Una vertenza «ambientalista» all'Ikea
Una storia lombarda, diversa da molte altre, che è il caso di raccontare. Riguarda l'Ikea di Corsico, il punto vendita più grande della multinazionale svedese in Italia, e una vertenza sindacale con un forte contenuto ambientalista. È cominciata quando, tra il 2004 e 2005, Ikea ha annunciato l'intenzione di riqualificare il suo negozio di Corsico. La rappresentanza sindacale (Rsu) allora ha avanzato richieste su tre aspetti: occupazione, impatto ambientale e sicurezza per dipendenti e lavoratori delle ditte in appalto. Su questi punti ha aperto una vertenza con la direzione aziendale Ikea in Italia e con la direzione internazionale: la richiesta era che nel ristrutturare il suo negozio Ikea si assumesse una chiara responsabilità socio-ambientale. Sono nate subito molte difficoltà, sia sull'occupazione, sia sui diritti delle imprese in appalto (pulizie, portierato eccetera), sia sulla riduzione dell'impatto ambientale. Va a merito dei rappresentanti sindacali non aver accettato di separare le diverse questioni. Per l'ambiente avevano proposte innovative: uso di pannelli fotovoltaici per dare energia elettrica al nuovo negozio e pannelli termici per la produzione di tutta l'acqua calda; uso dei frigoriferi della mensa di ultima generazione (consumano meno); raccolta acque piovane da utilizzare per i wc e per l'irrigazione delle piante intorno al negozio; utilizzo di fotocellule crepuscolari per l'accensione delle luci esterne; asfalto antismog nei parcheggi che trattiene le micro-polveri; piantare di almeno 400 alberi in sostituzione dei 300 abbattuti per i lavori di rifacimento del centro commerciale; incentivare misure di mobilità sostenibile per il trasporto dipendenti, con navette speciali ibride; uno studio approfondito dello spostamento delle merci su gomma e mezzi a basso impatto ambientale per le consegne a casa dei clienti; razionalizzare i turni per permettere ai 600 lavoratori e lavoratrici di organizzarsi a gruppi per trasporto non individuale.
Non è stata una vertenza facile. Più volte l'azienda ha ribattuto che gli argomenti non erano di competenza dei sindacati. In particolare si è rifiutata di prendere in considerazione il fotovoltaico, comunicando che avrebbe costruito un impianto geotermico chiuso (che sfruttando la temperatura del sottosuolo avrebbe contribuito a riscaldamento e refrigerazione del negozio) funzionante con elettricità «rinnovabile», in quanto fornita da un consorzio di idroenergia.
Dopo petizioni, raccolte di firme anche tra i dipendenti e i clienti di Ikea, appelli all'amministrazione comunale e una lettera inviata al presidente di Ikea Europa (con le richieste respinte in sede locale), l'azienda finalmente ha presentato il progetto del nuovo negozio. Prevede lo sviluppo dell'impianto geotermico con crediti verdi; l'uso di apparecchiature a massimo risparmio (frigoriferi e caldaie); pannelli termici per il riscaldamento dell'acqua che soddisfano circa il 45% del fabbisogno; acqua di scarico prelevata da un pozzo locale di acqua non potabile; navetta a basso impatto ambientale dalla più vicina stazione della metropolitana milanese (MM Bisceglie) per i clienti; colonnine per ricariche di mezzi elettrici.
Un risultato importante, ma sull'energia solare l'azienda «amica della natura» non ha voluto sentire. È grave: i 3200 kw di picco e i 900 kw di media consumati dal centro commerciale si potrebbero tranquillamente produrre con i pannelli fotovoltaici. Resta il fatto che l'iniziativa dei lavoratori di Ikea si potrebbe ripetere, per convertire in senso ecologico anche gli altri centri della grande distribuzione in Lombardia. Gli spazi commerciali sono esempi di grande devastazione del territorio, ferite aperte ai bordi delle tangenziali, squarci di cemento nelle aree dismesse da vecchie fabbriche inquinanti. Immaginate quale esempio di controtendenza se su tutti i centri commerciali fossero installati i pannelli solari: i più invasivi interventi edilizi degli ultimi anni trasformati in centrali di energia pulita.
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