Ecologia

Lista Ecologia

Archivio pubblico

Il discorso alle Tv

Il nuovo piano energetico del presidente Usa

25 luglio 2005
Mazzetta

George W Bush Il discorso alle Tv:
"Questa sera voglio parlarvi di una questione sgradevole, in relazione ad un problema inedito nella nostra storia.
Con l'eccezione di prevenire le guerre, questa è la sfida più grande che il nostro paese dovrà affrontare durante il tempo delle nostre vite. Le crisi energetiche non ci hanno ancora sopraffatto, ma lo faranno se non agiremo rapidamente. E' un problema che non risolveremo nei prossimi anni, e probabilmente è destinato a peggiorare progressivamente per il resto del secolo. Non dobbiamo essere egoisti, o timorosi, se vogliamo sperare di avere un mondo decente per i nostri figli e nipoti. Dobbiamo semplicemente bilanciare la nostra domanda d'energia con le nostre risorse in via d'esaurimento. Agendo ora possiamo controllare il nostro futuro, invece di lasciare che il futuro ci controlli. Tra due giorni, presenterò la mia proposta per l'energia al Congresso. I membri del quale, collaboreranno con me, avendomi dato molti validi consigli. Molte di queste proposte saranno impopolari. Alcune vi causeranno inconvenienti o vi imporranno sacrifici. La cosa più importante, in queste proposte, è che l'alternativa potrebbe essere una catastrofe nazionale. Ogni rinvio può influire sulla nostra forza e potenza come nazione. La nostra decisione sull'energia proverà il carattere del popolo americano e l'abilità del Presidente e del Congresso nel governo. Il difficile sforzo sarà "l'equivalente morale di una guerra", con la differenza che uniremo i nostri sforzi per costruire e non per distruggere. So che qualcuno di voi può dubitare della reale carenza d’energia. Le file ai distributori del 1973 sono sparite, e le nostre case sono di nuovo calde. Ma, i nostro problemi energetici sono peggiori stasera di quanto non fossero nel 1973, o nel profondo inverno di qualche settimana fa. E' peggiore perché abbiamo consumato di più, ed è passato più tempi senza pianificare il futuro. Sarà sempre peggio per ogni giorno nel quale non agiremo.

Il petrolio e il gas naturale sui quali ci affidiamo per il 75% della nostra energia stanno finendo. Nonostante i maggiori sforzi la produzione nazionale è calata al ritmo inarrestabile del 6% l’anno. Le importazioni sono raddoppiate negli ultimi cinque anni. L'indipendenza nell'azione politica ed economica del nostro paese è sempre più condizionata.
Se non saranno fatti profondi cambiamenti per diminuire la domanda interna di petrolio, crediamo che nei primi anni ottanta il mondo chiederà più petrolio di quanto se ne produca.

Il mondo usa ora sessanta milioni di barili il giorno e la domanda cresce ogni anno di circa il 5%. Questo significa che solo per stare in pareggio abbiamo bisogno della produzione di un nuovo Texas ogni anno, di un Alaskan North Slope ogni nove mesi, o una nuova Arabia Saudita ogni tre anni. Chiaramente, questo non può continuare.

Dobbiamo volgerci indietro nella storia per capire il nostro problema energetico. Due volte nelle ultime centinaia d’anni c'è stata una transizione nel modo nel quale la gente ha usato l'energia.

La prima fu circa 200 anni fa, abbandonando il legno, che aveva rappresentato il 90% di tutto il carburante, per il carbone, che era più efficiente. Questo cambiamento pose le basi per la Rivoluzione Industriale.

Il secondo cambiamento ha auto luogo in questo secolo, con il crescente uso d’olio e gas naturale. Erano più convenienti e meno cari del carbone, e la scorta sembrava quasi senza limiti.
Resero possibile l'era dell'automobile e dei viaggi aerei. Quasi tutti, tra quelli oggi vivi, sono cresciuti in questa era, e non abbiamo visto niente di diverso.

Dato che stiamo esaurendo il gas e il petrolio, ci dobbiamo preparare velocemente ad un'altro cambio, all'attento risparmio e all'uso di carbone e fonti rinnovabili, come l'energia solare.
Il mondo non ha preparato il futuro. Negli anni 50 la gente usava il doppio del petrolio usato negli anni '40. Nei '60 il doppio che nei '50, e in ognuna di queste decadi è stato usato più petrolio che nel resto della storia umana precedente.

