Gli ecovillaggi e il mondo di fuori
L'impronta ecologica media degli abitanti di Findhorn, noto ecovillaggio scozzese, è inferiore del 40 per cento a quella media dell'intero paese.
Non basta ancora - se generalizzata a tutti gli abitanti della Terra, richiederebbe le risorse e lo spazio di 1,7 pianeti - ma è già un bel passo avanti. La dimostrazione che si può vivere meglio con meno, grazie a stili di vita semplici e a soluzioni tecno-ecologiche, è in effetti la principale lezione che possono dare le migliaia di ecovillaggi sparsi per il mondo. Sono comunità basate sulla convivenza intenzionale, sull'indipendenza, su soluzioni pioniere a problemi ecologici e sociali, sulla condivisione e sulla ricerca di alternative a una via alienante.
I primi ecovillaggi dei tempi recenti nascono negli anni 60 dalla convinzione che il mondo «di fuori» fosse così sbagliato da non essere riformabile dall'interno. Adesso i loro modelli organizzativi sono variegati, anche per rispondere alle necessità del luogo. Per saperne di più, ci si può collegare al sito dell'Ecovillage Network: www.ecovillages.org; oppure a quello degli europei: www.gen-europe.org .
Così, ad esempio in Senegal dove i villaggi tradizionali sono comunità, la sfida è renderli sostenibili e vivibili, vincendo miseria e deserto. Alcune realtà hanno deciso di usare solo energia muscolare, ed ecco allora le bici con il carrello, i cavalli per arare; un ritorno all'epoca in cui l'energia umana e animale copriva la quasi totalità del fabbisogno, o un anticipo di quel futuro di penuria energetica previsto dal saggio americano Collasso? Altre realtà si presentano invece quasi simili a un agriturismo. Diversificata anche la gestione dei soldi, classica buccia di banana.
Niederkopfen è il caso estremo, «a ciascuno secondo il suo bisogno»: dalla cassa comune ognuno può prelevare, anche non visto; e va scritto per cosa ma non il nome di chi prende. In alcuni casi la proprietà privata non esiste, in altri sì.
Elementi comuni agli ecovillaggi sono l'applicazione di pratiche di vita e tecniche sostenibili nel campo dell'agricoltura (biologica, biodinamica, sinergica, per il consumo dei residenti e delle aree limitrofe), dell'edilizia (a Sieben Linden in Germania c'è una casa di paglia a tre piani), dell'energia (le case passive a zero consumo di energia fossile sono quasi la norma), dei trasporti (auto elettriche collegate ai pannelli solari), dell'alimentazione (spesso vegan o vegetariana). La novità però è un'altra.
Gli ecovillaggi sembravano un po' fuori dal mondo, senza una vera possibilità di incidere intorno; e ultimamente anche in crisi di crescita: per il costo della terra e per una minore voglia di radicarsi a lungo in un luogo. Soprattutto adesso che i voli economici permettono, a chi non si trova bene «in questa società», di scappare periodicamente a trovare stimoli e svaghi esotici, senza bisogno di impegnarsi davvero per cambiare una realtà.
Per fortuna però una buona notizia c'è, e viene riportata sul bollettino di informazione News-Global Ecovillage Network Europe: «Decenni fa il mondo ci vedeva come persone e realtà strane, mentre negli ultimi anni stanno venendo da noi scuole, università, enti locali, organizzazioni di base, perfino l'Onu, e ci dicono: insegnateci questo e quello».
Nati senza sostegni politici, alcuni ecovillaggi adesso se ne avvalgono. Ma la collaborazione che viene considerata più sana è quella con movimenti di base ed enti locali, scuole ed enti di solidarietà. Zegg in Germania ha sviluppato un programma per disseminare le tecnologie del trattamento biologico delle acque; Damanhur in Italia collabora alla rigenerazione economica e sociale della Valchiusella; Mollies in Irlanda insegna permacoltura al college locale; Epidaure in Svizzera ospita ragazzi a rischio; Findhorn in Scozia è un centro dimostrativo anche per organismi internazionali.
Le soluzioni esemplari della città ecologica Auroville in India - una cucina solare per migliaia di persone, i megaprogrammi di riforestazione povera - sono ormai conosciute e imitate in tutto il paese. E Tamera in Portogallo sta realizzando un insieme di tecnologie solari semplici - per la cottura, l'illuminazione, la macinazione, l'estrazione dell'acqua - che potrebbero togliere fatica e stenti ai villaggi saheliani, ricchi solamente di sole.
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