«Ricominciamo a parlare del nostro modello di sviluppo»
«La val Susa e l'opposizione alla Tav hanno messo in luce soprattutto la necessità di ricominciare a parlare di quale modello di sviluppo vogliamo». Giorgio Airaudo, segretario della Fiom di Torino, che con i metalmeccanici è stato al fianco (anche promuovendo uno sciopero generale della valle) del movimento no Tav, sottolinea che ciò che si evince anche dal rapporto dell'Osservatorio del nord-ovest è proprio la necessità di tornare a parlare di modello di sviluppo, di utilizzo delle risorse pubbliche, di persone e dei loro bisogni. Di fronte al dato che per esempio dice che i valsusini non sono molto informati su cosa dovrebbe trasportare la Tav, Airaudo risponde che in realtà «nemmeno nei progetti di chi la vuole a tutti i costi è proprio chiaro che cosa dovrebbe trasportare. Quello che i valsusini invece sanno benissimo è da una parte l'impatto sull'ambiente, la salute, le loro vite che la tav avrebbe, e dall'altra l'impatto sulle risorse pubbliche. Per meglio dire, i valsusini hanno posto l'accento sulla sproporzione che c'è tra i costi esorbitanti della Tav e la sua utilità anche in relazione ai tempi di realizzazione».
In altre parole, i cittadini della val Susa, più di quelli torinesi o piemontesi o italiani, sanno bene che nei prossimi quindici anni (tanto ci vorrebbe per realizzare la Torino-Lyon) non è affatto detto che le merci che la Tav dovrebbe trasportare raddoppieranno, anzi le proiezioni dicono l'opposto. Quel che è certo invece è che in questi quindici anni verrebbe distrutto un territorio e prosciugate le casse pubbliche. «Si è perso il controllo - dice ancora Airaudo - e la capacità di verifica di come vengono spesi i soldi pubblici e la val Susa con la sua lotta ha riportato questo problema in primo piano». Il leader dei metalmeccanici torinesi quindi fa un esempio torinese: «Il San Paolo dopo la fusione con Banca Intesa chiuderà molti sportelli ma vuole costruire un grattacielo in città. Mi chiedo che cosa risponderebbero i cittadini se si domandasse loro se preferiscono più sportelli o un grattacielo». Un esempio per dire che «non si pensa più ai reali bisogni dei cittadini, preferendo una visione economicista del progresso. Ma abbiamo un esempio calzante su quanto poco felice possa essere una visione economicista dello sviluppo. Si diceva che la Fiat - aggiunge Airaudo - era in crisi perché le sue merci viaggiavano troppo lentamente. Ora viaggiano veloci ma la Fiat rimane in crisi». E per superare la crisi il Lingotto «è tornato con Marchionne a parlare di uomini e prodotti», conclude il segretario Fiom, che aggiunge: «Alla fine la domanda che la val Susa ha posto è questa: meglio far viaggiare più velocemente le merci o far vivere meglio gli uomini e le donne?»
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