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Il dilemma delle tecnologie eco-sostenibili

La sola vera strategia compatibile con le cause ambientalistiche è quella che porta alla riduzione dei consumi su vasta scala
L’energia eolica è, a livello politico, un dilemma tecnologico.
4 maggio 2005
George Monbiot
Fonte: www.nuovimondimedia.it
http://www.nuovimondimedia.com/sitonew
/modules.php?op=modload&name=News&file
=article&sid=1165&mode=thread&order=0&thold=03.05.05

wind farm Coloro che si stanno schierando contro la nuova fattoria eolica della Cumbria, Inghilterra nord–occidentale, stanno esagerando, consapevolmente. Sostenuti da una scipita lobby del nucleare e da una serie di rinnegatori dei cambiamenti climatici in atto, essi appaiono come i primi detentori delle soluzioni alle problematiche ambientali. Tuttavia, sarebbe inopportuno congedarli così.

Se il progetto Whinash - sulla sponda del Lake District National Park - verrà attuato, porterà alla realizzazione della più grande fattoria eolica (wind farm) alimentata a vento marittimo d’Europa, che, secondo gli addetti ai lavori, sarà in grado di fornire elettricità a 47.000 abitazioni. Senza progetti di questo tipo, non c’è speranza di rispettare l’obiettivo del governo britannico di tagliare del 20% le emissioni carboniche entro il 2010.

Le turbine funzionanti a vento marittimo risultano la tipologia di energia rinnovabile meno costosa, ma, al momento, rappresentano soltanto lo 0,32% del totale della produzione nazionale di energia elettrica. Considerando l’emergenza ambientale dovuta al mutamento climatico globale, sarebbe decisamente irresponsabile non incrementarne l’utilizzo. L’inchiesta pubblica in corso decreterà se il progetto Whinash debba proseguire o meno, e ciò sarà di aiuto nel tracciare le linee della prossima politica energetica nazionale, avviata pochi giorni fa.

L’anno scorso la Advertising Standards Authority ha annunciato come la campagna anti–progetto Whinash avrebbe enfatizzato le cifre in merito alle dimensioni e al numero delle turbine e, di conseguenza, all’impatto che la loro installazione avrebbe avuto sulle aree circostanti. Impatto negativo sia sul mercato immobiliare che su quello turistico. Tra coloro che hanno denunciato queste esagerazioni, hanno ricoperto un ruolo di primo piano l’organizzazione delle guardie forestali (Country Guardians organisation) e il fondatore della corrente ambientalista, David Bellamy. Le “Country Guardians” furono nominate congiuntamente da Sir Bernard, l’addetto stampa di Margaret Thatcher, e da un consulente dell’industria nucleare. David Bellamy è ora il principale contestatore della teoria del cambiamento climatico (è recentemente tornato all’attacco con una lettera al New Scientist, in cui rivendicava come il “World Glacier Monitoring Service” avesse registrato una crescita dell’89% dei ghiacciai del pianeta. Il più recente rapporto di questo ente ha però mostrato come 82 degli 88 ghiacciai presi in esame nel 2003 si stiano riducendo).

Ma non dovremmo giudicare una questione giudicandone i sostenitori. Diverse motivazioni mi rendono scettico riguardo all’impiego dell’energia eolica e alle modalità con cui il suo utilizzo viene promosso.

Le wind farm, quando sono necessarie, risultano il classico esempio di quello che gli ambientalisti chiamano il fenomeno del “declino del ricorso agli oleodotti”. Invece di affrontare la questione alla base, si cerca di aggirare il problema. O di renderne meno drammatiche le conseguenze.

Il progetto Whinash, rimpiazzando le centrali elettriche a combustione fossile, ridurrà le emissioni di biossido di carbonio di 178.000 tonnellate all’anno. Un dato notevole. Fino a quando non si considera che, ad esempio, un jumbo jet che ogni giorno effettua voli di andata e ritorno da Londra a Miami provoca un danno ambientale equivalente a 520.000 tonnellate di biossido di carbonio rilasciate nell’atmosfera. Un collegamento giornaliero dalla Gran Bretagna alla Florida costa quanto tre gigantesche wind farm.

Le tecnologie alternative ci permettono di immaginare con più serenità il nostro futuro. Alternando tra loro diversi modelli di sviluppo, ci sentiamo in grado di accrescere i nostri fabbisogni energetici senza nuocere agli equilibri planetari, funzionali alla sopravvivenza del genere umano. Questo, per il momento, può essere vero. Ma presto potrebbe richiedere uno spazio pari all’’intera superficie della Gran Bretagna.

