Il riscaldamento globale richiede impegni precisi
Nel 1995 l'IPCC stimava che l'aumento di temperatura dovuto ad attivita' umane sara' di 1-3.5 gradi nei prossimi cento anni.
L'IPCC conclude nel suo prossimo rapporto che l' evidenza di un contributo umano ai cambiamenti climatici oggi e' ancora piu' forte che nel passato.
Le emissioni di gas serra provenienti da attivita' umane, secondo IPCC, hanno con tutta probabilita' contribuito in modo sostanziale al riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni.
La commissione ha inoltre rivisto verso l'alto, rispetto al 1995, le stime del probabile aumento di temperatura che si verifichera' entro la fine di questo secolo (ironicamnete, la revisione si deve in gran parte alla prevista riduzione di composti di zolfo, dovuta all'adozione di tecnologie piu' pulite)
Uno studio pubblicato da Nature in novembre (2000) stima che lo scenario 'business as usual' potrebbe portare ad un riscaldamento globale di fino a 5.5. gradi nel prossimo secolo.
Le conclusioni del nuovo rapporto degli scienziati del prestigioso Tyndal Centre for Climate Research, Universita' di East Anglia, sono preoccupanti per l'Italia: gli scienziati, che hanno compilato il primo studio 'paese per paese', prevedono un riscaldamento medio del nostro paese di 4.4 gradi nel prossimo secolo.
Il messaggio degli esperti e' molto chiaro: se le emissioni non verranno ridotte si rischia un aumento di temperatura e, ad esempio, un aumento del livello dei mari e degli estremi climatici, con piu' tempeste e siccita'.
Le statistiche corroborano il parere degli esperti. Ad esempio Il riscaldamento registrato durante gli ultimi 100 anni e' maggiore di quello registrato durante ciascuno degli ultimi dieci secoli ed il tasso di aumento del livello dei mari nello scorso secolo e' 10 volte maggiore della media degli ultimi 3000 anni. Benche' gli scettici dissentano, lPCC ritiene che questi siano segni di influenza umana sul clima.
Il riscaldamento globale e' dunque cominciato e le sue conseguenze sono gia' visibili ,non solo nell'artico e nelle barriere coralline, ma anche in Europa ed in Italia, con una maggiore aridita' estiva, che porta a piu' frequenti incendi boschivi, (Italia Grecia e Spagna hanno perso decine di migliaia di ettari di bosco negli ultimi due anni) e piu' intense precipitazioni in autunno ed inverno che (insieme con una cattiva gestione dei bacini) causano serie inondazioni che costano vite umane.
I cambiamenti climatici hanno la capacita' di influenzare direttamente le comunita', specialmente nelle zone montane ma anche ,ad esempio l'agricoltura, con impatti potenziali sulle risorse idriche.
Inoltre esiste gia' evidenza scientifica che gli ecosistemi sono - e saranno sempre di piu' - sotto notevole pressione.
E' ora noto che sulle Alpi svizzere ed austriache, ad esempio, -dove i dati sono piu' facilmente disponibili - i ghiacciai si ritirano ad una velocita' notevole . Cio' provoca uno spostamento delle zone adatte alla vita di molte specie. Quando possibile, molte specie cercheranno di migrare, piu' in alto o piu' a nord. E' facile prevedere che alcune di queste, che gia' vivono nei piani piu' alti non avranno dove emigrare. Se la temperatura salira' di diversi gradi, tali fenomeni, con tutta probabilita', accelereranno.
La migrazione verso nord, comunque, non e' desiderabile per tutte le specie, e in particolare per gli organismi responsabili di malattie tropicali o i loro vettori. Il bacino del Mediterraneo, e quindi anche l'italia, saranno interessati da questi spostamenti.
Per specie poco mobili, pero', in un paesaggio frammentato come quello europeo, ed italiano la possibilita' di migrazione e' spesso limitata. Pertanto il rischio di estinzione crescera' per alcune di queste specie (compresi alcuni alberi), o specie dipendenti da queste.
Non e' detto che le aree protette possano alleviare il problema. Una conseguenza di questi fenomeni e' che parte dei nostri parchi naturali potrebbe divenire inutile, perche' i confini statici di queste aree non sono in grado di offrire protezione a specie ed ecosistemi in movimento. Decenni di battaglie potrebbero dunque venire vanificati - almeno in parte - nel futuro non tanto remoto.
Gli effetti del cambiamento del clima, dunque, sono e saranno sempre piu' seri e costosi e cominciano gia' a manifestarsi. Date le sue ramificazioni, non e' esagerato prevedere che questa sara' la questione ambientale numero uno nei prossimi decenni.
L' azione politica e' quindi urgente. Tra il 13 e il 24 Novembre i paesi firmatari del protocollo di Kyoto, che prevede una riduzione delle emissioni di gas serra, si incontrano in Olanda, all' Aja, per discuterne la ratifica.
Le misure previste dal protocollo, gia' alquanto blande, non sono ancora in vigore perche' la maggior parte dei paesi sviluppati, USA in testa, non ha ancora ratificato il protocollo. Fino ad ora solo 30 paesi, tutti in via di sviluppo, hanno lo hanno fatto.
E' necessario che i governi dei paesi industrializzati mandino un segnale chiaro dall' Aja riguardo alle intenzioni di implementare serie misure. Il governo italiano, che ha una componente verde, deve far seguire reali riduzioni alle parole e attivarsi in questa direzione.
Lo stesso vale per I candidati a governare l'Italia nel prossimo futuro. Un impegno a rispettare per lo meno gli accordi tra i paesi della UE, e' il minimo accettabile. La UE si e' impegnata a ridurre le emissioni dell' 8% nei prossimi anni, e l'Italia ha assunto l'impegno di ridurre le proprie emissioni del 6.5% . Fino ad oggi la tendenza e' andata nella direzione opposta a quella degli impegni. Chi si candida come leader del paese dovra' dimostrare leadership e intenzioni precise a questo riguardo per meritare il voto di coloro che hanno compreso l'importanza della questione. In mancanza di obbiettivi precisi, e di piani per attuarli ,si rischia di parlare a vuoto o, peggio, di fare facile demagogia elettorale.
E' necessario agire presto. In mancanza di un quadro legislativo vincolante non sara' possibile avere investimenti per la riconversione a tecnologie che consentano risparmio energetico in vari settori. Inoltre, per ogni anno di attesa, aumenta lo stock di capitale che dipende in qualche modo dai combustibili fossili e questo rende piu' difficile e costosa la futura e necessaria riconversione.
Piu' si aspetta e maggiori ( e piu' costosi) saranno gli effetti negativi su comunita' umane ed ecosistemi, mentre i benefici, come la diminuzione dell'inquinamento atmosferico, il risparmio di denaro e una maggiore autonomia energetica, si allontanano nel tempo.
Per essere davvero efficaci i futuri tagli alle emissioni dovranno essere ben maggiori di quelli proposti dal Protocollo di Kyoto ed i governi dovranno tener conto dei cambiamenti climatici nelle politiche dei principali settori. All' Aja si deve iniziare il cammino verso una transizione che non sara' indolore, ma che rendera' possibile mitigare gli impatti sociali, ambientali ed economici che il prossimo secolo ci riserva.
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