATO
“No NATO, no guerre” è lo slogan che riunirà attivisti per la pace da tutta l’Italia domenica prossima a Bologna per l’assemblea costitutiva del Coordinamento Nazionale No NATO.2 dicembre 2024 - Patrick Boylan
Sociale.network