«Cernobyl, tragedia nascosta dall’Onu»
26.04.06
Una cospirazione per nascondere dati cruciali su Cernobyl, un terribile scandalo. Se a usare parole così pesanti fosse Greenpeace, non farebbe notizia, ma se a usarle è un fan sfegatato dell’energia nucleare come Richard Garwin - un’autorità assoluta, consigliere di praticamente tutte le amministrazioni da Kennedy a Clinton - allora le cose cambiano. E stupisce che i media internazionali non abbiano raccolto la sua denuncia.
Vent’anni fa, il mondo assistette al più grave disastro nucleare della storia, e dal 1986 esperti, ambientalisti e organizzazioni internazionali litigano sulla conta dei morti e dei danni e usano i dati di Cernobyl per riabilitare il nucleare, ridimensionando la portata dell’incidente, o per condannare senza appello i reattori di tutto il mondo, dimenticando, per esempio, che quello di Chernobyl non era il tipico reattore civile, ma, come ci dice il fisico Carlo Bernardini dell’università La Sapienza, «era un reattore senza “coperchio”», ovvero senza protezione, per permettere l’estrazione del plutonio 239 per le armi nucleari.
Al diluvio di cifre e dossier, nel settembre del 2005 si è aggiunto il rapporto del «Cernobyl Forum», un team internazionale che includeva i governi delle aree più colpite, tipo la Bielorussia, e ben 8 agenzie Onu, tra cui l’Oms, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, ma soprattutto l’Aiea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Elaborato nella speranza di poter mettere fine alle polemiche, il rapporto conclude che sì, l’incidente di Cernobyl è stato serio, ma non una catastrofe: nelle aree più colpite dalle radiazioni si prevedono «soltanto» 4.000 casi di cancro. «Un messaggio rassicurante», secondo il funzionario Oms Michael Repacholi, «uno scandalo», insiste invece Garwin, ricostruendoci i fatti.
Nel 1993, l’Unscear, il Comitato Onu che stabilisce i livelli globali e gli effetti delle radiazioni, documentò che la dose totale di radioattività dovuta all’incidente di Chernobyl era di 600.000 sievert-persona. Dopo però, questo dato sparì completamente: non ce n’è traccia né nel successivo rapporto Unscear del 2000, né in quello del Cernobyl Forum, di cui l’Unscear è parte. Se non fosse stato «nascosto», come insiste Garwin, la conta dei morti salirebbe decisamente e dovremmo aspettarci 34.200 casi di cancro, di cui oltre 12.000, anziché 4.000, nelle aree più colpite. Ovviamente, ci spiega Garwin, «questi morti non saranno mai identificati come vittime di Cernobyl, rimarranno nel calderone delle decine di migliaia di persone che nello stesso periodo di tempo moriranno di cancro per altre cause, ma rimane il fatto che sono dovute a Cernobyl».
Si potrebbe obiettare che la parola «cospirazione» forse è un po’ forte: i comitati scientifici di tutto il mondo introducono e scartano dati a discrezione, appellandosi a metodologie opportune. «Il punto è proprio questo», spiega Garwin, «il dato dei 600.000 sievert non è stato contestato, ridimensionato o comunque discusso con rigore scientifico: è caduto nel dimenticatoio di ben 8 agenzie Onu, perciò parlo di cospirazione». Ma perché l’Aiea e il Forum l’avrebbero fatto? «Probabilmente i paesi più colpiti, come la Bielorussia, vogliono ridurre le spese per Cernobyl e l’industria nucleare vuole ridimensionare la paura che la circonda».
Garwin è una testa d’uovo al di sopra di ogni sospetto: è un fan della prima ora dell’energia nucleare, proprio per questo è tanto rigoroso. «Il comportamento dell’industria nucleare ricorda quello delle multinazionali del tabacco, che negavano la dipendenza da nicotina. Semplicemente inaccettabile. L’industria nucleare dovrebbe ammettere onestamente le conseguenze di Cernobyl, perché ha una storia che depone a favore della sicurezza e i vantaggi dell’energia nucleare superano di gran lunga gli svantaggi».
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