Schwarzy contro Bush: lo scontro sull'ambiente
Infine Philip A. Cooney, il capo del Consiglio per la politica ambientale della Casa Bianca, si è dimesso (si è dovuto dimettere). La settimana scorsa, due giorni dopo che il New York Times ha pubblicato un documento che dimostra come Cooney abbia «taroccato» i rapporti scientifici delle grandi istituzioni di ricerca degli Stati Uniti, per renderle più «sexy» agli occhi del presidente e della sua scettica politica sul cambiamento del clima globale, il consigliere di George W. Bush ha lasciato (ha dovuto lasciare) l'incarico. Non ha giocato certo a suo favore il fatto che Philip A. Cooney sia stato, in passato, avvocato e «lobbista» dell'American Petroleum Institute, che a sua volta è la principale associazione che fa «lobbying» a favore della potente industria petrolifera degli Stati Uniti. Industria che a sua volta è la principale organizzazione sociale americana che si batte contro l'idea e, soprattutto, la pratica sottese al Protocollo di Kyoto e a ogni altra politica di contenimento delle emissioni antropiche dei gas che contribuiscono ai cambiamenti climatici. E non ha giocato a favore di Cooney neppure la voce, smentita, secondo cui avrebbe già trovato lavoro presso la Exxon Mobil, l'industria petrolifera che per lungo tempo ha fatto campagna, anche pubblicitaria, per negare un legame tra le attività umane a la variabilità climatica.
Per la verità, neanche George W. Bush esce molto bene dalla vicenda. Qualcuno comincia a sospettare che - dall'Irak al clima globale - l'attuale presidenza degli Stati Uniti non si faccia davvero molti scrupoli a fondare le sue politiche sulla sistematica manipolazione dei dati di fatto. Già far trasparire l'idea che gli scienziati americani neghino l'impronta umana sul cambiamento del clima globale, mentre è esattamente il contrario, non fa parte del tradizionale e corretto approccio tra politica e scienza negli Stati Uniti d'America. Già imporre la censura - come pure è accaduto negli anni scorsi - a documenti scientifici prodotti dall'Agenzia federale per la protezione dell'ambiente (EPA) e da altri prestigiosi centri pubblici di ricerca, va contro ogni regola e ogni prassi consolidata nella grande democrazia americana. Ma giungere poi a manipolare i rapporti scientifici per piegarli a una linea politica è un atto gravissimo, che viene severamente sanzionato dall'opinione pubblica americana.
Ma, in questi giorni, la «vicenda Cooney» non è il solo cruccio ambientale di George W. Bush. Il fatto è che ora sulla questione climatica è sceso in campo, con tutto il peso che ha la quinta potenza industriale del mondo (la California), Arnold Schwarzenegger, il governatore repubblicano della California. In occasione della recente Giornata mondiale dell'ambiente (celebrata a San Francisco lo scorso 5 giugno), l'ex notissimo attore e oggi leader del grande stato che affaccia sul Pacifico, ha annunciato una politica ambientale che l'esatto opposto di quella teorizzata e praticata a Washington. «We know the science», abbiamo sufficienti elementi scientifici ha sostenuto il grande Arnold, al contrario di quanto afferma Bush, secondo cui non ne sappiamo abbastanza. «We see the threat», vediamo quel pericolo - ha continuato il governatore - che il presidente da Washington dice di non vedere. «So we know the time for action is now», così sappiamo che il tempo dell'azione è ora e non c'è più spazio per la politica di attesa di Bush.
Dalle parole ai fatti. La California ha un suo piano per la riduzione delle emissioni di gas serra, con tanto di limiti temporali e di soglie da rispettare: congruente con il protocollo di Kyoto e opposto a quello della Casa Bianca. Qui sul Pacifico, ha annunciato Arnold Schwarzenegger, ridurremo le nostre emissioni entro il 2010 ai livelli del 2000; entro il 2020 ai livelli del 1990 ed entro il 2050 taglieremo le emissioni dell'80% rispetto ai livelli del 1990. Il che significa, semplicemente, rivoluzionare il sistema energetico e il sistema di trasporti della California.
Arnold Schwarzenegger non è certo l'unico governatore a proporre nel suo stato una politica climatica diversa da quella federale proposta a Washington. Ma è il governatore più importante. Ed è un repubblicano. La sua, come ha scritto Science, la rivista dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze, è «la sfida del secolo».
Riuscirà la politica ambientale di Bush a sopravvivere alla caduta di immagine conseguente ai «taroccamenti» scientifici di Cooney e all'ostentazione di muscoli, per una volta non virtuali, di Schwarzenegger? Il mondo non è indifferente alla risposta che i prossimi mesi daranno a questa domanda.
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