Il consumo sta crescendo ancora. Se sarà possibile mantenerlo in crescita durante gli anni '70 e '80 entro il 5% come nel passato, potremmo esaurire tutte le riserve conosciute entro la fine della prossima decade.

So che molti di voi sospettano che alcune scorte di gas e petrolio possano essere occultate. Potrebbero avere ragione, ma il sospetto verso le compagnie petrolifere non può cambiare il fatto che il petrolio finirà.

Tutti abbiamo sentito dei grandi campi dell'Alaska's North Slope. In pochi anni quando North Slope starà producendo a pieno ritmo, coprirà al massimo l'aumento di due anni della nostra domanda energetica.
Ogni nuovo inventario delle riserve mondiali è stato peggiore del precedente. La produzione petrolifera salirà forse per i prossimi sei od otto anni. Ma prima o poi negli anni '80 smetterà di aumentare. La domanda supererà la produzione. Non c'è alcuna possibilità d'errore.

Abbiamo una scelta, su come trascorrere i prossimi anni. Ogni americano usa l'energia equivalente a 60 barili di petrolio l’anno. Il nostro paese è quello con il più alto consumo sulla terra.. Impieghiamo più energia di quanta ne importiamo. Mantenendo lo stesso standard di vita, usiamo il doppio dell'energia pro capite di paesi come Germania, Giappone e Svezia.

Una scelta è continuare come prima. Possiamo tirare avanti per alcuni anni ancora.

Il nostro consumo crescerebbe ogni anno. Le nostre auto continuerebbero ad essere troppo grandi ed inefficienti. Tre quarti di queste continuerebbero a portare una sola persona, il guidatore, mentre il nostro sistema di trasporto pubblico continuerebbe il declino. Possiamo rimandare l'isolamento delle nostre case e loro continueranno a perdere il 50% del loro calore in sprechi.

Possiamo continuare ad usare olii di scarto e materiale organico per generare elettricità, e continuare a perderne i 2/3 nel processo stesso.

Se non agiamo, nel 1985 useremo il 33% in più dell'energia che usiamo ora.

Non possiamo aumentare sostanzialmente la nostra produzione domestica, perchè dovremo raddoppiare le importazioni rispetto ad oggi. Le forniture diventerebbero incerte. I costi continuerebbero a crescere. Sei anni fa abbiamo pagato 3.7 miliardi di dollari per importare petrolio, L'anno scorso abbiamo speso 37 miliardi, quasi dieci volte di più, e quest'anno spenderemo più di 45 miliardi di $.

Se non agiamo, spenderemo più di 550 miliardi nel 1985, più di 2.500 $ l’anno per ogni uomo, donna e bambino in America. Insieme a quel denaro continueremo a perdere posti di lavoro americani e diventeremo più vulnerabili dalle interruzioni delle forniture.

Ora abbiamo una scelta. Ma se aspettiamo, vivremo la nostra vita nella paura di un embargo. Potremmo mettere in pericolo la nostra libertà come stato sovrano si agire negli affari esteri. entro dieci anni potremmo non essere in grado di importare abbastanza petrolio da nessun paese a nessun prezzo ragionevole.

Se aspettiamo, e non agiamo, allora le nostre fabbriche non saranno in grado di dare lavoro alla nostra gente, con ridotte forniture di carburanti. Troppe attività dovrebbero convertirsi al carbone, la nostra fonte d’energia più abbondante.

Non saremo pronti a dotare il nostro sistema di trasporto con auto più piccole ed efficienti, ed una migliore rete d’autobus, treni e trasporto pubblico.

Sentiremo una crescente pressione a saccheggiare l'ambiente. Avremo un programma imponente per costruire impianti nucleari, aprire miniere e bruciare più carbone, esplorare più pozzi off-shore di quanti avremmo bisogno se cominciassimo a risparmiare ora. L'inflazione galopperà, la produzione calerà, la gente perderà il lavoro. Un'intensa competizione si costituirà tra le nazioni e le diverse regioni dentro il nostro stesso paese.

Se non agiamo subito, fronteggeremo una crisi economica, sociale e politica che minaccerà le nostre libere istituzioni.

Ma abbiamo ancora un'altra scelta. Possiamo cominciare a prepararci oggi stesso. Possiamo decidere di agire mentre ancora abbiamo tempo.

