Gli interferenti tiroidei e la compromissione nello sviluppo intellettuale e fisico del feto
(a) Unità Operativa Complessa di Endocrinologia, Polo Ospedaliero S. Eugenio, Roma
(b) Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare, Istituto Superiore di Sanità, Roma
(c) Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università Tor Vergata, Roma
La fase della gravidanza e dello sviluppo fetale sono particolarmente delicate e più sensibili agli insulti esterni che interferiscano con l’attività tiroidea. Studi su modelli animali dimostrano che alcune di queste sostanze possono avere potenziali effetti teratogeni sulla progenie, essendo in grado di determinare alterazioni cliniche o subcliniche dello sviluppo neurocomportamentale sia in maniera diretta, ma anche interferendo con l’azione di ormoni tiroidei che regolano la maturazione di specifiche aree cerebrali.
L’ipotiroidismo rappresenta la più frequente alterazione endocrina della donna in età fertile e
si riscontra in gravidanza con un’incidenza 100 volte superiore rispetto alla condizione di
ipertiroidismo.
Numerose evidenze suggeriscono che l’ipotiroidismo in gravidanza, se non trattato, è in grado di interferire negativamente sulla prognosi riproduttiva aumentando il rischio sia di esiti avversi, sia di alterazioni importanti e spesso permanenti dello sviluppo prenatale.
Infatti, in caso di ipotiroidismo in gravidanza, numerose sono le complicanze, sia per la madre che per il feto, associate a questa patologia: ipertensione materna con o senza preeclampsia, distacco della placenta, aborto spontaneo, parto pretermine, emorragia post-partum, basso peso alla nascita, mortalità neonatale, compromissione nello sviluppo intellettuale e fisico
del feto, nonché aumentato rischio di malformazioni congenite.
Pertanto, una diagnosi precoce e il corretto trattamento dell’ipotiroidismo, sia durante che in
previsione di una gravidanza, risultano di cruciale importanza.
Allegati
IPOTIROIDISMO E GRAVIDANZA: RISCHIO DI MALFORMAZIONI CONGENITE
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