La «guerra al clima» dei voli low-cost
Qualche tempo fa si discuteva in Europa di «cieli intasati» dal traffico aereo. A volte si discute di standard di sicurezza. Molto poco si discute però di quanto inquina l'aereo, in particolare in termini di gas «di serra» che alterano il clima. Eppure, l'effetto riscaldante combinato di CO2, ozono, vapore acqueo e scie di condensa è circa 3 volte più grande di quello della sola CO2 collegata agli elevatissimi consumi di carburante, secondo l'Intergovernmental panel on climate change, organismo tecnico dell'Onu. Per questa «triplicazione», già oggi - precisa il California institute of technology - il trasporto aereo provoca circa il 10% dell'effetto serra mondiale. E l'industria dell'aviazione prevede una triplicazione dei voli da qui al 2050; secondo le stime di Eurocontrol, riportate dal Progettodi relazione sulla riduzione dell'impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici della Commissione ambiente del parlamento europeo, il traffico aereo dell'Ue è destinato ad aumentare più del doppio entro il 2020 rispetto al 2003.
Giorni fa il parlamento europeo ha approvato la risoluzione 2005/2249 (Ini) che mira a ridurre l'impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici. Due premesse. La prima è che la commissione Ue si è impegnata a limitare a due gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali l'aumento della temperatura mondiale; parallelamente, nel novembre 2005, l'europarlamento ha invitato i paesi europei a realizzare drastiche riduzioni delle emissioni di gas responsabili del cambiamento del clima: dell'ordine del 30% entro il 2020 e del 60-80% entro il 2050. L'altra è che il trasporto aereo internazionale e nazionale, malgrado il suo rilevante e crescente contributo ai cambiamenti climatici, «non è soggetto agli impegni derivanti dalla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Unfcc) e dal relativo Protocollo di Kyoto, né ad altri impegni internazionali in materia di clima».
Ora la risoluzione di Strasburgo sostiene a grande maggioranza la proposta della Commissione europea che si concretizzerà entro la fine del 2006: includere nel sistema europeo di scambio delle quote di emissione tutti i voli in partenza dal territorio dell'Unione. Agli esercenti di aeromobili sarebbe permesso un tot - da definire - di emissioni di CO2 e ossidi di azoto, e per il sovrappiù dovranno acquistare diritti sul mercato mondiale.
Risultato previsto? Gli aumenti del prezzo dei biglietti sarebbero limitati e la domanda di trasporto aereo continuerebbe a salire, ma meno velocemente. Il diritto a comprare e vendere licenze d'inquinamento è uno degli scandali dei negoziati sul clima; ma è un altrettanto grande scandalo l'aver finora esonerato un settore così inquinante e pesante da qualsiasi meccanismo per controllare le emissioni. Altri privilegi sono l'assenza di tasse sul kerosene (il carburante usato dai velivoli) e diversi sostegni pubblici. Alcuni paesi già praticano un piccolo sovrapprezzo sui biglietti per finanziare la lotta contro Aids, tubercolosi e malaria nei paesi poveri; ma dal punto di vista dell'intensità di voli ciò non cambia nulla. Certo un effetto deterrente verrebbe dalla tassazione delle emissioni di gas serra o del kerosene (diretta causa delle emissioni), per ora impraticabile perché rifiutata a livello internazionale (dagli Usa per primi).
Con i loro privilegi gli aerei fanno una concorrenza sleale ad altri modi di trasporto ben più sostenibili, come il treno. Il crescente effetto serra da aviazione civile dipende proprio dal picco dei voli a causa dei bassi prezzi: il successo dei low-cost su brevi e medie tratte dovrebbe interpellare tutti, in primis i viaggiatori ecopax; infatti è un esempio da manuale di esternalizzazione dei costi: prezzi stracciati per grandi danni. Se gli aerei militari fanno le guerre moderne, quelli commerciali - trasporto persone e merci - fanno guerra al clima (e peraltro contribuiscono alle guerre per il petrolio, poiché ne richiedono in quantità).
Gli europarlamentari volano parecchio, forse più di tutti, e nondimeno ritengono che occorra finalmente un pacchetto completo di misure. Ma l'industria dei voli si è scatenata: «Ogni approccio al problema aviazione e ambiente che chieda l'introduzione simultanea di tasse sul carburante, Iva sui biglietti aerei, tasse ambientali agli aeroporti e inclusione nel commercio di emissioni ignora la realtà del settore» ha tuonato Sylviane Lust, direttore generale della International carrier association. Una risposta da parte della cittadinanza responsabile - che magari ha calcolato preventivamente l'impatto in termini di CO2 di un proprio volo, andando sul sito www.climatecare.org - sarebbe: «Grazie, vado in treno, o in traghetto».
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