Questo è il concetto alla base della politica per l'energia che presenterò mercoledì. Il nostro piano nazionale dell'energia è fondato su dieci principi fondamentali.

Il primo principio è che possiamo avere una politica energetica efficiente e coordinata, solo se il governo ne prende la responsabilità la gente capisce la serietà della sfida, ed è disposta a fare sacrifici.

Il secondo principio è che deve continuare una sana crescita economica. Solo risparmiando energia manterremo i nostri standard di vita e la nostra gente al lavoro. Un vero programma di risparmio creerà centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Il terzo principio è che dobbiamo proteggere l'ambiente. I nostri problemi d’energia hanno la stessa causa dei nostri problemi ambientali, un uso scriteriato delle risorse ambientali. Il risparmio ci aiuta a risolverli entrambi allo stesso tempo.

Il quarto principio è che dobbiamo ridurre la nostra vulnerabilità da embarghi potenzialmente devastanti. Possiamo proteggerci dall'incertezza delle forniture riducendo la nostra domanda di petrolio, impiegando il carbone, la nostra risorsa più abbondante e sviluppando una riserva strategica di petrolio.

Il quinto principio è che dobbiamo essere onesti. Le nostre soluzioni devono chiedere sacrifici uguali ad ogni regione, ad ogni classe di cittadini, ogni gruppo d'interesse. L'industria dovrà fare la sua parte per risparmiare, come faranno i consumatori. I produttori d'energia avranno un trattamento equo, ma non lasceremo approfittare le compagnie petrolifere.

Il sesto principio, e la pietra angolare della nostra politica, è di ridurre la domanda attraverso il risparmio. La nostra enfasi sul risparmio energetico è la differenza evidente tra questo piano e gli altri che incoraggiano semplicemente a fare ogni sforzo produttivo. Il risparmio è la più veloce, più economica e più pratica fonte d'energia. Il risparmio è l'unica maniera che ci permette di comprare un barile di petrolio per pochi dollari. Costa 13$ sprecarlo.

Il settimo principio è che i prezzi dovrebbero in genere riflettere la vera dimensione dei costi dell'energia. Ci prendiamo solamente in giro se rendiamo l'energia artificialmente economica e ne usiamo più di quanta possiamo permettercene.

L'ottavo principio è che le politiche governative devono essere prevedibili e certe. Sia i consumatori che i produttori hanno bisogno di politiche sulle quali possano contare e pianificare. Questa è una delle ragioni per le quali sto lavorando con il Congresso per creare un nuovo Dipartimento dell'Energia, per sostituire più di 50 agenzie che ora hanno qualche controllo sull'energia.

Il non principio è che dobbiamo risparmiare i carburanti più scarsi e utilizzare al massimo quelli più abbondanti. Non possiamo continuare ad usare gas e petrolio per il 75% del nostro consumo, quando ammonta al sette per cento delle nostre riserve domestiche. Dobbiamo cambiare verso il carbone mentre ci prendiamo cura di proteggere l'ambiente, e di applicare i più stretti criteri di sicurezza all'energia nucleare.

Il decimo principio è che dobbiamo cominciare a sviluppare ora, fonti non convenzionali d’energia sulle quali fare affidamento nel prossimo secolo.

Questi dieci principi hanno guidato lo sviluppo della politica che vi descriverò al Congresso mercoledì.

Il nostro piano energetico includerà anche un numero d’obiettivi specifici, per misurare i nostri progressi verso un sistema energetico stabile.

Questi sono gli obiettivi per il 1985:

- Ridurre il tasso di crescita annuale della nostra domanda d'energia sotto il 2%
- Ridurre il consumo di benzina del 10% sotto il livello attuale
- Tagliare della metà la quota d’import petrolifero, da un livello potenziale di 16 milioni di barili a sei il giorno.
- STabilire una riserva strategica di un miliardo di barili, più di sei mesi di rifornimento.
- Aumentare la nostra produzione di carbone di circa i due terzi a più di un miliardo di tonnellate l’anno.
- Isolare il 90% delle case americane e tutti i nuovi edifici.
- Usare l'energia solare in più di due milioni e mezzo di case

Controlleremo i nostri progressi verso questi obiettivi ogni anno. Il nostro piano obbligherà a misure di risparmio più severe se resteremo indietro.

Non posso dirvi che queste misure saranno semplici, e nemmeno che saranno popolari. Ma io penso che la gran parte di voi capirà che una politica che non chiedesse cambiamenti o sacrifici sarebbe inefficace.

