Un mondo visto pensando a Gandhi
Fisica quantistica, premio Nobel alternativo per la pace, fondatrice e direttrice del Research Foundation for Science, Technology and Natural Resource Policye della rete contadina Navdanya, animatrice di movimenti sociali in India e fuori, Vandana Shiva è un'instancabile divulgatrice sui temi dell'ecologia, delle donne, dello sviluppo, delle biotecnologie. Il suo ultimo libro, Il bene comune della Terra(Feltrinelli, pp. 212 , euro 14) è un condensato del suo impegno trentennale di scienziata e attivista. Che la Shiva riassume così: «Ho scelto di concentrare le mie energie su quei settori in cui un intervento democratico diventa fondamentale per la sopravvivenza del pianeta e del genere umano. Ecco perché mi batto per la difesa dell'acqua, delle sementi e del cibo come beni comuni e risorse prioritarie». Un'affermazione che rimanda ai temi centrali del testo, beni comuni e democrazia appunt. Il risultato è un prezioso lavoro di ricerca e testimonianza in cui la Shiva descrive la strada verso una «democrazia della Terra» ( Earth Democracyè il titolo originale dell'opera). Un percorso già avviato da chi, le donne e i piccoli contadini del Sud del mondo in primo luogo, subisce le conseguenze nefaste del neoliberismo e ad esso contrappone «economie, culture e democrazie che apportano la vita». Esperienze radicate nelle realtà locali e nelle mobilitazioni per la protezione delle risorse naturali e dei servizi pubblici. Si inizia da una ricostruzione delle origini del capitalismo, dall'esproprio e la privatizzazione delle terre comuni nell'Inghilterra del diciottesimo secolo. Vandana Shiva illustra la continuità della traiettoria storica ed economica di quella che oggi chiamiamo globalizzazione neoliberista. La differenza, da allora, sta nella scoperta di un nuovo, ricchissimo territorio di conquista: la vita umana. Brevettazione dei semi e dei saperi, privatizzazione dei beni comuni, sono le armi di cui si servono gli alfieri del neoliberismo globale - le multinazionali del settore agroalimentare e farmaceutico, innanzitutto, insieme a Wto, Banca Mondiale e Fondo Monetario - e i bersagli della Shiva. Segue la denuncia delle devastazioni ecologiche e sociali prodotte da questo modello di «sviluppo» - infertilità dei suoli, inquinamento atmosferico, siccità, il dilagare degli aborti selettivi dei feti femminili, i suicidi dei contadini -, effetto di un sovvertimento della naturale gerarchia delle relazioni economiche: le economie della natura e della sussistenza, basate sulla tutela della biodiversità, dei cicli biologici della natura e legate al controllo democratico delle comunità, sono sottomesse agli imperativi dell'economia di mercato, che riduce tutto a merce, guarda ai profitti e non ai costi sociali e ambientali della crescita capitalistica. Di fronte a tutto ciò, la Shiva rivendica il diritto e il dovere di resistere, di rivendicare diritti e democrazia, di agire dal basso con la nonviolenza e la disobbedienza civile: a cento anni di distanza, l'eredità di Gandhi è ancora viva.
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