Il sindaco di Caorso si perde nell'effetto Nimby
In merito alle dichiarazioni di Fabio Callori, sindaco di Caorso coordinatore dei sindaci del decommissionig dei siti italiani pubblicate sul Quotidiano di Basilicata ribadiamo quanto segue:
Come Lucani sui temi del nucleare non parliamo più per sentito dire ma per esperienza. Conosciamo bene cosa significa la sperimentazione nucleare. Siamo stati infatti “vittime” di sperimentazione nucleare per quarant’anni. Nel 1963 fu creato l’impianto Itrec presso il Centro della Trisaia di Rotondella (MT). Qui si è passati dal riprocessamento del materiale nucleare alla custodia di materiale strategico militare, agli esperimenti sui contattori centrifugali e su parti di impianti nucleari di natura ancora poco chiara. Ma questo è nulla in confronto agli incidenti nucleari dichiarati e non, alle spy-story con irakeni e servizi segreti ed alle inchieste giudiziare per traffici di rifiuti nucleari con la Somalia.
Questi quarant’anni hanno ipotecato lo sviluppo di Rotondella e della fascia Ionica a causa dell’imposizione di un centro nucleare camuffato da centro sperimentale ed innovativo, con i cittadini tenuti all’oscuro sulle attività che ivi si svolgevano.
Conosciamo bene cos’e’ la fusione termonucleare. Era approdata anche in Basilicata (prima di Caorso) per “merito” di un fisico italo-americano di nome Panarella, già compagno di studi del fisico Coppi che oggi vuole sperimentarte Ignitor a Caorso. Panarella voleva realizzare in via sperimentale il reattore a fusione termonucleare nei calanchi di Ferrandina (MT), a pochi chilometri dal Centro della Trisaia. I motivi che ci spingono a respingere questo ennesimo tentativo di riapertura al nucleare e di sperpero del denaro pubblico sono molteplici.
La fusione calda non è una fonte di energia pulita. Lo hanno sostenuto Rubbia ed altri fisici: un reattore fusione calda produce scorie solo un po’ meno radioattive di un reattore a fissione.
Il trizio non si trova nell’acqua, come ci vogliono far credere. Nell’acqua ce n’è solo una infinitesima quantità: per produrlo a fini industriali occorrono costosissimi impianti che sono poi quelli che lo producono a fini bellici.
Il progetto di Coppi prevede l’utilizzo di trizio, laddove un solo milligrammo può essere letale per l’uomo. Ignitor non produce i classici rifiuti ma è l’intera struttura (reattore) che diventa radioattiva (40 x 40 mt ) e alla sua dismissione va incapsulata in un sarcofago di cemento tipo Chernobyl. Molti fisici hanno reputato la fusione non fattibile per motivi tecnici, dall’esperto di fisica dei plasmi David Montgomery, al premio Nobel Masatoshi Koshiba al ricercatore William E. Parkins, per citare solo le critiche più recenti.
Coppi e Panarella
Ma il progetto Ignitor non convince anche per altri aspetti, e ricorda il reattore Panarella che si voleva costruire a Ferrandina (MT). La fusione richiede macchine estremamente costose, che non possono essere finanziate dai singoli stati, ma richiedono una cooperazione internazionale.
Ignitor nacque nel 1975, frutto degli studi di Coppi, professore al prestigioso Mit. Il progetto di Coppi non deve aver convinto gli americani che, in tutti questi anni, non hanno mai finanziato Ignitor. Ha convinto, però, gli italiani che, a partire dal lontano 1981, iniziarono a stanziare soldi pubblici.
Non ha convinto nemmeno gli europei che, nel 1985, gli hanno preferito Iter, il progetto che porterà poi alla costruzione del mega impianto a fusione a Cadarache. Non ha convinto gli americani, i cinesi, i giapponesi, i coreani ed i russi che, nel 2006, si sono associati alle ricerche su Iter e non a quelle su Ignitor.
Perché gli americani, così assetati di energia, si sono lasciati sfuggire una tale perla? Perché se la sono lasciata sfuggire gli europei che hanno preferito Iter?
Così come il progetto Panarella, sfuggito all’attenzione dei canadesi per trenta anni ed approdato in Basilicata.
I due, tra l’altro, si conoscono. Coppi è, infatti, “international advisory board” della Physics Essay di Panarella. Ed entrambi sono due arzilli vecchietti prossimi alla pensione.
