Lia: acqua bene di tutti.
Il presidente dell’Autorità di ambito territoriale ottimale (Aato) per la Puglia Antonio Lia, esprime il suo consenso al movimento popolare per l’acqua pubblica e ragiona sull’inserimento della mobilitazione nei contesti europeo, nazionale e regionale, guardando anche al di là delle istituzioni e prendendo atto del passo culturale in avanti dei cittadini rispetto alla politica attuale in materia di beni comuni.
Qual è la posizione dell’Ato Puglia di fronte alla costituzione del comitato regionale di sostegno alla Proposta di legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua?
Quella del comitato regionale è senza dubbio una lodevole iniziativa: già come Ato Puglia abbiamo costituito un’ associazione per l’acqua pubblica, che è un bene comune e come tutti i beni comuni non può essere imbrigliata nella mercificazione in mano ai privati che fanno i loro interessi a scapito della collettività.
Quanto è rilevante l’impegno dei cittadini sul tema della ripubblicizazione?
Basti pensare che per poter dare il via al decreto Lanzillotta si è dovuto tirare fuori l’acqua dalla privatizzazione.
Inoltre, io torno dal Forum mondiale di Nairobi, dove si è gridato a gran voce che l’acqua deve restare pubblica, a dimostrazione che la popolazione mondiale è molto attenta alla questione.
Un appuntamento importante è quello di Bruxelles, dove dal 18 al 20 marzo si terrà l’Assemblea Mondiale degli Eletti e dei Cittadini per l’acqua: invito tutti gli amministratori che potranno a partecipare per arrivare a un punto decisivo di questa battaglia, quello di far arrivare l’istanza sui tavoli dell’ONU.
Restando sul contesto europeo, non crede che la scontata mobilitazione per l’acqua pubblica possa distrarre i cittadini dell’unione dalle altre importanti privatizzazioni di servizi previste dalla direttiva Bolkestein?
Sugli altri servizi non posso dire, ma quello che è certo è che l’acqua rappresenta ora la priorità per tutto il mondo e, cosa non proprio scontata, per tutta l’Europa: di recente a Marsiglia si è tenuto un importante convegno, al quale le istituzioni francesi hanno invitato i grossi amministratori privati dell’acqua. In Francia i prezzi sono schizzati ad un livello insostenibile (intorno ai 3,5 € al m3), dunque si riconsidera l’opportunità della ripubblicizzazione.
La morale è che in Europa si pensa alle municipalizzate per l’acqua e in Italia si rischia di fare il contrario e questo sarebbe inaccettabile.
Come legge la situazione pugliese?
Anche l’Aqp ha aderito alla nostra associazione e questa mi pare una dichiarazione d’intenti.
L’Acquedotto deve restare di proprietà pubblica, ma vorrei sottolineare che i Comuni sono proprietari delle reti idriche interne agli abitati, delle reti fognarie e dei depuratori: perché non aprire la proprietà anche ai comuni? Sarà una Spa anomala ma penso che questo sarebbe ininfluente sul piano gestionale.
Proprio ininfluente? Le Ato hanno preso parte al dibattito sulla forma giuridica che dovrà assumere l’Aqp?
Un bene vitale per la gente non può rientrare in ottiche mercantili.
C’è una mistificazione della gestione pubblica che ha inculcato l’idea che affidare l’amministrazione ai privati aumenti l’efficienza del servizio e questo può essere vero in parte, ma ricordiamoci della Cirio e della Parmalat: la cattiva gestione si verifica nel pubblico come nel privato.
Se il virtuosismo divenisse sistema, allora il pubblico sarebbe la soluzione a molte questioni.
L’acqua deve essere ben amministrata dal pubblico, garantendo prezzi minimi e compatibili di gestione, altrimenti i cittadini dovrebbero arrancare per trovare il denaro per qualcosa che serve alla loro sopravvivenza e alla vita.
Perché i cittadini si sono mostrati così avanti culturalmente rispetto alla politica?
Il cittadino è pronto a denunciare le cose che non vanno.
Il cittadino, inoltre, sa che se l’acqua diventa privata, ci saranno sempre maggiori difficoltà ad istituire un rapporto diretto e partecipato con gli amministratori privati: è quello che è stato duramente sperimentato con l’Enel, con la Telecom e con le Poste Italiane.
Dovesse essere approvata la legge d’iniziativa popolare, quali criticità dovrà affrontare la gestione pubblica?
Non è possibile che in Italia si perda ogni giorno il 40 % dell’acqua trasportata (in Puglia si arriva al 50%): occorre una ristrutturazione o una sostituzione delle reti fatiscenti.
Si rende poi necessaria tutta un’azione culturale tesa a ridurre gli sprechi da parte delle aziende e dei cittadini stessi, che utilizzano spesso l’acqua potabile in modo sconsiderato: è una cultura nuova, anzi antica, del rispetto e del risparmio.
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