Si consideri, ad esempio, la campagna a favore dei carburanti a molecole di idrogeno. I proponenti sostengono come un bel giorno ogni veicolo di questo paese circolerà a idrogeno, prodotto dall’elettricità generata tramite energia eolica. Non sono certo che essi abbiano la più vaga idea di che cosa ciò possa significare. Non sono riuscito a trovare dati per il Regno Unito, ma una stima riferita agli Usa suggerisce che per un analogo processo di trasformazione sarebbe necessaria una quantità di energia pari al doppio della capacità della rete elettrica nazionale. In proporzione, ciò significherebbe un incremento di 600 volte della produzione di energia eolica, unicamente per vedere le ruote delle nostre auto muoversi. Se dovessimo utilizzare questa energia anche per le emissioni non dovute alle automobili, a tal proporzione non ci sarebbe fine.
Il governo prevede una crescita del numero dei passeggeri sui voli britannici da 180 milioni a 476 milioni nei prossimi 25 anni. Ciò significa un contributo al riscaldamento globale pari al risparmio di emissioni ottenibile da 1094 progetti Whinash.

In altre parole, questo non è un approccio metodologico sostenibile rispetto agli attuali fabbisogni energetici. La sola strategia applicabile compatibilmente alle cause ambientalistiche è quella che porta alla riduzione dei consumi su vasta scala. Greenpeace e Amici della Terra, organizzazioni a favore delle wind farm, hanno richiamato spesso l’attenzione su questo punto, ma invano. Ciò che è gradito al mercato, e quindi al governo, è la possibilità di maggiori opportunità di collocazione di capitali nella forma di produzioni alternative di energia. Non è diretta responsabilità di queste organizzazioni, ma il messaggio che arriva al governo, in qualunque modo esse sostengano le proprie convinzioni, è “più wind farm” invece di “meno voli”.

Vorrei tanto vedere il rapporto pubblicato da un’organizzazione ambientalista non governativa in cui si afferma che questo modello di sviluppo deve cessare. Nel caso venissero costruite wind farm in eccedenza, fino a che punto queste organizzazioni chiederebbero al governo di fermarne la proliferazione? Fino a che punto si verificherebbe la decentralizzazione dei micro-progetti che queste organizzazioni immaginano?

Mi sentirei meglio, inoltre, se gli ambientalisti la finissero di sostenere che le fattorie eoliche sono di bell’aspetto. Non lo sono. Sono soltanto meno sgradevoli e rovinose della maggior parte delle soluzioni alternative, molto meno sgradevoli, certo, delle problematiche ambientali del pianeta. Le stesse che minacciano di distruggere quegli ambienti naturali che coloro che sono contrari al queste fattorie sono così determinati nel preservare. Dobbiamo costruire le wind farm, ma credo sarebbe più onesto ammettere la loro natura di male necessario.

Ma ci sono altri tipi di sostegno alle wind farm da parte della causa ambientalista che mi fanno saltare sulla sedia. La dichiarazione congiunta sul progetto Whinash, pubblicata da Greenpeace e Amici della Terra, afferma che “gli oppositori alla realizzazione della wind farm, che dovrebbe essere localizzata accanto all’autostrada M6, reclamano che le turbine a vento rovinerebbero il panorama, non considerando come la stessa presenza dell’autostrada alteri già il paesaggio circostante”. Nel rapporto viene citata la dichiarazione di un rappresentante di Amici della Terra, Jill Perry, che afferma: “Sono sconcertato di come la gente possa sostenere che questa zona potrebbe diventare un parco naturale. Che razza di parco naturale viene attraversato da un’autostrada?” Ecco, per esempio questo succede già con i parchi naturali di New Forest e South Downs, la cui progettazione venne sostenuta proprio da Amici della Terra.

Altrove, questi gruppi mettono in campo iniziative diverse. Altrove, essi argomentano che paesaggi ed ecosistemi dovrebbero essere considerati olisticamente. In sostanza, ciò che non fanno è tracciare arbitrariamente e demagogicamente una linea, come il confine di un parco naturale. Capisco come i movimenti ambientalisti possano trovarsi a disagio quando, piuttosto che criticare lo sviluppo esistente debbano costruirne uno. Quello che non capisco è per quale motivo essi debbano comportarsi come un supermercato Wal Mart appena si ritrovano dall’altra parte della barricata.

Credo, sinceramente, che la fattoria eolica Whinash debba essere costruita. Ma credo anche che coloro che così fermamente la sostengono dovrebbero sforzarsi di fare un passo verso le ragioni delle comunità locali oppositrici del progetto. Perché? Perché in tutte le prossime occasioni si troveranno a combattere dalla stessa parte di chi oggi li contesta.

Note: Fonte: http://www.monbiot.com/archives/2005/04/26/a-different-kind-of-revolution/
Tradotto da Luca Donigaglia per Nuovi Mondi Media
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