APPELLO
ADDIO ALLE ARMI
l’Italia ripudi la guerra e la
pace entri in parlamento
In
questi anni lo scenario internazionale si è evoluto. La guerra invece di essere
lasciata fuori dalla storia è al centro della politica estera fra Stati; la
struttura dell'apparato industriale-bellico diventa riferimento per il modello
di difesa nazionale ed internazionale adottato dalle strutture politiche.
Proponiamo
ai candidati che si presentano per l’elezione al Parlamento Italiano una
dichiarazione d’intenti che segua il dettato costituzionale del ripudio della
guerra (art.11) e che li porti a lavorare nel Parlamento per una politica di
pace. Lo Stato italiano deve dotarsi di strutture non armate per essere in
grado di rispondere ai conflitti.
Sappiamo
che la guerra non nasce dal nulla ma è il prodotto di decisioni e apparati che
spesso superano la volontà pacifista dell’opinione pubblica e diventano
necessità di una classe politica che non ha alternative.
Dalle
scelte nate e cresciute nel movimento pacifista italiano vi segnaliamo alcune
iniziative da sostenere per poter arrivare, se non ad un ripudio della guerra
esteso e generalizzato - come da noi atteso e richiesto - almeno ad una
riduzione della violenza e dell’arbitrio che la guerra impone ai territori e
alle popolazioni del pianeta.
A. PER RIPUDIARE LA GUERRA
1.
Ritiro immediato delle truppe dall’Iraq
Il
pretesto addotto per scatenare la guerra in Iraq - la presenza di armi di
distruzione di massa- si è rivelato menzognero. La guerra ha causato fino ad
oggi circa 30.000 vittime civili tra gli Iracheni e più di 2000 tra i militari delle forze
d’occupazione. Il conflitto, lungi dal portare nel paese la democrazia, ha
scatenato un susseguirsi ininterrotto di attentati terroristici che ogni giorno
mietono vittime tra la popolazione. La partecipazione dell’Italia
all’occupazione militare deve finire subito per lasciar posto all’azione di
organismi internazionali neutrali, come chiede la maggior parte degli italiani.
2.
Controllo e regolamentazione del commercio delle
armi
Le armi
leggere causano cinquecentomila morti ogni anno (1 al minuto) e sono le armi
più diffusamente impiegate nelle guerre contemporanee, tanto che il segretario
generale dell’ONU Kofi Annan le ha definite “Armi di distruzione di massa”. Nel
giugno del 2006 si riunirà la seconda conferenza dell’ONU sui traffici illeciti
di armi leggere: la campagna internazionale Controlarms chiede che in
quell’occasione sia approvato un trattato che regolamenti il commercio delle
armi. Chiediamo che altri politici italiani sostengano il trattato
internazionale, sottoscrivendo la mozione già presentata con questo scopo da
101 parlamentari.
3.
Smilitarizzazione del territorio italiano
Sul
nostro territorio sono presenti numerose basi NATO e US; queste basi sono depositi
di armamenti nucleari (50 testate nucleari ad Aviano, 40 a Ghedi Torre), che
costituiscono una minaccia per l’ambiente e per la salute delle popolazioni
circostanti, nonché una violazione del
trattato di non proliferazione nucleare sottoscritto dallo stato italiano nel
1975. Chiediamo l’immediata sospensione dei lavori di ampliamento laddove
previsti; auspichiamo anzi la chiusura di tutte le basi, come sta avvenendo per
l’Isola della Maddalena, la loro riconversione in strutture civili e di pubblica
utilità e il risanamento dei territori smilitarizzati.
4.
Riduzione delle spese militari
Le spese militari italiane nel
2004 ammontavano a 27,8 miliardi di dollari (fonte: SIPRI). Con questo dato
l’Italia si è piazzata al settimo posto nella graduatoria mondiale. La spesa
militare pro-capite in Italia (478 dollari) è superiore a quella di altre
nazioni del G8, tra cui Giappone (332
dollari) e Germania (411). Tanti soldi vengono spesi per l’economia
della guerra e sempre meno soldi vengono investiti per costruire la pace. Per
esempio, una parte di questi soldi potrebbe essere impiegata per sviluppare un
concetto di difesa alternativo al modello armato, e per finanziare la
cooperazione internazionale (alla quale vengono destinate sempre meno risorse).
Chiediamo pertanto una riduzione significativa delle spese militari a partire
già dalla prossima finanziaria.
5.
