Nucleare? «Costoso e impraticabile»
21.03.06
Putin spera in «una sostanziale rinascita globale dell’industria nucleare», il ministro per l’Energia statunitense, Samuel Bodman, sottoscrive e rilancia a margine del vertice allargato dei ministri dell'’Energia del G8 in corso a Mosca. Si apre la caccia agli investitori pubblici visto che quelli privati notoriamente non sono scemi. Sì perché bisognerebbe essere proprio degli idioti per impelagarsi nella costruzione di centrali destinate a rimanere inattive. Inaspettatamente il colpo di grazia alla lobby dell’atomo non arriva dai soliti ambientalisti arrabbiati ma dall’Us Army che, allarmata dall’esaurimento dei combustibili fossili e dell’uranio, intraprende una ristrutturazione radicale dei propri consumi energetici.
Da qualche tempo, lontano dalle telecamere, si svolge un acceso dibattito sull’esaurimento del petrolio. Nel 1956, quando Hubbert propose al mondo i suoi calcoli, fu preso per pazzo ma oggi la teoria secondo la quale la produzione petrolifera raggiungerà un picco massimo e dopodichè comincerà a calare fino al totale esaurimento, è stata accettata da tutti. Il dibattito si è spostato dal se al quando, con le grandi compagnie a fornire le stime più ottimiste e gli ambientalisti ad annunciare sventure molto prossime. Da qualche giorno, però, nella discussione è entrato però un pezzo da novanta: l’esercito statunitense che non si limita a lanciare l’allarme dando per buoni i dati più pessimisti ma si propone di abbandonare prima possibile la propria dipendenza dal petrolio imboccando decisamente le uniche due strade che considera percorribili, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. Del nucleare nessuna traccia.
La vicenda della pubblicazione dell’Energy Trends and Their Implications for U. S. Army Installations (Tendenze energetiche e implicazioni per le istallazioni dell’esercito Usa) parte già tinta di giallo. Lo studio condotto dall’U. S. Army Engineer Research and Development Center e dall’U. S. Army Corps of Engineers e datato settembre 2005, è stato pubblicato sul sito dell’esercito statunitense per poche ore, per poi sparire inspiegabilmente nel nulla. Al suo posto una paginetta del Defense Technical Information Center che autorizza la diffusione del rapporto e rimanda a una serie di siti inattivi. Quel poco che se ne sa - qualche tabella, alcune citazioni e parecchi commenti - si deve all’interessamento dell’Energy Bullettin e di alcuni attivisti che ne hanno salvato significativi frammenti. Dai quali si evince perché l’argomento sia così incandescente proprio mentre la lobby nucleare tenta l’ultima disperata sortita.
Tanto per cominciare i due autori - la prima, Eileen Westervelt, è attualmente in forze all’US Army Corps of Engineers, il secondo, Donald Fournier, ha lasciato l’esercito ed è ricercatore all’Università dell’Illinois - liquidano come «eccessivamente ottimistiche» le stime fornite dagli esperti istituzionali perché si basano su di un incremento delle nuove scoperte considerato «decisamente improbabile» dai militari. Per loro i combustibili fossili - sia il petrolio che il gas - sono destinati a esaurirsi di qui a 40 anni, meno di mezzo secolo durante il quale l’estrazione sarà sempre più costosa e la competizione sempre più serrata. Con due o tre calcoli l’Us Army chiude anche sul nucleare visto che le riserve mondiali di uranio sono sufficienti per appena vent’anni, cosa che rende del tutto demenziale l’idea di resuscitare i reattori che gli esperti dell’esercito considerano troppo costosi e pericolosi in quanto possibili bersagli di attacchi terroristici.
La soluzione? L’esercito americano ovviamente pensa a sé, ovvero suggerisce, con un’urgenza di per sé allarmante, di "isolare al più presto l’esercito dalle conseguenze logistiche ed economiche legate ai problemi energetici che si presenteranno nel prossimo futuro" e prosegue affermando che "è necessaria una transizione verso sistemi energetici più sicuri ed efficienti e bisogna costruire tecnologie che siano sicure e rispettose dell’ambiente". Le migliori opzioni sono dunque "l’efficienza energetica e le risorse rinnovabili" considerando che, attualmente, non c’è un sostituto accettabile per il petrolio. Gli autori riconoscono però che "il sistema energetico mondiale soffre di un’inerzia eccessiva" che gli impedisce di invertire in tempi brevi una tendenza "decisamente insostenibile" e invitano gli alti gradi a non aspettare che lo Stato si muova prima di mettere in atto una strategia energetica atta a riformare radicalmente i consumi dell’esercito. Una strategia basata su cinque pilastri che, del tutto inaspettatamente, sono esattamente quelli proposti dagli ambientalisti più sfegatati: eliminare lo spreco di energia nelle istallazioni già esistenti, incrementare l’efficienza energetica nelle nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, conservare le risorse idriche e migliorare la sicurezza energetica.
Dimenticatevi quindi le grandi cattedrali del gas o dell’atomo. La strada più a portata di mano, secondo Westervelt e Fournier, è quella dell’efficienza energetica "il modo meno costoso, più immediatamente accessibile e meno inquinante per far durare più a lungo le nostre scorte" per dare il tempo "alla ricerca di fonti rinnovabili" di dare dei frutti. Non solo quindi l’esercito prende per buone le peggiori previsioni sull’approssimarsi del picco petrolifero ma vengono anche liquidate le soluzioni classiche che piacciono tanto alla grande industria ovvero il gas, il nucleare e il carbone cosiddetto “pulito”. Non c’è da stupirsi che l’Energy Trends sia stato subito tolto dalla circolazione anche se, molto probabilmente, la riforma interna è destinata ad andare avanti. Lo dimostrano le misure già prese dal Pentagono che, allarmato dall’aumento del prezzo del greggio, ha ordinato alle basi militari di ridurre i consumi energetici del 2 per cento l’anno e di riconvertirsi alle energie alternative come il solare e l’eolico.
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