Ogm, salto nel voto. la parola ai cittadini
Era l’estate del 2003 quando il Regno Unito annunciò l’apertura di un grande dibattito pubblico sulla possibile immissione in commercio di piante geneticamente modificate. Il caso mucca pazza aveva generato un clima di sfiducia verso gli organi di controllo sulla sicurezza alimentare e il governo tentava così di sanare il conflitto e di coinvolgere la società nelle decisioni riguardanti l’alimentazione e la salute. In realtà già nel 1998 agenzia inglese per la conservazione della biodiversità, aveva ribadito i rischi dell’immissione in ambiente di organismi transgenici e aveva lanciato un appello per una moratoria di cinque anni e per una vasta consultazione pubblica sui problemi legati all’applicazione dell’ingegneria genetica in agricoltura. I risultati non furono quelli sperati, l’iniziativa non riuscì a coinvolgere il pubblico in modo adeguato e si chiuse fra mille polemiche, ma almeno un primo tentativo di mettere in relazione la società, la scienza e la politica su una questione così importante per la vita dei cittadini, era stato fatto. Sembra passato un secolo. Nel frattempo gli Ogm sono diventati uno dei casi più controversi in tema di cibo, agricoltura, ambiente, salute, pezzi di un mosaico difficile da ricomporre. Sono passati dal banco dei laboratori a quello degli imputati rimbalzando sul piatto dei consumatori, spesso a loro insaputa. Sono stati sulla bocca di tutti e di nessuno - scienziati, agricoltori, politici, imprenditori - più raramente di cittadini e consumatori. E adesso, a pochi anni e tanti problemi di distanza dalla loro apparizione, è urgente rimetterli al centro di un dibattito pubblico reale, concreto, che coinvolga gli operatori del settore e la società intera. E’ necessario non solo informare e coinvolgere i cittadini, ma anche offrire loro strumenti operativi di scelta e partecipazione. Per questo dal prossimo settembre la Coalizione «ItaliaEuropa- Liberi da Ogm», un vasto schieramento che riunisce per la prima volta le maggiori organizzazioni degli agricoltori, del commercio, della moderna distribuzione, dell’artigianato, della piccola e media impresa, dei consumatori, dell’ambientalismo, della scienza, della cultura e della cooperazione internazionale - Acli, Adoc, Adusbef, Aiab, Alpa, Assocap, Cia, Cic, Città del Vino, Cna, Codacons, Coldiretti, Confartigianato, Coop, Copagri, Federconsumatori, Focsiv, Fondazione Diritti Genetici, Greenpeace, Legambiente, Libera, Res Tipica, Slow Food, Vas, Wwf (www.liberidaogm. org ) - lancia in tutto il paese una Consultazione Nazionale su Ogm e modello di sviluppo agroalimentare italiano, rivolgendo ai cittadini una domanda precisa e diretta: «Vuoi che l’agroalimentare, il cibo e la sua genuinità, siano il cuore dello sviluppo, fatto di persone e territori, salute e qualità, sostenibile e innovativo, fondato sulla biodiversità, libero da Ogm?». In migliaia di manifestazioni e di iniziative diffuse su tutto il territorio nazionale i cittadini potranno votare per un modello agroalimentare di qualità e approfondire i temi legati al mondo del cibo e della salute. Potranno, insomma, partecipare, e la loro risposta avrà finalmente più valore, in termini di operatività concreta, rispetto a quella registrata nei sondaggi. Oggi in Europa 62 cittadini su 100 si dicono preoccupati per la presenza di organismi geneticamente modificati in alimenti e bibite, e in Italia si sale addirittura al 77%. E questa «preoccupazione » non sembra frutto dell’ignoranza, come vorrebbero far credere quegli scienziati pro-Ogm sempre pronti a tacciare di oscurantismo e antiscientismo chi applica il principio di precauzione. A meno di dieci anni dall’allarme di Nature hanno infatti conosciuto scandali, contaminazioni, casi di inquinamento ambientale, e hanno assistito a una progressiva spaccatura del mondo scientifico sugli effetti a lungo termine degli organismi transgenici. La scoperta di mais geneticamente modificato in carichi certificati Ogm-free e la contaminazione da riso transgenico che l’estate scorsa ha coinvolto anche il nostro paese, sono solo due fra i casi più recenti. E le lacune nel processo di autorizzazione, lo scarso coinvolgimento del pubblico, l’assenza di studi indipendenti sugli impatti, non sono certo fattori rassicuranti. La normativa europea non sembra infatti mettere in pratica i diritti che garantisce in teoria. Le consultazioni pubbliche sono lanciate in sordina e nei mesi meno adatti ad un massiccio coinvolgimento del pubblico, quelli estivi; l’Efsa , l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, non svolge studi indipendenti sugli impatti degli Ogm per l’ambiente e la salute masi limita ad analizzare quelli forniti dalle aziende; le decisioni del Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura scavalcano con disinvoltura quelle del Parlamento - cioè dei cittadini - come nel caso dell’approvazione di una soglia di contaminazione da Ogm nel biologico dello 0,9%, sulla quale il Parlamento Ue aveva espresso parere contrario. Tutto questo impone qualcosa di più di una semplice riflessione, ed è la prima volta che a raccogliere l’urgenza di una mobilitazione non solo teorica sia uno schieramento così vasto e unito nel medesimo obiettivo: chiedere alle istituzioni di mettere il sistema agroalimentare al centro dello sviluppo del paese, scegliendo un modello sicuro per la salute, rispettoso dell’ambiente, libero da organismi geneticamente modificati. La richiesta nasce in difesa di un made in Italy legato alla qualità e ai territori, a tutela del diritto dei cittadini alla partecipazione democratica e nel rispetto del livello di consapevolezza ormai raggiunto sui temi dell’ambiente e della salute. Perchè la preoccupazione, dicevamo, non sempre è frutto dell’ignoranza. Come già evidenziato dall’esperienza britannica, la diffidenza nei confronti degli organismi geneticamente modificati sembra infatti indipendente dal livello di informazione del pubblico, poiché negli ultimi anni la conoscenza della materia sembra essere in aumento. E il cibo - è fin troppo banale ricordarlo - è «materia » delicata e complessa.Manipolare alimenti significa manipolare cultura, e inserire un nuovo organismo in ambiente significa coinvolgere contemporaneamente tutti gli aspetti dell’esistenza umana, dalla salute all’alimentazione, dai rapporti politici a quelli economici, dalla morale al diritto. E allora il principio di precauzione non è il vezzo di giovani oscurantisti o l’astrazione di vecchi filosofi, ma una precisa indicazione operativa in cui confluisce gran parte della nostra tradizione politico-filosofica (nonché scientifica): il principio di responsabilità relativo alle conseguenze dell’azione e quello della diffusione delle risorse e dei diritti. Da questo punto di vista il principio di responsabilità non si limita al riconoscimento di diritti individuali, ma evolve nella salvaguardia delle generazioni future; e quello di precauzione non è rinuncia all’innovazione, ma avanzamento della ricerca attraverso la partecipazione. E’ da questo spirito che nasce l’idea di una Consultazione di carattere nazionale che sia il più possibile vasta, dinamica, partecipata. Perché il progresso non sia semplice novità ma vera innovazione.
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