Progetto SACSA-SUSTAIN
Il confronto con il Dott. Domenico Tenaglia, esperto sulle cooperazioni internazionali, è stato un grande passo in avanti per il futuro del progetto. Domenico è un cooperante che ha scelto di fare cooperazione internazionale sul terreno. Le ONG (Organizzazioni Non Governative) di cui fa parte sono due: la sopracitata CIPA, e BND (Bambini Nel Deserto). Una Organizzazione Non Governativa locale, la si aiuta partecipando economicamente e lavorando con loro. Domenico ha acquisito una certa esperienza da cooperante internazionale. Ha viaggiato molto. Tra i luoghi in cui ha operato troviamo: il Kenya, l’Angola, il Burkina Faso e l’America centrale. Il suo compito era quello di occuparsi della logistica. Una squadra di cooperazione internazionale ha infatti bisogno di tre figure fondamentali: il logista, il capo progetto e l’amministratore di progetto. Il logista, ovvero il ruolo che ha ricoperto Domenico, si occupa della parte tecnica, e quindi delle macchine, dei dispositivi elettronici, delle telecomunicazioni e altro ancora. All’amministratore di progetto sono affidate le questioni economiche. Il capo progetto coordina invece tutte le attività di sviluppo del progetto stesso.Domenico, nello svolgere la sua attività, non ha dovuto cambiare solo Paesi, ma è addirittura arrivato a visitare altri continenti. E’ passato dall’Africa all’America. Nel continente africano le problematiche sono diverse rispetto a quelle che esistono nell’America centrale. Nelle popolazioni africane c’è una notevole disparità economica. I ricchi sono molto ricchi e i poveri sono troppo poveri. Le persone di questi territori cercano di progredire, cercano delle vie di sviluppo e delle opportunità. Uno dei motivi per la quale emigrano in massa probabilmente è anche questo. Le televisioni locali danno un’idea sbagliata di quella che è la nostra vita. C’è, infatti, una tendenza, sbagliata, a pensare che gli europei sono estremamente ricchi, tutti benestanti e senza problemi. Se provassimo a dare loro le opportunità di svilupparsi nel loro territorio forse non emigrerebbero più in tantissimi.Nell’America centrale, Domenico ha visitato il Guatemala ed El Salvador. In questi Paesi ci sono strade, autostrade, supermercati e rifornitori di benzina. I problemi sono quindi ben diversi da quelli africani. In tutti questi territori c’è l’infiltrazione di un modello culturale che non è il loro. Un altro viaggio lo ha poi effettuato in un luogo a suo parere bellissimo, l’Afghanistan. Nel territorio asiatico vi è però un forte conflitto interno. Domenico è della convinzione che oggi ci sono i mezzi per poter risolvere tutti i problemi del nostro pianeta, ma a mancare è la volontà politica. Necessitiamo di una classe dirigente che sappia trovare delle soluzioni. Un provvedimento da prendere per porre fine alla guerra sarebbe quello per far cessare la costruzione di armi da guerra e bombe.Ciò che è molto importante attualmente è il saper dare l’esempio.
Ognuno di noi ha il compito di cambiare le cose dando un esempio al resto della popolazione.
Dobbiamo cercare di non combattere il “diverso”, ma al contrario confrontarci con lui e arricchirci con la sua cultura.Il progetto intitolato SACSA, in cui è impegnato Domenico, ha come scopo quello di aumentare la produzione agricola di venti villaggi del Burkina Faso, ed è finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e coordinato dal Centro per la Pace fra i Popoli Onlus con la partnership scientifica dell’ENEA. E’ stato approvato nel 2014 e avviato nel 2015. I primi mesi sono stati difficili. Si è pensato innanzitutto di definire il progetto. I cooperanti sono partiti in Burkina Faso per visitare e vedere in maniera diretta il territorio interessato perché la mappa non è il territorio. La conoscenza del territorio è il territorio stesso.