Controllo delle banche che sostengono l’esportazione
di armi italiane
La legge
che regolamenta in Italia il commercio delle armi (l. 185/90) prevede una relazione annuale
della Presidenza del Consiglio al Parlamento sulle esportazioni di armi. Questa
relazione rende conto anche delle operazioni svolte
dagli Istituti di credito in appoggio al commercio delle armi italiane.
Chiediamo che venga mantenuta questa trasparenza,
minacciata dalle dichiarazioni contenute nella Relazione
2005. I cittadini hanno il diritto di sapere quali sono le banche che impiegano
i loro risparmi per alimentare il commercio delle armi.
6.
Per la difesa civile non armata e nonviolenta
La storia
ci offre una serie di esempi di lotte nonviolente e non armate efficaci anche
se a volte poco note, dalle lotte per i diritti civili di Martin Luther King
alla rivoluzione filippina del febbraio 1986; dall’India di Gandhi agli episodi
di resistenza nonviolenta al nazismo nel nord-Europa. In Italia, la legge
sull’obiezione di coscienza (l.230/98)
ha posto le basi per sviluppare la ricerca e la sperimentazione nell’ambito
della difesa civile non armata e nonviolenta, come alternativa all’uso delle
armi per adempiere l’obbligo di difesa della patria previsto dall’art. 52 della
Costituzione.
Chiediamo
che sia data a tutti i cittadini la possibilità di finanziare la difesa civile
non armata e nonviolenta anziché quella armata attraverso una precisa opzione
fiscale.
7.
Riconversione dell’industria bellica
L’Italia
è tra i primi dieci esportatori di armi nel mondo. L’esportazione delle armi
italiane è diretta anche verso paesi in guerra o responsabili di violazioni dei
diritti umani (Cina, Algeria, Colombia, Congo, Indonesia, Pakistan, Russia).
Fermare
la produzione di armi senza chiudere le fabbriche è possibile attraverso un
processo di riconversione, come dimostra l’esempio della Valsella
Meccanotecnica di Chiari, che dal 1997 non fabbrica più mine anti-uomo, ma
prototipi di veicoli ecologici.
La stessa
Lombardia, dove si concentra la più alta percentuale di industrie armiere
italiane, si è dotata nel 1994 di una legge per la riconversione dell’industria
bellica. Purtroppo fino ad oggi è mancata la volontà politica di applicare
questa legge.
Chiediamo
che anche su scala nazionale sia approvata una legge per promuovere la
riconversione dell’industria bellica.
8.
Pace per Israele e Palestina
La coesistenza pacifica dei
popoli israeliano e palestinese dovrebbe basarsi su relazioni fondate su
giustizia ed equità. Le fondamenta della pace devono essere costruite sul
terreno delle società civili sostenendo le reti di cittadini impegnati, in
ciascuna delle parti, per la giustizia e il rispetto dei diritti umani.
Chiediamo che vengano attivate e sostenute relazioni stabili con esponenti e
organizzazioni delle società civili israeliana e palestinese che da tempo
lavorano per la difesa dei diritti delle popolazioni locali (diritto alla casa,
al lavoro, alla salute, all'istruzione, all'obiezione di coscienza).
Chiediamo che si appoggi la campagna europea in corso "La violenza non è
una soluzione"; la campagna chiede l'invio nell'area di una forza
internazionale civile nonviolenta che lavori con gli operatori di pace locali
per dare visibilità alle loro azioni, rafforzare il dialogo, osservare il
rispetto dei diritti umani.
9.
Corpi Civili di Pace
I Corpi
Civili di Pace sono gruppi organizzati di volontari che intervengono in situazioni
di conflitto con azioni non violente, che comprendono attività di prevenzione,
monitoraggio, mediazione, interposizione e riconciliazione fra le parti.
Chiediamo
la formazione e il sostegno di corpi di pace collegati al servizio volontario
europeo, adeguatamente preparati e addestrati, impiegabili nelle aree di
conflitto o di tensione violenta.
Chiediamo
inoltre che venga agevolata la partecipazione di tutti i cittadini alle
missioni dei Corpi Civili di Pace, per esempio concedendo ai volontari l’aspettativa dal lavoro.
10.
Sviluppo
della ricerca per la Pace
Le risorse attualmente destinate alla
costruzione della pace dallo stato italiano sono pressoché nulle. Riteniamo
importante sostenere e sviluppare gli organismi che promuovono la diffusione di
una cultura di pace. Proponiamo ad esempio che siano sostenuti gli enti locali
per la pace, che siano potenziate le facoltà
o cattedre universitarie che lavorano sui temi della pace e della
gestione nonviolenta dei conflitti, che si crei un istituto di ricerca per la
pace promosso dalle istituzioni pubbliche.
Le Associazioni promotrici