Questo piano è necessario per proteggere i nostri posti di lavoro, il nostro ambiente, il nostro standard di vita ed il nostro futuro.

Se questo piano farà la differenza non sarà deciso qui a Washington, ma in ogni città ed in ogni fabbrica, in ogni casa, in ogni autostrada, in ogni fattoria.

Credo possa essere una sfida positiva. C'è qualcosa di molto americano nei cambi che dobbiamo fare. Siamo stati fieri, nella nostra storia, di essere un popolo efficiente.

Siamo stati fieri della nostra leadership nel mondo. Ora abbiamo la chanche di dare ai nostri figli e nipoti un mondo più ricco di possibilità di quello che abbiamo ricevuto. Per loro dobbiamo preoccuparci da ora. Saranno quelli che soffriranno se noi non agiremo.

Vi ho illustrato alcuni dei principi del piano.

Sono sicuro che ciascuno di voi troverà qualcosa che non gli piace, scendendo nello specifico delle proposte. Richiederà sacrifici e cambiamenti nelle nostre vite. In qualche misura, i sacrifici saranno paurosi, ma così è ogni sacrificio degno di significato. Porterà costi più alti per alcuni, e maggiori scomodità per tutti.

Ma i sacrifici saranno graduali, realistici e necessari. Soprattutto, saranno eque. Nessuno guadagnerà vantaggi scorretti da questo piano. A nessuno sarà chiesto di sottoscrivere accordi squilibrati. Controlleremo accuratamente i dati delle compagnie petrolifere e del gas, così conosceremo la loro produzione reale, rifornimenti, riserve e profitti.

I cittadini che continuano a guidare auto grandi, inutilmente potenti, si dovranno aspettare di pagare di più per questo lusso.

Possiamo essere sicuri che particolari gruppi d’interesse nel paese attaccheranno la parte del piano che le interessa direttamente. Diranno che i sacrifici vanno bene, fino a che gli altri li fanno, ma che il loro sacrificio è irragionevole, o iniquo, o che minaccia la nazione. Se riusciranno, l'effetto sul cittadino ordinario, che non è organizzato in un gruppo d'interesse, sarà devastante.

Ci sarà solo un test per questo programma: se riuscirà ad aiutare il paese.

Altre generazioni d’americani hanno affrontato e dominato grandi sfide. Ho fiducia che abbracciando questa sfida renderà le nostre vite più ricche. Se vi unirete a me, così che possiamo lavorare con patriottismo e coraggio, proveremo ancora una volta che la nostra grande nazione può guidare il mondo in un'era di pace, indipendenza e libertà."

Jimmy Carter, "The President's Proposed Energy Policy." 18 April 1977. Vital Speeches of the Day, Vol. XXXXIII, No. 14, May 1, 1977, pp. 418-420.

------------------------------------------------------------------------

 

A volte dimentichiamo quanto possa essere maestra la storia; altre volte la storia non ce la ricordiamo, neppure quella vissuta, oppure è troppo vicina alla nostra nascita e nessuno ce l’ha mai raccontata.
Ogni tanto una rinfrescata agli anni ’70 ci potrebbe dimostrare come il mondo di oggi esista grazie alla rimozione di interi capitoli della storia recente; un esempio per tutti: nel 1976 il Pakistan, l’Arabia Saudita e l’Iran annunciano il programma per la costruzione della “atomica islamica”; nel 1998 il Pakistan testa la bomba, nel 2005 si racconta alle opinoni pubbliche che si pensa di bombardare l’Iran per “impedire” all’Iran di sviluppare l’atomica.
Ancora più rivelatrice è la storia del piano energetico di Jimmy Carter, senza il quale il prezzo del petrolio sarebbe impazzito molti anni prima.

Il 18 aprile del 1977 Jimmy Carter presenta la più grossa sfida che attenda gli Stati Uniti insieme all’opera per evitare le guerre.
Carter subentra a Ford, unico presidente entrato in carica al di fuori della previsione costituzionale dopo che il Watergate aveva consigliato le dimissioni di Nixon e del suo vice Spiro.

Il piano di Carter riuscirà a mantenere entro i sei miliardi di barili il consumo annuo americano, ma sarà spazzato via dall’inversione di tendenza marcata da Reagan e poi da Bush I per dodici anni, fino al ’93.

