Quando l'ambientalista è incoerente
3.08.05
E' considerato un paladino delle cause ambientaliste Chris Martin, cantante solista dei Coldplay. In una intervista ha parlato dell'importanza di essere seri, e ha spiegato che nel suo ultimo album «c'è una rabbiosa, intensa volontà di incoraggiare le persone a prendere le decisioni giuste riguardo alle loro vite e a come trattano il pianeta»; poche frasi più in là e il verde Chris discorre a proposito del «Volo con jet privato a Palm Springs... Adesso la nostra band si può permettere di volare ogni volta che è possibile». Né il cantante né l'intervistatore hanno notato la contraddizione fra il palpitante interesse per il clima e l'abbondante ricorso ai viaggi aerei (pesantissimi per lo stesso clima, tanto che in un singolo volo intercontinentale si esaurirebbe il proprio plafond annuale pro capite quanto alle emissioni di anidride carbonica, se ci fosse un simile plafond). Ma questa contraddizione e molte altre degli ambientalisti eminenti sono al centro di una riflessione di Georges Monbiot sul New Statesman, ripresa dalla rivista online Zmag.
Il giornalista, attivista per la pace, l'ambiente, la giustizia internazionale, non si esonera da colpe: «Inveisco contro le auto, ma cerco di dimenticare l'impatto (benché molto inferiore, ndr) dei miei numerosi viaggi in treno»; e «quando prendo l'aereo per andare all'estero, cerco di ingannarmi convincendomi che il lavoro che farò là in qualche modo giustificherà l'effetto delle mie emissioni di Co2; ma so che non c'è differenza dal punto di vista ambientale fra il mio viaggio e quello del mio compagno di poltrona» (del resto nel 2002 fu impressionante il calcolo della quantità esorbitante di gas serra provocata dai viaggi aerei intercontinentali dei partecipanti (decine di migliaia) al vertice di Johannesrburg sullo sviluppo sostenibile - e anche al controvertice.
Tutto il mondo è paese e Monbiot cita i casi di sua conoscenza: «uomini e donne che passano la vita a dire agli altri cosa non fare eppure vanno spesso in vacanza nel lontano Pacifico, gettano senza pensarci bottiglie e lattine nella pattumiera, mangiano tonno e merluzzo» (specie drasticamente ridotte di numero, vittime del sovrasfruttamento delle risorse idriche; è recentissima la denuncia di Greenpeace sulla pesca a strascico nell'Atlantico, ndr). E «quante volte li ho visti imbarazzati se, torsolo di mela fra le dita, chiedevo loro di indicarmi la compostiera».
Georges Monbiot ne deduce che se non c'è una seria azione normativa da parte delle autorità, l'ambientalismo è e sarà «per qualcun altro». La «democrazia del consumatore», la «semplicità volontaria» e il «vivere con coscienza» possono essere una distrazione dalla battaglia politica e funzionano male: per via dell'ipocrisia che caratterizza la maggioranza dei benintenzionati. Nella più onesta delle ipotesi, un tentativo personale imperfetto e a tratti contraddittorio di «fare la cosa giusta». Nel peggiore dei casi, un modo per assicurarsi uno spazio ecologico personale contro le richieste degli altri che avanzano; il movimento per l'ambiente in Gran Bretagna e nelle sue colonie nacque in parte per mantenere le risorse di caccia a beneficio della «classe cacciatrice». E allora, «le campagne contro l'effetto serra serviranno a riservare spazio aereo e ambientale alle esigenze delle pop star?».
Insomma, il modo più efficace per affrontare davvero il cambiamento climatico e anche gli altri impatti ambientali è l'azione dei governi (a tutti i livelli): regole e tasse da applicare a tutti, anziché a qualcun altro. «Se vogliamo cambiare il mondo, dobbiamo obbligare i governi a obbligarci a cambiare il nostro comportamento». Ovviamente finora questa è l'ultima cosa che hanno intenzione di fare: il costo politico dell'imporre un cambiamento di rotta è elevato, mentre quello del lasciar fare è basso. Bisogna allora far crescere il costo della seconda opzione, conclude Monbiot.
Va però detto che il suo giudizio è degno di ascolto anche perché, comunque, egli si pone il problema del torsolo di mela e del volo aereo.
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