Cina, il futuro energetico è rinnovabile
Ogni settimana in Cina viene costruita una nuova centrale a carbone. Questo dato, ripetuto come un ossessivo ritornello, è diventato il cavallo di battaglia di tutti i detrattori del Protocollo di Kyoto e spesso è usato come una clava contro i fautori di un sistema energetico più sostenibile. Un rapporto curato dal Worldwatch Institute, una delle più antiche e prestigiose organizzazioni ambientaliste americane, sembra ora ridimensionare fortemente la portata di questo luogo comune.
Quando il segretario Hu Jintao nel corso del XVII congresso del Partito comunista cinese ha annunciato la necessità per il Paese di imboccare la strada dello sviluppo sostenibile evidentemente non stava bluffando. Lo studio Powering China's Development: The Role of Renewable Energy pubblicato in questi giorni dal ricercatore Eric Martinet e da Li Junfeng, il vice presidente della società cinese per l'energia rinnovabile, illustra uno scenario molto diverso da quello che siamo soliti associare al colosso asiatico.
Nello sfruttamento delle fonti rinnovabili, si legge nel rapporto, la Cina è sulla buona strada per raggiungere e probabilmente superare il suo obiettivo di produrre entro il 2020 il 15% dell'energia da idroelettrico, sole, vento e biomasse, toccando quota 400 gigawatt, il triplo degli attuali 135 gigawatt prodotti. Un risultato che potrebbe quindi avvicinarsi molto all'ambizioso traguardo del 20% fissato per lo stesso anno dall'Unione Europea, riconosciuto leader mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici. La performance positiva di Pechino, stando ancora alla ricerca, potrebbe poi portare il paese a raggiungere quota 30% nel 2050.
"E' vero - spiega il direttore del Worldwatch Institute Cristopher Flavin - quando, nell'aprile del 2007, ho visitato Pechino sono rimasto scosso dallo smog nero che oscura la vista delle montagne a nord della città. Ma durante la mia settimana di incontri nella capitale sono rimasto ancora più colpito da un altro aspetto che inizia ora a essere svelato: la crescita esplosiva di industria del solare e dell'eolico".
Entrando nel dettaglio, la ricerca ricorda che al momento Pechino ricava da fonti rinnovabili l'8 per cento della sua energia e il 17 per cento della sua elettricità. Cifre destinate a diventare nel 2020 rispettivamente almeno il 15 e il 21 per cento. Se la parte del leone continuerà a farla l'idroelettrico, a trainare il balzo in avanti, secondo Martinet e Junfeng, saranno solare ed eolico. In Cina, ricordano i due ricercatori, la produzione di turbine a vento e di celle fotovoltaiche nel 2006 si è raddoppiata, lasciando presagire nel giro di un triennio il sorpasso di Europa e Giappone, che attualmente in questi due settori detengono la leadership mondiale. Aggiungendo così un nuovo primato a quelli già conquistati nel minidrico e nel solare termico.
Perché le promesse dell'attuale tendenza vengano mantenute, il rapporto del Worldwatch Institute sottolinea che è necessario che la Cina continui a migliorare la qualità tecnologica dei suoi prodotti, la formazione della sua manodopera specializzata e la politica di incentivi economici e normativi a favore delle rinnovabili. "Ma - conclude il rapporto - visto il forte impegno di Pechino nel voler diventare un paese leader nella produzione industriale legata alle fonti rinnovabili e viste le sue preoccupazioni per la sicurezza energetica, la certezza degli approvvigionamenti, l'inquinamento dell'aria e i cambiamenti climatici, il futuro dell'energia rinnovabile in Cina appare brillante".
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