Sovranità Alimentare e Referendum ogm: le ragioni sociali della stessa lotta
Ogni giorno ha il suo anniversario. Il 12 Settembre del 2001 è il giorno in cui, nel mare di dichiarazioni che si succedevano all'attacco alle Torri Gemelle, un solerte alto dirigente della Casa Bianca, preso dal furore patriottico dichiarava: «...ed ora, dopo Bagdad, tocca agli Ogm in Europa». In realtà, il crescendo della pressione delle lobbies del transgenico aveva da tempo esplicitato uno dei sui obiettivi principali: quello di abbattere la resistenza agli Ogm dei cittadini europei.
Offensiva efficace se, come abbiamo dovuto registrare in questi anni, il forte movimento di opinione contro gli Ogm è stato ridotto alla difensiva fino ad accettare, con la coesistenza e le soglie di tolleranza nel biologico (0 virgola qualcosa) battaglie sul danno minore.
Obiettivo che, peraltro, trovava un facile terreno di presa nella strategia della Commissione Europea: quella di ridurre drasticamente il sistema produttivo comunitario sotto il controllo dalle multinazionali, trasformando l'Europa in un grande mercato di consumo di prodotti agroalimentari e solo marginalmente di produzione del cibo. Un disegno per cui all'Italia spetta il compito di diventare una piattaforma commerciale in cui gestire l'importazione della materia prima prodotta dallo sfruttamento delle migliori condizioni di competitive del bacino sud del Mediterraneo (lavoro, territorio, risorse,diritti)
Il grande patrimonio di saperi, conoscenze, lavoro, gestione del territorio italiano da parte della nostra millenaria esperienza di pastori, agricoltori e braccianti si riduce alla formula del "made in Italy" ovvero ai grandi marchi commerciali in cui, sempre più facilmente, si possono trovare materie prime prodotte fuori dalle nostre terre. In questo quadro prende corpo uno dei passaggi socialmente più critici: per realizzare questi obiettivi la nostra agricoltura deve liberarsi del peso sociale del lavoro, ridurre il numero delle aziende contadine e allevatrici, smettere di produrre latte, pomodoro, grano e le altre colture o prodotti che il mercato può reperire altrove.
Fantascienza? No, entro il 2013 corriamo il rischio di perdere il 40% delle nostre aziende agricole; realtà scritta nelle regole comunitarie, accettate dai governi nazionali e dalla maggior parte delle organizzazioni di rappresentanza come inevitabili. Un esempio: negli ultimi tre anni abbiamo perso il 45% della nostra produzione di grano per effetto diretto delle regole comunitarie che con la Riforma Fishler inducono a dismettere la produzione di grano. Non vi sembra un paradosso che mentre aumenta l'esportazione della pasta made in Italy nel mondo, dentro non ci sia più il nostro grano e il lavoro sapiente dei nostri cerealicoltori e dei nostri braccianti e da noi aumentano i prezzi mentre si spopolano i nostri campi e perdiamo gli elementi di tenuta territoriale e sociale addensati per secoli nel nostro paesaggio agrario?
Centra tutto ciò, l'aumento del prezzo del pane ai consumatori e il crollo generalizzato dei prezzi ai produttori di quasi tutti i prodotti agricoli, con gli Ogm? Certo che c'entra, il nesso è evidente. Da una parte vi è un modello dominato dalle multinazionali, dai modelli agroesportatori e dalla competizione sul mercato in cui, nella migliore delle ipotesi, agli agricoltori è lasciata la scelta di omologarsi o ridursi ad occupare nicchie testimoniali e marginali e dall'altra vi è quello di un'agricoltura sociale con al centro i diritti di chi lavora e di chi consuma il cibo. La battaglia contro gli Ogm è per la sovranità dei popoli a scegliere il proprio modello di produzione, distribuzione e consumo del cibo, a poter rifiutare il modello presentato come inevitabile del dominio dello sfruttamento. Per i movimenti contadini in lotta contro la globalizzazione neoliberista l'opposizione agli Ogm è contro un modello che li espropria del diritto/dovere di scegliere cosa e come produrre.
Per questo la battaglia contro gli Ogm non si può scindere dalla questione sociale e per questo stiamo raccogliendo le firme per due leggi popolari. La legge per la Sovranità Alimentare parla del futuro, del progetto di un'agricoltura equa su cui rifondare le relazioni sociali, quella per il Referendum contro gli Ogm chiama i cittadini a sgomberare il campo del più grande macigno posto dalle multinazionali sulla strada della riforma del settore agroalimentare.
Con queste leggi, le stesse istituzioni hanno gli strumenti per affrontare la realtà. Stiamo discutendo di controllo dei prezzi e le organizzazioni dei consumatori chiamano allo sciopero: si applichino le misure della nostra legge contro il dumping e la trasparenza delle relazioni commerciali.
Con la legge che convoca il referendum sugli Ogm chiamiamo il movimento a passare dalla fase della difensiva in cui si finisce con l'accettare le soglie e la coesistenza a quella in cui facciamo valere una volta per tutte la volontà popolare. "No agli Ogm senza se e senza ma" e, soprattutto, senza soglie e senza coesistenze.
Il Referendum contro gli Ogm sarà il vero banco di prova, l'occasione per cui l'Ue (sorda fin'ora ai sondaggi di opinione ed alle consultazioni extraistituzionali) costretta dagli stessi dispositivi normativi che ha emanato dovrà prendere atto della volontà popolare.
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