Biodiversità addio, rischio per tutti
28.08.05
«La biodiversità sta scomparendo. Perdiamo un'arma decisiva contro le crisi alimentari». L'annuncio-choc arriva da un tranquillo professore di agronomia, che ha passato la vita a studiare semi e malattie, tempi di maturazione e rese. Lo raggiungiamo in Castiglia, dove trascorre le vacanze circondato dai campi di grano e dagli oliveti della Mancha, una terra che sembra disegnata apposta per favoleggiare sui mulini a vento e sulle battaglie nobili quanto impossibili degli eroi di Cervantes. Ma il tono di José Esquinas Alcazar non è quello di un don Chisciotte e men che meno lo è il suo ruolo: la Fao gli ha affidato l'applicazione del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche, la magna charta dei diritti e dei doveri delle nazioni e dei singoli dalla quale dipende il futuro agroalimentare del pianeta. Che il professor Esquinas vede nero.
Che cos'è la biodiversità?
È quell'immenso patrimonio di specie, animali e vegetali, che popola il nostro pianeta. Esiste una biodiversità selvatica, che è data dalle specie esistenti in natura, e una biodiversità agricola, che permette di soddisfare i nostri bisogni alimentari ed è invece il risultato del lavoro umano di addomesticazione, adattamento e conservazione attraverso i millenni.
Perché è così preoccupato?
La biodiversità è di importanza vitale per la sopravvivenza dell'uomo eppure stiamo permettendo che spariscano centinaia di specie. Nel corso della storia umana sono state coltivate diecimila piante differenti, ma negli ultimi secoli l'agricoltura si è concentrata solo sulle più produttive e 120 di esse forniscono il 90% degli alimenti, il 70% del nostro fabbisogno è coperto da 12 specie vegetali e 5 animali, sette di esse (patate, riso, mais, grano, bovini, suini e polli) ne assicurano più della metà. Sta succedendo che centinaia di migliaia di varietà tradizionali, ciascuna delle quali ha proprie caratteristiche non sempre e non solo legate alla produttività, sono state sosti tuite da un numero ridottissimo di varietà commerciali, caratterizzate invece da una forte uniformità. Negli Usa è sparito il 90% degli alberi da frutta e degli ortaggi che venivano coltivati all'inizio del XX secolo. In India si è passati da 30.000 varietà di riso a poche decine, il Messico possiede solo il 20% delle varietà catalogate nel 1920...
Gli effetti collaterali della Rivoluzione Verde sono noti da tempo. Che cosa rende la situazione così drammatica?
Che solo una parte minima delle specie ancora esistenti è custodita in banche del germoplasma, mentre abbiamo l'obbligo morale di conservare questo patrimonio per le generazioni future. Prima di tutto, perché esiste una disparità Nord-Sud del mondo. La diversità agricola è localizzata principalmente nei Paesi tropicali e subtropicali; anche l'Occidente industrializzato dipende da essi, perché le varietà che si coltivano provengono da specie "custodite" in quelle regioni e a tali varietà si deve ricorrere in caso di crisi. Le nazioni tropicali, poi, non sono autosufficienti dato che loro sono costrette a scambiarsi semi e conoscenze. Questa interdipendenza ha implicazioni di carattere economico, politico, culturale e giuridico, oltre che etico, nel momento in cui un Paese deve sperimentare urgentemente nuove coltivazioni e avere accesso ai semi delle diverse varietà.
Concretamente, quando la biodiversità diventa decisiva?
Il lavoro dei ricercatori, che incrociano le varietà per ottenere piante più resistenti alle malattie, è possibile solo se esiste un parco sufficientemente ampio di scelte. Se spariscono specie e varietà, questa ricerca diventa impossibile e si rischia la morte per fame di milioni di persone. È già successo in Irlanda, nel 1840, quando le coltivazioni di patate furono colpite da un infestante resistente ai pesticidi e per rinforzare la base genetica del tubero fu necessario rintracciare varietà non uniformi in Sudamerica. La stessa soluzione fu adottata per fermare un fungo che negli anni Settanta distrusse il mais negli Stati Uniti del Sud.
Può succedere ancora?
Le crisi alimentari si verificano periodicamente e i ricercatori attingono al "deposito" mondiale proprio per contrastarle. La più grande sfida che l'umanità deve affrontare a breve termine è migliorare le condizioni di vita di ottocento milioni di persone che non hanno abbastanza cibo: nei prossimi 25 anni la produzione alimentare dovrà crescere del 60%. Non potrebbe avvenire senza la biodiversità.
Come si può difenderla?
Il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, già ratificato dall'Italia, è un ottimo strumento perché copre tutte le specie strategiche e crea un sistema multilaterale che permette l'accesso a questo patrimonio e la condivisione dei benefici connessi al loro utilizzo. Esso include - per la prima volta in un accordo legale internazionale - i diritti dell'agricoltore, ed è un riconoscimento importante del ruolo di chi, per millenni, ha lavorato per il nostro futuro.
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