Lezione per l'Ue
10.09.05
La furia cieca e distruttrice di Katrina ha messo in ginocchio la superpotenza globale, che di fronte agli occhi del mondo ha dovuto ammettere la propria vulnerabilità e chiedere per la prima volta nella sua storia aiuto. Migliaia di vittime, New Orleans devastata, intere aree in ginocchio: questo il bilancio ancora provvisorio della tragedia, che ha rivelato in tutta la sua drammaticità i limiti e le contraddizioni dell'attuale modello di sviluppo, del liberismo senza freni e del capitalismo selvaggio, che antepone la crescita economica e il profitto a tutto il resto.
Anni fa Bush dichiarò che sotto la sua presidenza l'ambiente sarebbe dovuto scendere a patti con l'industria, non il contrario. Katrina ha dimostrato l'assurdità di queste parole, pronunciate da un petroliere e non da un uomo di stato. Dopo lo tsunami del Sud-est asiatico un altro cataclisma viene a dirci che non possiamo continuare sulla strada del disastro ecologico, che occorre pensare subito a modelli di sviluppo sostenibili ed ecocompatibili. Quando i Verdi e gli ambientalisti negli anni `80 lanciavano i primi allarmi sull'insostenibilità dei combustibili fossili, forse l'opinione pubblica non era sufficientemente ricettiva. Oggi qualcosa è cambiato. Non è possibile stabilire con certezza un nesso di causalità tra Katrina e i cambiamenti climatici in atto. Con scientifica certezza, però, si può affermare che il numero e l'intensità degli uragani è aumentata notevolmente negli ultimi anni, come afferma l'autorevolissima rivista scientifica Nature.
Il prestigioso Mit (nessuno è profeta in patria evidentemente...) afferma che il potenziale distruttivo degli uragani negli ultimi trent'anni è aumentato, anche a causa del riscaldamento globale. Un articolo su Science spiega che la maggior parte degli uragani che colpiscono le coste Usa nascono nell'area tropicale dell'Atlantico settentrionale, dove è stato più netto l'aumento di temperature marine negli ultimi dieci anni. La comunità scientifica non ha dubbi sulla responsabilità delle emissioni di gas serra nel provocare i cambiamenti climatici in atto.
I dati sono dunque acquisiti ed è cresciuta la consapevolezza dell'opinione pubblica mondiale. Manca ancora una nuova prospettiva globale di futuro sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico. Le immagini da New Orleans hanno mostrato una realtà sociale catastrofica: violenza, povertà, razzismo. Se le stampino bene in mente i fautori del liberismo selvaggio e del capitalismo senza freni, che vorrebbero importare il modello americano in Europa ed in Italia, che, al contrario, devono investire sul miglioramento del sistema di protezione sociale, su un welfare moderno che assicuri a tutti un adeguato livello di copertura. Per questi motivi il pensiero ambientalista è la chiave di lettura irrinunciabile per interpretare la realtà sociale e determinare le scelte politiche del futuro. Come? Innanzitutto puntando su nuove ed innovative scelte energetiche, che partano dal risparmio, valorizzino le fonti pulite, sicure e rinnovabili, a cominciare dal solare ed investano sulle energie del futuro, come l'idrogeno.
Si deve andare oltre Kyoto, per contrastare e prevenire un ulteriore impatto dei cambiamenti climatici e per tutelare i cittadini e garantire la sicurezza ambientale di fronte ai mutamenti già avvenuti.
Questa è la situazione ed oggi siamo tutti chiamati a contribuire al rafforzamento della prospettiva ambientalista nel pensiero e soprattutto nella pratica politica perché l'Italia e l'Unione europea dovranno avere un ruolo di primo piano sulla scena internazionale nel prossimo futuro per realizzare concretamente, come chiedono i movimenti no global o meglio new global una nuova globalizzazione, della pace, dei diritti e della solidarietà, molto diversa dall'attuale che ha causato guerra, miseria e povertà.
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