L’alta velocità si ferma davanti alla forza della Valle
In Val di Susa c’è un esemplare movimento di resistenza nonviolenta. L’intera popolazione valligiana si oppone al progetto di una nuova linea ferroviaria ad alta velocità che dovrebbe collegare Torino a Lyon. Nelle ultime settimane, per bloccare l’inizio dei lavori di carotaggio del territorio, c’è stato un crescendo di mobilitazione, fino allo sciopero generale e totale di tutta la Valle il 16 novembre, con una marcia di 8 chilometri alla quale hanno partecipato dalle 50 alle 70 mila persone. Praticamente tutti gli abitanti si riconoscono nel movimento No Tav e hanno adottato la nonviolenza come metodo per difendere il loro futuro in Valle.
Per tutta risposta il governo, che vuole fortemente realizzare l’opera a partire dalla costruzione della galleria di 53 chilometri sotto le montagne valsusine, ha militarizzato il territorio, per permettere alle ditte di iniziare i lavori di trivellazione per preparare lo scavo. La reazione popolare è stata unanime. Si sono attuati ovunque nella Valle dei presidi che sono diventati luoghi di aggregazione in cui si leggono i giornali, ci si scambiano informazioni, si discute di politica, si preparano castagnate. Luoghi di democrazia partecipata che -essendo prati e campi - sono stati attrezzati per resistere al freddo invernale.
Questa sollevazione è di tutte le forze politiche della Valle (tutti i Consigli comunali hanno deliberato all'unanimità contro l'opera): anche i parroci sono nei presidi; è stata costruita un'edicola spostabile con la statua della Madonna del Rocciamelone che accompagna i manifestanti su tutti i luoghi di lotta. Giovani e anziani, donne e uomini hanno sempre rispettato la scelta di nonviolenza.
Abbiamo sentito Alberto Perino che fu animatore di Gruppo Valsusino di Azione Nonviolenta (GVAN), ed ora, che è pensionato bancario, è uno degli esponenti di punta del movimento.
Dunque la nonviolenza è l’elemento costitutivo del movimento No Tav. Possiamo dire che c’è una continuità storica con la presenza a Condove, all’inizio degli anni 70, del GVAN?
I semi germogliano. Non rivendichiamo l’esclusiva primogenitura, ma certamente il GVAN di Condove è stato uno degli attori che ha fatto crescere e maturare la coscienza della Valle. Molti altri elementi hanno contribuito; in Valle durante la guerra ci fu un importante movimento di resistenza antifascista; in quegli anni il Direttore Didattico nella nostra scuola era un certo Carlo Carretto; poi c’è stato un forte movimento sindacale; e poi figure importanti come Achille Croce (il primo operaio obiettore) e Don Giuseppe Viglongo, fondatore del giornale Dialogo in Valle. E poi voglio segnalare, seppur in negativo, che in Valle abbiamo avuto una significativa presenza di lotta armata negli anni 70. Alcuni di coloro che fecero la scelta terrorista, hanno poi riconosciuto gli errori, hanno pagato i debiti con la giustizia, sono cambiati ma non se ne sono andati, e oggi partecipano attivamente alla nostra lotta nonviolenta. Insomma, nella terra di questa Valle non è mancato il sale.
Come pensate di rispondere alla militarizzazione in atto del vostro territorio?
La presenza massiccia di polizia e carabinieri nei nostri paesi, che limitano la libertà di movimento, è un fatto gravissimo. Dopo l’ottima prova dello sciopero generale in Valle, penso che dovremo considerare la possibilità di utilizzare altre tecniche della nonviolenza anche più radicali, fino allo sciopero della fame.
Come spieghi il successo della vostra azione?
Noi abbiamo un vantaggio. Siamo partiti molto presto e non abbiamo aspettato di trovarci davanti al fatto compiuto. La nonviolenza ci insegna che è meglio prevenire prima, piuttosto che protestare dopo. La nostra lotta inizia nel 1989, quando TAV era solo uno slogan. Abbiamo un gruppo di docenti del Politecnico che ci offre da allora tutto il supporto scientifico. Siamo sempre preparati, in anticipo rispetto alle mosse di chi propone l’alta velocità devastante. Muoversi solo all’arrivo delle ruspe sarebbe perdente. Per questo abbiamo iniziato prima dell’avvio dei lavori. Vogliamo stare sempre un passo avanti.
Come pensate di proseguire?
Alcuni sindaci hanno proposto una “tregua olimpica”, in vista dei giochi invernali del 2006. Ma naturalmente questa moratoria deve valere per tutti. Devono ritirarsi le trivelle, e noi ritiriamo i presidi. Tutti un passo indietro.
Cosa chiedete all’opinione pubblica?
Chiediamo solidarietà a tutti. La nostra non è una lotta localistica. In gioco non è solo il futuro della nostra Valle. Stiamo parlando di sperpero di denaro pubblico, di distruzione di risorse naturali, di distruzione del territorio italiano. Dalla Val di Susa contro il Tav, allo stretto di Messina contro il Ponte, è la stessa lotta. Dobbiamo salvare il futuro di tutti, con la nonviolenza.
http://lists.peacelink.it/news/2005/12/msg00002.html
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