Allarme oceani: la liberalizzazione dei mercati rischia di svuotarli
Da Nairobi, dove e' in corso il Forum Sociale Mondiale, Greenpeace lancia un grido di allarme: ulteriori liberalizzazioni commerciali nel settore della pesca possono risultare disastrose sia per l'ambiente marino che per le comunità locali che vivono da generazioni con la pesca sostenibile.
La cosa interessante è che Greenpeace è arrivata a queste conclusioni prendendo in esame i dati ufficiali forniti da fonti governative e da istituzione internazionali, come l'OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) e la Comunità' Europea. Vengono, tra gli altri, portati i casi di paesi quali Senegal, Mauritania e Argentina, che da alcuni anni si sono lanciati nel mercato del libero commercio. In tutti i casi si sono evidenziati danni ingenti all'ambiente marino ed una diminuzione delle risorse ittiche a disposizione delle popolazioni locali. Nel caso dell'Argentina è stata stimata una perdita di 3.5 milioni di dollari l'anno per l'industria del pesce, dimostrando che nemmeno dal solo punto di vista economico tali scelte portano effettivi benefici.
In generale i paesi in via di sviluppo, che non possono competere con le grosse industrie del pesce Giapponesi e Occidentali, sarebbero quelli a subire più danni e. L'Africa sarebbe il continente che rischia di farne maggiormente le spese.
Evidente l'intento di Greenpeace di far arrivare il proprio messaggio ai Ministri del Commercio che si riuniranno mercoledì prossimo a Davos (Svizzera) per il Word Economic Forum.
«Il messaggio da Nairobi a Davos è chiaro: piani per la liberalizzazione incontrollata del commercio mondiale del pescato devono essere abbandonati subito alla luce del forte impatto negativo, sociale ed ambientale, che il sovrasfruttamento delle risorse comporterebbe» dichiara Daniel Mittler di Greenpeace International. "Se a Davos verrà deciso di perseguire la liberalizzazione dei mercati globali, a farne le spese saranno i nostri oceani e la sicurezza alimentare di miliardi di persone.
Per saperne di più si può leggere il sito di Greenpeace, o scaricare il rapporto «Trading Away Our Oceans» in pdf.
Allegati
Trading Away Our Oceans
4800 Kb - Formato pdf
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