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George W. Stranamore e il trionfo della fede nucleare

Finchè gli Stati Uniti non abbandoneranno il mito dell’atomo pacifico continueranno a fare proseliti del nucleare e non saranno nella posizione di mettere in dubbio i valori del fondamentalismo nucleare dell’Iran o di qualsiasi altro paese
26 luglio 2005
Norman Salomon

George W Bush Il cowboy con gli speroni d’argento dell’Oval Office ha appena regalato una nuova elegante sella al cavaliere nucleare dell’apocalisse.
È stato un regalo degno dell’inferno. "Ieri, il presidente Bush ha accettato di condividere la tecnologia nucleare civile con l’India, rovesciando decenni di politiche USA volte a scoraggiare le nazioni allo sviluppo di armi nucleari", ha riportato martedì scorso il Washington Post. Il New York Times ha dato un’altra versione: "Il presidente Bush, a un passo dall’accettare l’India nel club degli stati in possesso di armi nucleari, questo lunedì ha raggiunto un accordo con il primo ministro Manmohan Singh per concedere al paese aiuti internazionali finalizzati all’acquisizione di reattori nucleari per scopi civili, proibendo allo stesso tempo di utilizzarli per la fabbricazione di armamenti".

Non importa come venga imbastita la storia. Nelle capitali mondiali essa può essere letta solo come un’ulteriore prova della triste comicità delle strategie nucleari USA, dei politicanti di Washington che, simultaneamente, prima scoraggiano poi promuovono la proliferazione nucleare.
E in nessun altro posto al mondo se non a Teheran queste ironie intrise di ipocrisia sarebbero state più apprezzate.

Più di cinquant’anni dopo che gli USA lanciarono il programma "atomi per la pace", la fede nell’atomo pacifico è ancora viva e forte in Iran. Mentre una gran parte del popolo americano diffida dell’energia nucleare, gli iraniani ne echeggiano quotidianamente le implicazioni positive, anche grazie alla propaganda di Dwight Eisenhower che promise "di aiutare a risolvere lo spaventoso dilemma nucleare " per dimostrare che "questa miracolosa inventiva dell’uomo non verrà usata per la sua morte, ma consacrata alla sua vita".
Sollecitando l’uso della fissione nucleare per generare elettricità, i presidenti statunitensi si sono sempre impegnati nell’ideare una scaltra distinzione retorica tra l’energia nucleare in sè e le tecnologie per le armi nucleari, nonostante le due cose siano inscindibili. Queste distinzioni rassicuranti oggi in Iran vantano un’ampia credibilità, come ho potuto verificare il mese scorso durante una conversazione con promotori di campagne politiche, clericali, commercianti del bazar, compratori, insegnanti e studenti. In merito all’eventuale acquisizione da parte del proprio paese di energia nucleare, quasi tutti hanno dato le stesse risposte .
Dalle risposte – intrise di indignazione solo per l’aver messo in dubbio la prerogativa nucleare – emerge chiaramente il motivo per cui lo sviluppo di tale energia non abbia costituito un problema durante l’ultima campagna presidenziale in Iran. Il pubblico iraniano sembra credere a ciò che i sostenitori dell nucleare hanno proclamato a gran voce al mondo per diversi decenni: l’energia nucleare può essere sicura e distinta dalla possibilità di creare armi nucleari.

Se gli impianti di energia nucleare vanno bene per gli Stati Uniti, perché non dovrebbero andare bene anche per l’Iran? L’Iran dei nostri giorni è impaziente di utilizzare reattori nucleari per generare elettricità rappresenta una vittoria per le generazioni dei politici di Washington a favore del nucleare.
Un patto atomico civile sottoscritto nel 1957 ha dato il via agli aiuti USA per lo sviluppo nucleare dell’Iran. Nel 1972 il presidente Richard Nixon incoraggiò gli Shah a costruire a tal fine diversi impianti. Gli Shah caddero nel 1979, ma dopo un periodo di attesa la repubblica islamica riprese i lavori all’impianto nucleare vicino a Bushehr, un progetto recentemente denunciato a Washington.

A Teheran, nessuno di coloro con cui ho parlato sembrava avere alcun dubbio sul fatto che questo progetto debba essere portato avanti. Al bazar della città aleggiava insomma un certo consenso alla costruzione di impianti di energia nucleare.
"Deve essere fatto", ha affermato il proprietario 26enne di un negozio di tappeti che ha detto di chiamarsi Nahdi. "Se è pericoloso, lo è per tutto il mondo, non solo per la popolazione iraniana. Com’è possibile che sebbene tutti abbiano accesso a questo tipo di energia si parli solo dell’Iran e degli iraniani?" In un negozio per neonati, l’uomo dietro al banco diceva: "È un diritto dell’Iran, come degli altri paesi".
Il clericale Hassan Khomeini – il più illustre nipote dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, leader fondatore della Repubblica islamica dell’Iran – ha risposto alla mia domanda nello stesso modo. Riferendosi al paese che adesso punta il dito contro l’Iran, mi ha riferito: "La stessa cosa è successa negli Stati Uniti. Hanno avuto accesso a enormi risorse di petrolio e di gas, e cosa è successo? Gli Stati Uniti producono comunque energia nucleare".
In un’intervista di metà giugno, poco prima del primo turno delle elezioni presidenziali, Akbar Hashemi Rafsanjani mi aveva detto che le armi nucleari sono incompatibili con la legge islamica e che l’Iran non avrebbe mai dovuto tentare di acquistarle. Tuttavia, come ciascuno dei suoi oppositori, Rafsanjani (allora considerato il favorito) in campagna elettorale decise poi di esprimersi a favore del nucleare per il proprio paese.

Date le vaste riserve di petrolio e di gas naturale non ancora sfruttate, la richiesta dell’Iran di avanzare col nucleare per produrre energia elettrica poteva sembrare inverosimile.
Ma le discussioni relative alla reale “necessità” dell’Iran di energia nucleare non rappresentano il punto della questione. Per il governo iraniano, la questione è un problema di sovranità e di diritti fondamentali. In una regione in cui Israele, il Pakistan e l’India possiedono bombe atomiche (grazie alla tecnologia nucleare esportata dall’occidente), l’Iran sembra voler tenere aperta la sua facoltà di scelta.

Riluttanti ad abbandonare il mito dell’atomo pacifico, gli Stati Uniti continuano a fare proseliti del nucleare. Finché sarà così, Washington non sarà nella posizione di mettere in dubbio i valori del fondamentalismo nucleare dell’Iran o di qualsiasi altro paese.

Note: Fonte primaria: http://www.antiwar.com/solomon/?articleid=6703
Tradotto da Tanja Tion per Nuovi Mondi Media
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