Petrini: La qualità non ammette Ogm
Carlo Petrini, presidente di Slow Food, non ha bisogno di presentazioni. La tua associazione aderisce alla campagna della Coalizione che chiederà ai cittadini di esprimersi sugli Ogm.
Cosa ti aspetti da questa iniziativa?
Che si sia formato un gruppo così eterogeneo e variegato con questa sensibilità è un fatto positivo per il nostro paese, perché si rivela in sintonia con ciò che esprimono anche i cittadini, e cioé un deciso antagonismo nei confronti degli Ogm. Noi ci siamo sempre schierati in difesa della sovranità dei contadini, che devono essere liberi di scegliere cosa coltivare senza rischiare l’inquinamento. L’errore fatale è stato quello di accettare la coesistenza tra colture Ogm e tradizionali, in quell’occasione il nostro governo non doveva accettare quell’imposizione.
Sei tra i cosiddetti saggi del Partito Democratico. Credi che in quel contesto si possa agevolmente condurre una battaglia contro gli Ogm?
Un socio di Slow Food deve portare il suo contributo in tutte le sedi politiche deputate per salvaguardare la biodiversità e battersi contro le violenze inferte alle comunità rurali. Ho dato la mia disponibilità per la mia naturale appartenenza alla sinistra italiana. Non c’è dubbio che in quel contesto ci siano anche posizioni diverse dalle mie, ma su tutte le questioni etico-scientifiche abbiamo l’obbligo di favorire la discussione. E poi io nutro fiducia anche verso le nuove frontiere della scienza, e credo che un giorno il suo utilizzo possa anche essere compatibile con la biodiversità.
Facciamo finta che tu sia davvero candidato a sedere sulla prossima poltrona da ministro dell'Agricoltura. Attraverso quali politiche cercheresti di imprimere una svolta in difesa del cibo di qualità?
Intanto, stento ad immaginarmi con casacche che non indosserò mai. E sono convinto che in questa fase più che di scelte politiche abbiamo bisogno di un grande processo di alfabetizzazione ecologica. Spesso le nostre convinzioni si trovano di fronte una società che ancora non è in grado di comprenderle. Il concetto di sostenibilità è difficilmente veicolabile senza un grande dibattito culturale. Preferisco questo tipo di approccio a un’azione politica, altrimenti continuiamo a raccontarcela tra di noi.
Perché la sacrosanta battaglia per la salvaguardia dei prodotti nostrani non riesce a passare anche per la riconversione della mangimistica da Ogm a Ogm-free?
I processi di produzione di derivati come i formaggi non sono ancora sufficientemente liberi. Ma è un errore madornale dire che non conta quello che hamangiato la vacca, conta eccome. Non è ancora passato il concetto che tutta la filiera deve essere garantita, e intendo dire Ogm-free. Sono assolutamente convinto che si debba puntare alla riconversione della mangimistica, perché ilmangime è la porta di servizio attraverso cui silenziosamente stanno passando gli organismi geneticamente modificati.
Insomma, stai suggerendo ai grandi marchi di compiere un passo che ancora non hanno il coraggio di fare?
Direi che è fondamentale. L’Italia ha una tale quantità di prodotti di altissima qualità e di prestigio, marchi celebrati che ci invidiano in tutto il mondo, questo è un tesoro che non può essere compromesso da un tale pressapochismo. Quello che mangia la vacca è importantissimo
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