Il centro FTU
In Italia un centro di eccellenza sulla fusione esiste già e collabora con Iter. E’ l’FTU all’Enea di Frascati, senza contare il centro RFX di Padova, un consorzio Enea,CNR, Università di Padova e INFN. Potrà l’Italia sostenere finanziariamente due centri di ricerca? Al centro di Frascati ci sono 800 tecnici che lavorano sulla fusione, mentre su Ignitor lavorano una quindicina di persone. Cosa facciamo, mettiamo da parte una realtà riconosciuta a livello internazionale per preferirle una idea vecchia e mai presa in considerazione da nessuno?
Soldi pubblici ed interessi privati
Già, perché nessun privato ha mai, mai dal 1981, voluto finanziare Coppi, nessuna banca, solo soldi stanziati in finanziarie varie. Se nel 2000 San Paolo e CRT di Torino hanno detto no ad una simile impresa un motivo ci sarà, se il consorzio Fiat/Ansaldo/Brown Boveri, che lo doveva sostenere, si è dissolto,un motivo ci sarà. Si è anche parlato di fondi da distrarre dal bilancio della Sogin. E se il progetto è così innovativo, perché il Mit, oltre a lasciarselo sfuggire, ce lo ha addirittura offerto in dono? Si, perché l’ex ministro Matteoli ha dichiarato nel 2005 che il Mit aveva inviato una letterina all’allora governo Berlusconi, con la quale ci suggeriva di “utilizzare le strutture di Caorso per attività di ricerca a livello internazionale sulla fusione, come potrebbe essere il progetto Ignitor”. Questo dono ricorda tanto le barre di Elk River, che non si capisce se gli Usa ce le abbiano vendute o regalate o, più probabilmente, rifilate, i cui rifiuti oggi “trasudano” radioattività. Così come noi trasudiamo rabbia a sfiducia di fronte all’ennesimo tentativo di giocare sulla nostra salute con i fondi pubblici.
Il costo della menzogna
il vero motivo di questo “bluff” è quello di continuare gli investimenti in campo nucleare mantenendo vivo l’impianto di Caorso, pronto ad ospitare i reattori di quarta generazione del partito trasversale nuclearista. Non possiamo credere che la democrazia (noi crediamo nella partecipazione alle scelte) di una intera regione come l’Emilia Romagna secondo il sindaco di Caorso sia riducibile alle scelte fatte sulle opinioni raccolte nei bar della contrada che ospita il sito nucleare di Caorso.
Nel 2005 abbiamo inondato di mail la cittadina di Caorso esortando i cittadini a non chiedere di perseguire le logiche del riprocessamento del combustibile nucleare. Il riprocessamento non risolverà il problema, anzi lo accentuerà. I “prati verdi” propagandati da Sogin non saranno mai tali, e tra 15 anni a Caorso ritorneranno i rifiuti riprocessati in quantità e pericolosità venti volte superiori al combustibile iniziale. Il combustibile riprocessato alimenterà, oltre il nucleare all’estero, la filiera militare (pagata dai cittadini) che servirà a costruire missili e bombe da utilizzare nei conflitti contro poveri civili.
Non illudete nessuno chiedendo il sito unico!. Nessuna comunità lo accetterà, le scorie vanno sistemate in sicurezza ove si trovano ricercando le condizioni di massima sicurezza e trasparenza.
In questo ci riteniamo immuni dall’effetto nimby e meno egoisti di chi vuole scaricare le proprie responsabilità su altre comunità, così come vuole fare l’amministrazione ed il sindaco di Caorso.
Come movimenti e associazioni lucane disconosciamo l’operato del sindaco di Rotondella che non rispetta la volontà popolare. Chiedere il sito unico come fa il coordinamento dei sindaci serve solo alla lobby nucleare che vuole riaprire le centrali, ad iniziare da Caorso (che ha ancora la licenza di esercizio) e alle imprese del decommissioning che vogliono creare con la discarica nucleare in Basilicata il “business del secolo”.
Se il governo Prodi chiederà più tasse ai cittadini, noi siamo tra quei cittadini che vogliono investire i propri soldi in energia pulita e rinnovabile e non nei sogni di affaristi e militari senza scrupoli inventori della sindrome di Nimby.
NOSCORIE TRISAIA
Movimento Antinucleare Pacifista
email nonucleare@email.it
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