La Carovana dell'Acqua nel Salento.
Interviste ai referenti del Forum nazionale dei movimenti per l’acqua Corrado Oddi e Renato Di Nicola.
Il 25 giugno una carovana ha fatto tappa nel Salento, a Lecce, Merine e Salice, scortata dai due referenti nazionali Corrado Oddi e Renato Di Nicola.
L’incontro e la festa sono stati ottimi pretesti per un consuntivo della mobilitazione a livello nazionale e locale.
Nonostante la partenza in sordina, il primo mese è stato decisivo per la raccolta delle cinquantamila firme necessarie perché il Parlamento prenda in considerazione il testo proposto.
Con l’attenzione di media, dossier di elevata fattura, mobilitazione trasversale di artisti e comici, non solo di quelli “contro”, la campagna è straripata arrivando a circa trecentomila firme.
La Puglia, particolarmente sensibile alla problematica, ha vissuto le dimissioni del presidente dell’Aqp Riccardo Petrella giusto un mese prima dell’avvio della raccolta e ha risposto con la prima adesione nazionale di un Comune, quello di Locorotondo, seguito poi da altre sedici amministrazioni, quattro delle quali nel Salento: Specchia, Melpignano, Corigliano e Lizzanello.
Complici forse le amministrative, pare non si sia potuto fare di più, e resta il dubbio se questa sia una macchia da imputare ai comitati territoriali o piuttosto allo spessore dei muri dei Municipi del Salento.
Le firme raccolte sul territorio ammontano introno alle tremila.
Entro il primo luglio la raccolta avrà termine e il 10 dello stesso mese il coordinamento nazionale presenterà la Proposta al presidente della Camera.
Corrado Oddi.
Cosa succederà il 10 luglio?
Presenteremo al presidente della Camera Fausto Bertinotti le trecentomila firme che avremo raccolto e chiederemo impegno perché la Proposta di legge venga discussa in Parlamento nei tempi più rapidi possibili.
Si concluderà così la fase della campagna di raccolta firme durata sei mesi.
Quale posizione pensate di poter sfruttare?
Partiamo da un risultato importante, perché abbiamo raccolto già nel primo mese di campagna le cinquantamila firme che servivano a farci prendere in considerazione dal Parlamento e siamo arrivati alla cifra che ti ho detto perché abbiamo voluto dare ulteriore forza alla Proposta.
Allo stato attuale la campagna è costituita da 60 - 70 organizzazioni nazionali, associazioni e sindacati e più di mille comitati territoriali che hanno costruito tanto sui propri territori.
Pensiamo che questo sia un punto di partenza considerevole perché si possa discutere questa legge, comunque indiremo numerose iniziative in tutta Italia per tenere viva l’attenzione.
La storia italiana, però, è costellata di Proposte di legge d’iniziativa popolare mai prese in considerazione dalla politica.
Grandissima parte delle proposte popolari sono state messe in un cassetto, ma noi contiamo sul grande sostegno delle persone e sui contenuti proposti.
La mobilitazione è molto forte: la prova provata dell’importanza di tali questioni è la moratoria sull’affidamento dei servizi idrici ai privati che siamo riusciti ad ottenere in Parlamento.
Renato Di Nicola.
Il vostro è un movimento trasversale?
La mobilitazione ha trovato adesione soprattutto nei partiti della sinistra radicale, ma siccome il tema riguarda un bene comune, si è ottenuto un forte sostegno, magari anche solo localistico, da amministrazioni e rappresentanti politici di destra.
Per quanto riguarda l’area cattolica? L’università Cattolica ha deliberato l’adesione alla Proposta di legge.
Dall’area cattolica registriamo adesioni partecipate ed entusiaste di intere diocesi, mobilitatesi per tutelare quelli che loro definiscono “i beni del creato”.
Vorrei precisare che hanno aderito tantissimi comitati locali non schierati politicamente: non abbiamo voluto costituire un fronte per l’acqua che risolva problemi di destra o di sinistra, ma un movimento vigile su di un tema essenziale per la vita di tutti come quello dell’acqua.
In quale contesto europeo si inserisce la mobilitazione italiana?
Un po' di numeri (un miliardi di tonnellate annue):
Precipitazioni Totali: 500.000
Precipitazioni sulle Terre Emerse: 100.000
Portata dei Fiumi: 40.000
L’eccessivo sfruttamento del suolo, la distruzione dei boschi, l’agricoltura intensiva, l'eccessiva edificazione creano alterazioni e squilibri nel ciclo dell'acqua: diminuiscono le precipitazioni e aumenta la richiesta di acqua per l’irrigazione e per le città.
Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS):
il 16% della popolazione del Vecchio continente non ha acqua potabile,
140 milioni di europei non hanno accesso ad acqua pulita e servizi sanitari,
13.500 bambini europei perdono la vita ogni anno per malattie correlate a queste carenze.
