Scaroni cerca gas in Africa
Paolo Scaroni dopo un periodo di «assestamento» ha preso i mano l'Eni con decisione. E anche con idee chiare in testa come è possibile verificare dal suo intervento in agosto al «meeting dell'amicizia». In attesa di conoscere i contenuti del protocollo d'intesa siglato una decina di giorni fa con la Gazprom (sarà reso noto solo il 15 ottobre) sul quale le bocche in Eni sono cucite e non filtra una sola informazione, Scaroni non sta fermo e gira come una trattola in tutto il mondo siglando nuove alleanze.
In questi giorni è atterrato in Africa a siglare una serie di accordi importanti. L'ultimo è stato sottoscritto ad Abuja con l'Nnpc, l'ente energetico nigeriano dell'Eni, assieme alla Total e alla Conoco: prevede la costruzione di un impianto per la «liquidazione» del gas da realizzare a Brass. Gas che dovrebbe essere destinato soprattutto verso il mercato statunitense, ma che riapre il dibattito sulla necessità della costruzione di rigassificatori in Italia (l'Eni ne vorrebbe costruire un paio) per poter far arrivare il gas via mare dai paesi molto lontani che non hanno una rete di gasdotti con i quali far arrivare il gas in Italia.
Ma l'Eni potrebbe entrare a pieno titolo in un progetto clamoroso: un gasdotto dalla Nigeria all'Algeria e da qui (i gasdotti già esistono) essere indirizzato verso l'Europa. Un opera colossale (si tratta di superare anche il deserto del Sahara) che vedrebbe come capocordata l'algerina Sonatrach (che ha recentemente stretto un accordo che puzza di monopolio con Gazprom) del quale potrebbero usufruire anche paesi molto poveri come il Mali e il Burkina Faso. Il costo del mega gasdottto si aggira attorno ai 6 miliardi di euro. E con la Sonatrach (maggiore fornitore di gas all'Italia, dopo la Russia) l'Eni meno di dieci giorni fa ha siglato un joint-venture per ricerche di gas e petrolio in Mali. Insomma, il monopolista italiano si muove.
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