Il progetto SACSA ha quindi come obiettivo principale la creazione di orti, in villaggi del Burkina Faso, in cui non c’è assolutamente nulla. In molti posti di questo territorio manca persino l’acqua. Alcuni villaggi sono costituiti da case aventi uno scheletro e un soffitto di lamiere. Le case in lamiera sono più pratiche, ma comportano dei disagi. Durante l’inverno le abitazioni diventano praticamente delle celle frigorifere, di estate si trasformano invece in forni. Nei villaggi ci sono poi piccoli recinti per gli animali domestici. Non mancano dei pozzi. Questi non hanno una grande portata. Sono tanti, si riempiono durante i tre mesi di pioggia, ma si svuotano nei tre mesi successivi. Ciò significa che per sei mesi, la popolazione è costretta a vivere senza acqua. Inoltre, come se non bastasse, quando l’acqua è presente, non è di qualità e non è perfettamente potabile. Attraverso il progetto SACSA, sono quindi stati realizzati in un villaggio dei forage. Sono stati costruiti dei pozzi artesiani di quindici / venti metri di profondità. Una richiesta effettuata alla politica locale è stata quella di poter installare un sistema che potesse portare l’acqua del villaggio alla città. In questo modo avrebbero potuto utilizzare l’acqua non solo gli abitanti del villaggio, ma anche quelli della città. I governatori locali hanno però scartato questa idea in quanto non sussistevano le condizioni economiche. Il villaggio ha quindi pensato di vendere la loro acqua potabile ad altri villaggi. Grazie al progetto SACSA e grazie al forage e quindi ai nuovi pozzi, alcuni villaggi hanno adesso un orto. SACSA ha fornito ai villaggi gli strumenti adatti per lavorare, tra cui anche gli asini.Il secondo punto fondamentale del progetto è la formazione. Il SACSA si divide in due regioni: la regione del centro-ovest e la regione del nord. Un obiettivo importante è quello di formare anche gli studenti locali. I ragazzi dovranno essere in grado di risolvere in maniera autonoma i loro problemi.Il terzo punto del progetto è il lavoro. Il SACSA ha creato due cooperative per permettere ai ragazzi del Burkina Faso di prendere dimestichezza con i forage. Creare delle cooperative e dare loro del lavoro è la parte più difficile del progetto. Con un orto si aiutano duecentocinquanta persone. Le opportunità ci sono, ma le popolazioni del Burkina Faso hanno bisogno dei mezzi. Dalla testa del forage, ovvero del pozzo (che ha una portata di circa tre / cinque metri cubi), viene raccolta acqua, che attraverso una pompa alimentata da pannelli solari, viene spinta in un bacino distante circa una settantina di metri dal pozzo. Quando il bacino contiene abbastanza acqua, questa viene distribuita nei campi attraverso un sistema californiano per l’irrigazione degli orti. Ogni comunità ha avuto la facoltà di scegliere gli ortaggi da coltivare.
Il progetto SUSTAIN si è occupato dell’installazione dei pannelli fotovoltaici per gli studenti di una scuola primaria del Burkina Faso. I ragazzi avevano il più assoluto bisogno della luce. Nei villaggi hanno voglia di imparare e di scoprire cose nuove, ma molto spesso non ne hanno la possibilità. Prima dell’installazione dei pannelli fotovoltaici, per poter studiare, si riunivano sotto i pochi lampioni della città. Adesso hanno finalmente l’opportunità di studiare nella loro scuola anche in assenza della luce naturale.L’obiettivo primario è quello di arrivare ad avere un modello africano. Dobbiamo fornire loro gli strumenti per poter lavorare. Non vogliono avere il piatto già pronto, gli africani hanno bisogno di una buona formazione di base per poter progredire. Il nostro compito è quello di collaborare con loro, di arricchirli e di arricchirci culturalmente.L’Africa attualmente è impoverita più che povera.
Link del progetto: http://www.enea.it/it/Stampa/news/africa-progetto-enea-con-maeci-per-la-sicurezza-alimentare-in-burkina-faso/
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