L'Organizzazione mondiale della Sanità fa sapere anche che solo nel 2006 sono stati registrati 170mila casi di malattie correlate alla carenza d'acqua, fra cui oltre 120mila casi di epatite virale A, 40mila casi di diarrea sanguinolenta, oltre 70mila infezioni entero-emorragiche e 6mila casi di febbre tifoide.
La riserva d’acqua a disposizione di ogni paese dipende dalla quantità di pioggia che vi cade e dal rapporto dei flussi da e verso i paesi vicini: in Italia il deflusso medio annuo è di 250 - 500 mm.
La potabilizzazione totale europea ammontava nel 2006 al 68 - 84% delle acque.
L'Italia è però autosufficiente: i corsi di acqua dolce generata nel Paese stesso ammontano al 99% di tutta l'acqua consumata, mentre siamo a metà classifica in Europa con i 5000m3 procapite d’acqua all'anno.
In Italia oltre il 19% dell'acqua disponibile è rinnovabile per il ciclo idrologico.
Nell'ordine, Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata e Puglia sono le regioni più aride.
Secondo il rapporto WWF del luglio 2006 sulla siccità nel mondo, in Puglia si contano oltre 5000 pozzi illegali non registrati: un record mondiale, menzionato nella versione originale inglese del dossier.
Il 17 gennaio 2007 si è tenuto a Ginevra il primo incontro delle Parti in materia di gestione dell'acqua, ovvero di quei venti Paesi europei che hanno firmato il Protocollo sull'acqua e la salute, il primo trattato europeo per combattere le malattie legate all'acqua.
Il Protocollo prevede che i Paesi che lo ratificano siano vincolati ad inserirlo nella propria legislazione.
I singoli Paesi possono agire al loro interno ma, da un punto di vista internazionale, è molto importante che esista uno strumento che permetta un’ armonizzazione delle misure.
In Europa, infatti, molti corsi d'acqua attraversano più di uno Stato: più Paesi, dunque, si trovano a condividerne la responsabilità, ed è per questo fondamentale che si ponga al più presto un quadro unitario di misure da adottare in ambito europeo..
L'Italia ha firmato il protocollo già nel 1999, ma non lo ha ancora ratificato.
L’Italia rappresenta un modello importante, per via delle lotte a livello territoriale che si sono condotte, in un’Europa che è la sede delle più grandi multinazionali dell’acqua esistenti (le compagnie inglesi, francesi e tedesche detengono la percentuale più alta delle acque potabili nel mondo).
Noi abbiamo lanciato la proposta della costituzione di una rete europea per l’acqua: nel mondo queste reti sono attive in America Latina, in Africa e in Asia.
Mancava proprio l’area europea, dove vorremmo arrivare ad una situazione come quella italiana e avvalerci proprio di una posizione giuridica che impedisca la privatizzazione dei servizi idrici.
Anche perché le normative europee sono un po’troppo ambigue.
Sì, abbiamo la Bolkestein, che per fortuna è stata corretta ampiamente impedendo di parlare dell’acqua, anche se resta l’impianto di base.
Bisognerebbe chiarire nettamente che l’acqua è un bene comune, un diritto e non una merce, quindi deve essere gestita pubblicamente anche a livello europeo.
Questo ci darà una mano a capire che l’Europa, se vuole continuare a giocare un ruolo internazionale deve partire da una storia di beni comuni: si è formata, diversamente da altre realtà territoriali del mondo, attorno ad accrescimenti politici e culturali e sociali che hanno portato al “modello europeo”.
Se vogliamo continuare ad avere un ruolo dobbiamo giocarlo sulle cose che abbiamo: sanità pubblica e servizi ovviamente partecipati.
Se i cittadini lasciano perdere vedete che le cose si mettono male.
In conclusione, qual è il vostro appello ai cittadini?
Noi abbiamo bisogno di arrivare in parlamento con una grande mobilitazione: con la Proposta di legge abbiamo portato l’acqua al “pronto soccorso”: ci saranno mediazioni senz’altro, ma se passa questa legge riusciremo a discutere su come realizzare una vera Grande Opera italiana.
Non ci interessano il MOSE, la TAV o il terzo traforo del Gran Sasso: parliamo della ristrutturazione dell’intera rete del servizio idrico italiano.
Quest’opera non la può fare una multinazionale: non soltanto perché non avrebbe interesse, ma perché non ci spenderebbe una lira. Quest’opera la può realizzare solo uno Stato cosciente di un bene fondamentale per tutto, per la stessa economia.
Teniamo dunque attivi i comitati perché se sarà approvata questa legge potremo ridiscutere dell’utilizzo delle risorse in agricoltura e anche delle concessioni così generose fatte a chi imbottiglia l’acqua.
In Abruzzo, per esempio, la Guizza ha dovuto pagare silo 15mila euro per utilizzare la nostra acqua: è pazzesco.
In Italia spendiamo poi molti più soldi per riciclare anche la plastica di quelle bottiglie.
È un’arte a perdere, come si dice da noi.
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