Due approcci diversi alla questione energetica, quello repubblicano impostato sul presidio a mano armata delle risorse, lasciando mano libera alle compagnie sul prezzo degli idrocarburi. E’ in questo modo che il prezzo del petrolio ha raggiunto i prezzi di questi giorni, rendendo profittevole estrarlo anche a costi che un giorno sembravano insostenibili. In questo modo è stata dilatata, per qualche anno, la percezione delle risorse disponibili, ignorando la crescita geometrica del consumo mondiale, inesorabilmente destinato a prosciugare qualsiasi risorsa in qualche decennio.
L’esaltazione del consumo, contrapposta al risparmio.
Carter lo sapeva, procurarsi quelle risorse significava fare guerra. Lo ha sottolineato con le parole di William James, dicendo che la sfida energetica era “moralmente equivalente ad una guerra”. Non parlava per metafora.

Se ne torna a parlare in questi giorni, perché pare rivelarsi esatta la teoria del picco di Hubbert, che in sintesi afferma che l’aumento della domanda è più veloce della capacità di sfruttamento delle riserve rimanenti; provocando quindi una crisi nell’offerta parecchi anni prima dell’esaurimento reale delle riserve.
Eppure, 28 anni fa le ragioni che animarono la politica di Carter erano le stesse che ora non riescono ad affermare il protocollo di Kyoto. Eppure Carter mise in guardia sia dal pericolo di guerre, come da quello della decadenza statunitense, come da quello della catastrofe ecologica.

Eppure le grandi auto, indicate allora come la spia di un comportamento sbagliato, sono quelle che oggi vendono di più, determinando il massimo aumento del consumo petrolifero americano, eppure la Cina provvede ormai al 50% dell’aumento annuale della domanda energetica.

Il clima di prezzi folli spinge a rendere plausibili progetti di sfruttamento delle risorse un tempo impronunciabili, rende economiche le perforazioni in territori inaccessibili, arricchisce solo le compagnie che guadagnano in proporzione sempre di più, scatenano avidità e guerre.

Le strutture costruite da Carter per controllare il consumo energetico sono state smantellate, e il consumo americano si è di nuovo impennato, rendendo necessarie, nonché economicamente sostenibili, le guerre per assicurarsi l’influenza sulle aree strategiche. Le catastrofiche previsioni di Carter sulle riserve sono state solo rimandate dall’effetto dell’aumento del prezzo del petrolio, quelle sui posti di lavoro e sull’economia americana sono facilmente verificabili.

Se le compagnie oggi non dichiarano le riserve per motivi “strategici”, nessuno riesce a nascondere il proliferare di guerre e tensioni attorno alle aree petrolifere, i paesi che possiedono il petrolio rimanente arricchiscono pochi privilegiati o subiscono guerre per il suo controllo.

Quella stessa esperienza è stata scientificamente rimossa dalla narrazione storica, come non destò alcuno scandalo il fatto che Carter abbia perso il confronto con Reagan a causa della vicenda degli ostaggi all’ambasciata a Teheran, liberati solamente il giorno dell’elezione di Reagan; circostanza che ai tempi dello scandalo Iran-contras con tutto il sottobosco repubblicano implicato in affari con gli Ayatollah, poteva richiedere qualche approfondimento investigativo. La memoria non è apprezzata da chi ripropone vecchie truffe fidando nell’ignoranza.

Carter ha conservato la sua lucidità, e anche alla convention pro-Kerry non ha dimenticato di pronunciare parole chiare, quanto dure, sulle conseguenze delle scelte politiche repubblicane, parole che non hanno avuto eco, nonostante la loro inusitata durezza e franchezza.

La gigantesca macchina a protezione della narrazione neoliberista svela la sua potenza quando scostiamo il velo posto su questi episodi, capaci di raccontarci con la semplicità di una lettura, qual sia l’origine delle guerre e dei problemi: l’insostenibile modello di sviluppo, quel life-style che Blair, all’indomani degli attentati a Londra si è dichiarato pronto a difendere ad ogni costo, in perfetta sintonia con Bush ed i suoi amici; molto contenti di venderci a prezzi da panico le risorse comuni in via d’esaurimento.

Note: Il discorso originale:
http://www.pbs.org/wgbh/amex/carter/filmmore/ps_energy.html
Il discorso alla convention repubblicana:
http://italy.indymedia.org/news/2004/07/593049.php

Articoli correlati

PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.26 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)