Tutti i valsusini d'Italia
In Valle di Susa si stanno preparando al viaggio. E discutono accanitamente. Molti, in valle, trovano che l'appello per la manifestazione del 14 ottobre contro la Legge Obiettivo (firmato anche da Carta, il testo è in www.carta.org) se la prenda solo con Berlusconi, senza dire poi una parola sulla ragione per cui una tale manifestazione è necessaria: semplicemente per il fatto che la Legge Obiettivo è ancora in vigore, è stata «sospesa» per la sola Valle di Susa e non si intravede all'orizzonte la volontà di spazzarla via (insieme alla legge 30, la Bossi-Fini, la Fini-Giovanardi sulle droghe ecc.). Difficile dar torto a chi solleva questa obiezione, anche se lo sport di dividersi tra chi vede il governo necessariamente «amico» e chi lo vede sempre «nemico», rischia di provocare una certa ipnosi: tutti a guardare fissamente ministri e sottosegretari.
Un'idea di sviluppo
Il senso della manifestazione del 14 ottobre è quello di segnalare che esistono vaste porzioni di società civile, di comunità locali, di reti sociali e associazioni ambientaliste che hanno elaborato, resistendo alle invasioni dello «sviluppo», una loro idea su questo decisivo argomento. Che è l'opposto della sciagurata legge con cui il ministro scavatore di tunnel, Lunardi, elencò le centinaia di grandi opere necessarie, secondo lui e il suo governo, alla «modernizzazione» del paese (ricordate Berlusconi da Vespa che impugna un pennarello davanti a una carta dell'Italia?). Tanto necessarie da abolire di fatto la Valutazione d'impatto ambientale nonché il fondamento della democrazia, la sovranità dei cittadini sul loro territorio, e di impegnare un oceano di denaro, facendo debiti che ricadranno sui nostri nipoti a tutto vantaggio delle grandi imprese di costruzioni, che grazie ai meccanismi criminogeni del general contractor possono far esplodere i costi e rischiare solo i soldi altrui: i nostri. (Se volete saperne di più, c'è un bellissimo libro, un bilancio della Legge Obiettivo curato da diverse università, «La cattiva strada»).
Bene, sembra una questione settoriale. E infatti i movimenti per la casa, o contro il lavoro precario, o per l'acqua, e così via, esitano a concludere che la cosa non riguarda solo le comunità che dicono no alle grandi opere.
Il mito della crescita infinita
La critica allo «sviluppo» è un esercizio in cui tutte le sinistre, drogate da decenni di economicismo, faticano a prendere la sufficienza. Invece è proprio questo il nodo del problema italiano. E' la domanda se questo paese debba consumare suolo, natura, socialità e buon vivere in modo scriteriato (non esistono piani nazionali o regionali dei trasporti o dell'energia, per fare due esempi), inseguendo il mito della crescita infinita di produzione, trasporto di merci e consumi, oppure se si debba imboccare un'altra strada (e non è qui il luogo per riassumerle, ma le proposte e le sperimentazioni sono molto abbondanti).
Il governo Prodi, con il ministro Bersani a fare da locomotiva (è il caso di dire), stanno scegliendo proprio questa strada, così che il territorio è invaso da progetti di nuove autostrade, di linee Tav, di inceneritori, di centrali a carbone o turbogas, e così via.
Un'orgia di «sviluppo» con cui il governo dice di voler «far ripartire l'Italia», e che invece fa ripartire solo i profitti delle grandi imprese di costruzioni (le piccole sono già in crisi), la produzione di gas serra e la pessima qualità della vita di fette di paese sempre più vaste.
Di questo si tratta, con la manifestazione del 14 ottobre. Verrà gente da tutto il paese, contiamo che i romani li accoglieranno numerosi.
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