Un ddl che obbliga i comuni al catasto dei terreni
Sugli incendi boschivi si sa praticamente tutto. Si sa chi li appicca e perché; si sa quali sono le aree a rischio; si sa pure come prevenirli, tanto che l'Italia è dotata (e suona come una beffa) di un'ottima legge quadro in materia. E allora perché questo disastro? Perché questi morti (14 in tutto, mai così tanti come quest'anno)? Se non è una Caporetto, poco ci manca. Di sicuro lo Stato, nell'estate 2007, ha perso tragicamente la propria guerra contro i piromani.
Che fare? Di chi le responsabilità? Legambiente, che a luglio ha presentato un interessante dossier "Ecosistema incendi 2007", lo ripete da sempre: tolleranza zero verso i piromani, maggiori risorse per mezzi e uomini (a cominciare dal Corpo forestale dello Stato) e, soprattutto, la realizzazione del catasto delle aree percorse dal fuoco. Un compito che spetta ai comuni ancora largamente disatteso, nonostante siano passati sette anni dall'approvazione della legge che lo rende obbligatorio. In pratica, si tratta dello strumento necessario per dar corso alla normativa, laddove prescrive che «le zone boscate e i pascoli percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni». Insomma, «fermare a monte la possibilità di speculare sul fuoco - osserva Legambiente - è un'azione fondamentale che i sindaci, soprattutto nelle zone ogni anno più colpite dalle fiamme, devono mettere in pratica per contribuire a mettere fine a questa ciclica emergenza».
Naturalmente, i comuni non ci stanno a prendersi tutta la colpa: accusano la "macchina dei soccorsi" (cioè, la Protezione civile) di non aver funzionato a dovere e si lamentano di essere stati lasciati soli ad affrontare l'emergenza. Orazio Ciliberti, sindaco di Foggia e vicepresidente dell'Anci, quello del catasto lo definisce addirittura un «falso problema». E' «utile ma non indispensabile», perché, sostiene, nessuno può impedire che poi una giunta e un consiglio comunale «approvino una variante di piano regolatore». E comunque, la responsabilità non è dei comuni, ma dei cittadini che costruiscono abusivamente e dei condoni edilizi.
Magari tutto ciò è anche vero. Ma non può essere casuale il fatto che «mentre in Liguria, Toscana e Campania - osserva Legambiente - le attività di prevenzione praticate dai comuni sono riuscite a dimezzare dal 2003 le amministrazioni colpite, in Calabria e Sicilia la situazione rimane ancora drammatica». E sono proprio le regioni i cui comuni meno hanno fatto sul fronte del catasto dei terreni percorsi dal fuoco: 0% la Sicilia, 12% la Calabria. Nessuno si sorprenda, perciò, se le due regioni meridionali sono quelle in cui avviene circa un terzo di tutti gli incendi italiani.
Un nesso, insomma, c'è, è evidente e non riguarda solo Sicilia e Calabria (solo il 24% dei comuni italiani ha realizzato il catasto). Per questo Legambiente torna a proporre che, in caso di inadempienza degli enti locali, siano i prefetti a provvedere al catasto. «In certe regioni del sud - concorda il capo della Protezione civile, Bertolaso - ci sono difficoltà oggettive. Per esempio, i sindaci subiscono minacce». I prefetti, invece, non essendo eletti, non sarebbero vittime di condizionamenti. Un disegno di legge, presentato recentemente al Senato (primo firmatario Tommaso Sodano, Prc), sceglie, invece, di coinvolgere le regioni. Un solo articolo per «rafforzare le misure deterrenti già predisposte dalla legge quadro, attraverso diversi strumenti che si articolano nella previsione di una potestà sostitutiva della regione nel caso di inadempienza del comune; in una serie di obblighi di trasmissione dati e di coordinamento tra comuni, Corpo forestale e Vigili del fuoco, nonché nell'esclusione della possibilità di "salvare", con delibera consiliare, gli edifici costruiti sulle zone devastate dagli incendiari». Con il che si smonterebbe anche l'obiezione del vicepresidente dell'Anci.
Poi certo, lo stesso Bertolaso ammette di aver messo in campo tutti i mezzi che aveva a disposizione, sottintendendo che sono pochi e rimarcando il fatto che la «legge quadro è applicata solo parzialmente», cioè «solo relativamente agli interventi aerei con la flotta di Stato» (che dispone di 12 Canadair), mentre anche Marina, Esercito e Guardia costiera dovrebbero unirsi nello sforzo. Quanto alle regioni, manda a dire il capo della Protezione civile, se vogliono i Canadair «si attrezzino», «sostituendo così la flotta di elicotteri leggeri che in occasioni come queste, con veto a 40 nodi, sono impossibilitati ad alzarsi in volo».
Qualcuno adesso chiede che il governo vada in parlamento a riferire, mentre Prodi promette che sarà severissimo e implacabile nell'applicare le leggi e Napolitano sottolinea «la necessità di una mobilitazione permanente». Lo Stato, intanto, corre ai ripari inviando l'esercito. Non sarà che, come altre volte, «si costerna, s'indigna, s'impegna, poi getta la spugna con gran dignità»?
Sociale.network